Monica Sansoni è stata nominata nuovo Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza della Regione Lazio. Insediatasi il 6 settembre scorso, la Sansoni ha un’esperienza decennale nell’ambito della prevenzione e contrasto al bullismo/cyberbullismo nelle scuole, soprattutto in provincia di Latina, dove per 9 anni ha coordinato lo Sportello di ascolto istituzionale minori e famiglia. Esperta Politologa, specializzata in Relazioni Internazionali, Scienze Forensi, Criminologia Investigativa, Analisi della Scena del Crimine e Investigazioni Private, è una Criminalista Linguista Forense, ha anche un Master in Psicologia Giuridica, Criminologia, Criminalistica, Investigazione ed è docente Esperto in Criminologia presso l’Istituto per Ispettori della Polizia di Stato di Nettuno e Professoressa a contratto presso l’Università degli Studi Unicusano di Roma.
Quali sono i suoi futuri obiettivi in veste di Garante dell’Infanzia del Lazio?
“Questa nomina mi ha sorpreso e lusingato. È la prima volta che viene infatti eletta una donna Garante dell’Infanzia e Adolescenza nella Regione Lazio e la prima volta che viene data la nomina a un dipendente regionale, e non a un dirigente esterno. Moltissime sono le attività che porterò avanti in qualità di Garante: sicuramente saranno ampliati tutti i progetti già in essere ed in corso. Conto molto nella costante collaborazione degli Istituti Scolastici e delle Forze dell’Ordine che ci hanno sempre affiancato in questi anni. La prevenzione, la sensibilizzazione ed il contrasto ai fenomeni devianti (bullismo, cyberbullismo, violenza online, violenza di genere) saranno la nostra mission. Abbiamo dovuto rivedere il calendario delle attività scolastiche di tutte le province poiché sono tanti gli istituti che ci hanno chiesto nuovi incontri già da inizio anno scolastico. Ho dato perciò la mia disponibilità ad estendere a tutte le province del Lazio le attività del Garante”.
Qual è il vostro contributo come Ente nelle scuole?
“Da anni, ogni giorno, accogliamo le segnalazioni di episodi di bullismo e cyberbullismo, segnalate dai dirigenti scolastici e dalle famiglie dei ragazzi. Il nostro obiettivo, nell’organizzare incontri con gli studenti, è proprio prevenire e sensibilizzare i giovani al rispetto e alla legalità, facendo capire loro la sottile differenza tra uno scherzo banale e un reato penale. La devianza minorile in genere, che può esprimersi sia fisicamente che verbalmente, sia in classe che in chat, va contrastata educando i giovani al rispetto di sé e dei propri compagni”.
Come si sviluppa un incontro di sensibilizzazione a scuola?
“I progetti che abbiamo programmato andranno avanti sia in presenza che in Dad. L’incontro può svolgersi online oppure in piccoli gruppi in classe, nel rispetto delle norme Covid. Coinvolgiamo studenti delle scuole elementari, medie e superiori, sia in provincia di Roma che a Latina. Durante gli incontri, nei quali si affrontano i temi della legalità, del corretto uso del web, delle conseguenze penali legate al bullismo e cyberbullismo, gli studenti si mostrano molto interessati, fanno domande, ci raccontano episodi vissuti in prima persona, si informano sulla differenza tra reato e non reato”.
Quanto ha inciso la pandemia sul cyberbullismo?
“Anche durante i mesi di pandemia abbiamo continuato, come Ente, a sostenere quotidianamente incontri online con le classi, con i dirigenti scolastici e docenti. Sicuramente c’è stato un sensibile aumento di segnalazioni di bullismo e devianze minorili durante il lockdown e la DaD: giovani che facevano foto a docenti e compagni per poi denigrarli attraverso i social. L’isolamento in casa ha sicuramente inciso sul cyberbullismo che è diventata una vera e propria emergenza sociale. Per questo ci teniamo a fare incontri di gruppo con le classi, ma anche singoli, faccia a faccia tra vittima e bullo. Nell’affrontare questi casi ci aiuta una rete di psicologi che studiano e individuano gli atteggiamenti prevaricatori”.
Quanto incide la diffusione dei social tra i ragazzi?
“Se durante la pandemia abbiamo notato un aumento di casi di bullismo è anche dovuto all’abuso dei social e di internet da parte dei ragazzi. Durante la pandemia l’unico mezzo di comunicazione tra i giovani era proprio il telefonino o il pc. Il dato più preoccupante segnalato durante la pandemia è il tragico abbandono prematuro degli studi. Tra il 2020 e il 2021, nel Lazio infatti, molti ragazzi tra i 15-17 anni hanno abbandonato la scuola. La Dad, la distanza dai compagni e l’isolamento in casa hanno portato alcuni soggetti più fragili a perdere il filo del percorso scolastico. Addirittura c’è chi, a un passo dal diploma, ha deciso di non presentati alla maturità. Stiamo parlando di un abbandono generalizzato, non riguarda solamente famiglie in difficoltà economico-sociale, come si potrebbe pensare, ma anche di ragazzi benestanti, che però hanno subìto un forte shock emotivo”.
Qual è il confine tra gioco innocuo e reato penale?
“Spesso i ragazzi non si rendono conto che, pubblicando immagini private di minori senza il consenso dei genitori, stanno commettendo una serie di reati. Nostro compito è educare i giovani a usare in modo legale i social e internet, a non commettere reati online, a rispettare gli utenti. Fondamentale in questo la collaborazione con la Polizia di Stato, la Postale, la Questura, i Carabinieri e talvolta la Guardia di Finanza: gli agenti sono infatti spesso presenti agli incontri a scuola e fanno capire agli studenti che ogni azione online può avere una conseguenza, anche seria, nel mondo reale”.
Cosa implica il reato penale per un minore accusato di bullismo?
“Il giovane, dal 14esimo anno di età, è imputabile e condannabile. Ma prima dei 14 anni rispondono i genitori stessi. Laddove si configurino dei comportamenti classificabili nelle leggi del cyberstalking, atti persecutori reiterati, già parliamo di reati perseguibili dalle norme sulle violenze interpersonali. Cyberbullismo e bullismo non sono condotte che fanno riferimento a un solo reato, ma a più reati in base al comportamento messo in atto: se minaccio, offendo, ingiurio, perseguito, commetto un reato. Soprattutto la reiterazione del reato nel tempo fa sfociare nel penale; attraverso la Legge 71/2017 l’autore della condotta deviante può essere in primis ammonito dal Questore, la recidiva richiede immancabilmente l’intervento del Tribunale dei Minorenni. Per questo i giovani devono saper distinguere tra gioco e reato e imparare a rispettare i compagni senza mai minimizzare le loro responsabilità sui social e a scuola. Il nostro ruolo istituzionale è proprio quello di sostenere sia le vittime che il bullo nel percorso di crescita consapevole, matura, rispettosa del prossimo fin dai primi anni di scuola”.
Laura Alteri