Ieri, la Garante dell’Infanzia e Adolescenza della Regione Lazio dott.ssa Monica Sansoni, ha voluto esprimere il proprio pensiero in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne. “La Giornata del 25 novembre ricorda a tutti che gli abusi di ogni tipo costituiscono una violazione dei diritti umani, un impedimento del principio di uguaglianza e un ostacolo alla formazione di una coscienza personale e sociale fondata sul rispetto della persona umana. Dal 1999 l’Onu invita tutti gli Stati a organizzare attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della violenza contro le donne, soprattutto in ambito scolastico ed educativo. E la scuola italiana è costantemente impegnata nella promozione e nella realizzazione di attività volte al superamento dei pregiudizi, al contrasto di ogni forma di violenza e di discriminazione, con l’intento di educare le nuove generazioni al rispetto, ricercando la promozione della personalità umana di ciascuno. Studenti e studentesse di ogni grado di istruzione realizzano opere o attività (opere grafiche, video, foto, flash-mob, etc…) che fanno riferimento alla ricorrenza in oggetto” – si legge nella nota.
“Ogni giorno vengono riportate dai giornali nuove segnalazione di femminicidi. E le donne non sono le uniche vittime. Ci sono anche i bambini. Prima del gesto estremo c’è sicuramente una storia di violenza psicologica e fisica in quella famiglia. Gesti di follia in cui i bambini sono spesso coinvolti. E’ definita violenza assistita “il fare esperienza da parte del/lla bambino/a di qualsiasi forma di maltrattamento, compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale ed economica, su figure di riferimento o su altre figure affettivamente significative adulte e minori. Il bambino può fare esperienza di tali atti direttamente (quando avvengono nel suo campo percettivo), indirettamente (quando il minore ne è a conoscenza), e/o percependone gli effetti. Cosi come di particolare gravità è la condizione degli orfani denominati speciali, vittime di violenza assistita da omicidio, omicidi plurimi, omicidio-suicidio. Il/la bambino o l’adolescente può farne esperienza direttamente (quando la violenza/omicidio avviene nel suo campo percettivo, indirettamente (quando il/la minorenne è o viene a conoscenza della violenza/omicidio) e/o percependone gli effetti acuti e cronici, fisici e psicologici”.
Cosa si può fare?
Lo spiega Monica Sansoni: “Ascoltare le emozioni altrui. Utilizzare l’Ascolto empatico che implica la sospensione di giudizi morali. Spesso il bambino ha paura di parlare e l’adulto ha paura di ascoltare. L’adulto è imbarazzato ed in difficoltà ad affrontare un determinato argomento e crea barriere nella comunicazione e quindi nell’ascolto. Condividere con un adulto di riferimento. Interrompere la situazione di violenza intrafamiliare. Attivare un sostegno sociale. Mettere in atto di interventi che possano riequilibrare il senso di ingiustizia. Rielaborare l’esperienza traumatica mediante percorsi psicoterapeutici. Usufruire di percorsi di sostegno alla genitorialità e allo sviluppo di capacità protettive”.