I due, utilizzando telefoni e schede sim ‘di copertura’, contattavano la vittima prospettandogli gravi ritorsioni se non avesse consegnato loro una prima tranche di 40mila euro. Gli stessi inoltre, con tipiche modalità dal metodo mafioso, si proponevano di garantire ‘protezione’, cercando di fatto di assoggettare la vittima in modo sistematico alla richiesta del ‘pizzo’.
Nonostante la scaltrezza degli indagati, che per formulare le richieste estorsive avevano anche recapitato missive sull’uscio di casa della vittima, hanno individuato la giusta pista investigativa ed hanno effettuato intercettazioni e indagini.
Parallelamente all’attività investigativa sono stati garantiti servizi riservati a tutela delle vittime. Le minacce formulate dagli indagati prospettavano infatti gravi ritorsioni da compiersi sui titolari dell’azienda e danneggiamenti che, concomitanti alla crisi economica conseguenza della pandemia, ne avrebbero causato la chiusura.
Quando oramai i due indagati erano pronti ad un’azione intimidatoria e dimostrativa, che avrebbe danneggiato e terrorizzato definitivamente la vittima con l’incendio di alcuni furgoni, i solidi ed incontrovertibili elementi acquisiti dagli investigatori hanno consentito ai Pubblici Ministeri di chiedere ed ottenere i provvedimenti restrittivi in carcere emessi, nei confronti dei due indagati.