LA SEDUTA IN PILLOLE
Erano presenti: Marco Cacciatore, presidente della Commissione; Vito Consoli, neo responsabile dell’Ufficio Rifiuti Lazio; Piero Petrassi, in rappresentanza di Massimiliano Valeriani, assessore ai Rifiuti del Lazio, impegnato in un incontro in Prefettura; Amadio Malizia e Francesca Gnani, presidente e vicepresidente dell’associazione Salute Ambiente Albano; Danilo Ballanti, membro del Partito Comunista dei Castelli Romani; Enrico Del Vescovo, presidente di Italia Nostra sezione Castelli Romani, e alcuni giornalisti.
GLI INTERVENTI DEI CITTADINI
La seduta della Commissione si è aperta con un intervento deciso e puntuale di Francesca Gnani, vicepresidente dell’associazione Salute e Ambiente, la quale ha sostenuto – senza mezzi termini – che il “tentativo di riavvio della discarica è totalmente illegittimo a livello burocratico, visto che si basa su una vecchia autorizzazione risalente ad agosto 2009, scaduta nel 2016, archiviata ad agosto 2019, poi riesumata ad ottobre 2019 dall’ingegner Tosini, poi prolungata per altri 5 anni ad ottobre 2020, poi ancora spacchettata in due sotto-volture, una di ottobre 2019 e un’altra di ottobre 2020. Una sequela impressionante di atti e contratti – ha affermato la Gnani – degni del peggior azzeccagarbugli della storia della Regione Lazio. Atti scritti e sottoscritti, in totale solitudine, dall’ingegner Flaminia Tosini che non ha mai coinvolto, al contrario di quanto imposto dalla legge, i comuni di Albano ed Ardea, la Asl Roma 6, l’Arpa Lazio, la Città Metropolitana né, tanto meno, i cittadini-residenti, le associazioni ed i comitati territoriali che da anni si battono a favore di una gestione salubre e legale del ciclo dei rifiuti”. Danilo Ballanti, dei Comunisti dei Castelli, ha spiegato di come “i dati epidemiologici della Asl Roma 6 dimostrino in modo inequivocabile che nel raggio di 5 km dalla discarica di Albano si muore e ci si ammala di più che nel resto della Regione Lazio”. Un concetto, quello di Ballanti, ribadito poco dopo anche da Amadio Malizia, presidente dell’associazione Salute e Ambiente Albano, il quale ha chiesto senza se e senza ma la revoca immediata ed urgente delle autorizzazioni. Sia Ballanti sia Malizia hanno poi puntato sull’inquinamento delle falde acquifere, certificato dalle analisi dell’Arpa Lazio e dagli innumerevoli allarmi lanciati anche dalla Città Metropolitana di Roma. Enrico Del Vescovo, Italia Nostra Castelli Romani, ha chiesto che i siti di interesse paesaggistico e naturalistico, qual è l’area in cui si trova la discarica di Albano che sorge su un’area agricola, non possano divenire oggetto di speculazioni promosse dai signori dei rifiuti, come accade fin troppo spesso, ad Albano ma anche nei comuni limitrofi, come Velletri, su cui pende la vicenda del biogas di Colle San Clemente.
L’INTERVENTO DI VITO CONSOLI
E’ stato molto apprezzato anche dai cittadini l’intervento, poco dopo, di Vito Consoli, da pochi giorni responsabile dell’Ufficio Rifiuti Lazio, che ha indicato due strade per uscire dal ginepraio di Albano. La prima tanto semplice quanto diretta: la società Colle Verde, che ha affittato tempo fa dal Gruppo Cerroni parte dell’ex immondezzaio, avrebbe avuto, a partire dal 18 febbraio scorso, soli 30 giorni di tempo (un periodo inderogabile) per rispondere alle osservazioni promosse a gennaio e febbraio scorsi da associazioni, comitati, cittadini-residenti e dai due comuni di Albano e Ardea, ma ancora non l’ha fatto. Il termine perentorio fissato dalla legge è scaduto. Quindi l’intero iter burocratico di riavvio della discarica, a norma di legge, può essere archiviato.
In alternativa – è questa la seconda possibilità ventilata dal dottor Consoli, relativa in particolare alla richiesta di revoca in autotutela dell’autorizzazione di riavvio della discarica richiesta dai cittadini – si è dimostrato ‘possibilista’ anche da questo punto di vista, chiedendo però che per valutare a pieno tale possibilità sarà necessario che l’associazione depositi in Regione una istanza con richiesta formale di revoca dell’autorizzazione con tanto di documenti allegati, cosa che l’associazione si è impegnata a fare a breve termine. L’audizione in Commissione ha offerto ai cittadini una tanto agognata occasione di confronto diretto e democratico come raramente negli ultimi anni era accaduto, specie nel campo dei rifiuti.
IL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE
“Atmosfera molto incoraggiante in Commissione e confronto da diverse posizioni – ci racconta Marco Cacciatore, presidente della Commissione Rifiuti Lazio – pacato ma non per questo meno deciso, tra le Strutture regionali e i Comitati. Ottimi segnali da parte della Regione, che fanno ben sperare per un quadrante già vessato per anni. Resto convinto che i principi di legge recepiti nel Piano Rifiuti siano da concretizzare. E un biogas da 120.000 T/a mi sembra andare nel senso contrario rispetto al Piano Rifiuti e alla Gerarchia dei trattamenti stabilità dal quadro normativo. Servono impianti diffusi, di piccole dimensioni, che minimizzino l’impatto e a gestione preferibilmente pubblica, superando la centralità di discariche e incenerimento fino a oggi imperante. Questa la mia lettura del Piano regionale, che mi sembra emergere abbastanza oggettivamente. È importante che le decisioni tecnico-amministrative si attengano agli indirizzi del consigli regionale per quanto di competenza. In tal senso i segnali ricevuti lasciano davvero ben sperare”.