Sono state distribuite ai medici di base, nei giorni scorsi, le linee guida per l’avvio dei pazienti positivi al coronavirus alla terapia degli anticorpi monoclonali. L’ambulatorio provinciale di Latina si trova all’ospedale Santa Maria Goretti, è aperto da un paio di settimane e vi si accede, appunto, su segnalazione del medico di medicina generale, Uscar o del pronto soccorso. I casi elegibili, cioè i pazienti candidati a ricevere la terapia, sono indicati su stretti parametri e non ci si può recare autonomamente, ma deve essere il medico a compilare un foglio in cui vengono indicati i criteri in base ai quali viene proposta la somministrazione del farmaco. Nel momento in cui scriviamo, però, c’è un problema. Lo segnalano i medici di base: dalla Asl non sarebbero pervenute indicazioni sull’attivazione del percorso che, se dal pronto soccorso si può immaginare più semplice, non lo è altrettanto per chi da casa deve recarsi – positivo – in ospedale per il trattamento. Non ci sono informazioni sul sito e né una email né un numero di telefono sarebbero stati messi a disposizione dei medici. “Attivare il percorso già da casa sarebbe importante per noi medici di base – afferma il dottor Giuseppe Nardacci, che è anche consigliere dell’ordine provinciale – Potremmo dare informazioni più precise ai pazienti anche su come muoversi, visto che sono positivi”. I medici di medicina generale sono da sempre in prima linea nell’emergenza sanitaria: dai pazienti seguiti in telemedicina, alle visite domiciliari, passando per i tamponi e ora anche dai vaccini anticovid: “Da parte nostra c’è la grande collaborazione – sottolinea Nardacci – Anche per la campagna vaccinale stiamo dando il massimo: prenotiamo le dosi, andiamo a prenderle nelle farmacie territoriali e poi le andiamo anche a somministrare a casa. Quello che chiediamo è un raccordo più stretto con le istituzioni superiori”.
CHI PUO’ AVERE I MONOCLONALI? NON I RICOVERATI
Quali sono dunque i requisiti per la somministrazione degli anticorpi? Le indicazioni sono contenute nel “Protocollo di somministrazione e monitoraggio clinico farmaci a base di anticorpi monoclonali neutralizzanti in pazienti con infezione da SARS-CoV-2 e sintomatologia lieve-moderata non-ospedalizzati” elaborato dalla Regione Lazio. Le linee guida sono regionali, ma la normativa sull’utilizzo è nazionale: l’autorizzazione è arrivata dal Ministero della Salute lo scorso 6 febbraio. Per la somministrazione è stato istituito un apposito registro Aifa ed avviene per infusione endovenosa nel tempo di 60 minuti, seguiti da altri 60 di osservazione in ambulatorio. I requisiti variano per fascia di età. Se il paziente ha 65 anni o più, le condizioni devono essere: obesità, malattia renale cronica (soggetto cronicamente sottoposto a dialisi peritoneale o emodialisi), diabete non controllato o con complicanze croniche, immunodeficienze primitive o secondarie; se il paziente ha 55 anni o più, vanno valutate malattie cardio-cerebrovascolari (inclusa ipertensione con concomitante danno d’organo), broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e/o altre malattie respiratori croniche; negli adolescenti (12-17 anni) le condizioni sono obesità, anemia falciforme, malattie cardiache congenite o acquisite, malattia del neurosviluppo, dipendenza da dispositivo tecnologico come tracheotomia e gastrostomia, asma o altre malattie respiratorie che richiedono medicazioni giornaliere per il loro controllo. “I dati degli studi pubblicati – si legge nel protocollo – indicano l’assenza di beneficio nei pazienti ospedalizzati con fase avanzata di malattia, mentre l’utilizzo in contesti più precoci è stato associato a una riduzione della carica virale con evidenze preliminari di riduzione del numero di ospedalizzazioni, visite e accessi in pronto soccorso”. Ecco perché i monoclonali non vengono usati sui pazienti ospedalizzati e in ossigenoterapia, ma soltanto su coloro che si trovano nelle prime fasi dell’infezione, anche quando non hanno sintomi.
09/04/2021