Si è recato al centro vaccinale per farsi somministrare il vaccino anti-covid. Il vaccino Pfizer, per la precisione. La prima dose il 16 marzo, il richiamo martedì 6 aprile. «E sto bene – ci rassicura – Niente febbre, solo un po’ di debolezza per 2-3 giorni». Quando gli operatori sanitari del presidio vaccinale dell’ospedale Goretti lo hanno visto presentarsi all’appuntamento, munito di prenotazione per la sua dose di siero, devono aver fatto il pieno di quella speranza che nei momenti più difficili della pandemia – tra code infinite di ambulanze fuori al pronto soccorso e reparti sull’orlo del collasso – ha vacillato sotto i duri colpi del covid. Nello Ferrarese, latinense di Borgo Podgora, non è infatti solamente uno degli oltre 70mila vaccinati contro il virus in provincia di Latina. Non uno dei tanti: classe 1920, compirà ben 101 (centouno!) anni il prossimo 31 agosto. Ed è dunque l’esempio vivente (quasi un testimonial da campagna informativa) di come, grazie alle misure di prevenzione e soprattutto alla vaccinazione, ci si può lasciare alle spalle la pandemia, mettendo al riparo i più fragili. Nato a Adria, piccolo comune in provincia di Rovigo, nel Basso Veneto, Nonno Nello ha attraversato un secolo tondo tondo di storia italiana. E ne ha viste tante. Il fascismo, la Seconda guerra mondiale (durante la quale prestò servizio nella scuola di addestramento della regia aeronautica a Ciampino), ma soprattutto la nascita della sua amata Latina, ai tempi Littoria, dove nel 1934, a 14 anni, si trasferì con genitori, nonni, zii e cugini. Una delle tante famiglie del nord-est che, in cerca di fortuna, si accodarono all’esodo verso una nuova terra promessa, l’agro pontino. Il destino lo ha portato a Sessano, oggi Borgo Podgora, in quel podere 2169 che l’Opera nazionale combattenti affidò a papà Guido, poi riscattato anni dopo. Da lì Nello Ferrarese non se n’è mai andato. E della storia pontina è un affidabile testimone. Quello che sta vivendo con il Covid lo riporta indietro col tempo. Per certi versi un déjà-vu: «Mi ricorda la ‘perniciosa’», dice spesso. Per «perniciosa» intende la malaria perniciosa, la forma più aggressiva dell’infezione che, a cavallo e nella prima metà del secolo scorso, mise in ginocchio sia il basso Veneto, dove Nonno Nello trascorse l’infanzia, che – soprattutto – l’agro pontino, terra strappata alla palude in cui la famiglia Ferrarese stava cercando di rifarsi una vita. Del resto, un verso di un canto popolare diffuso ai tempi tra i coloni veneti recitava, con una nota di quell’amara ironia tipica delle genti del triveneto, ‘Son vegnùo in Piscinara per trovarme la morosa, ma g’ho ciapà la perniciosa’. Anche se Nello, in Piscinara – così era chiamato quel primo insediamento urbano da cui sarebbe poi nata Latina –, la ‘morosa’ l’ha trovata eccome. È successo un sabato pomeriggio, nella sala da ballo del borgo. Non sapeva però che Milena, il nome di quella bella ragazza conosciuta in balera, anche lei rovigina trapiantata nel pontino, sarebbe stata l’amore della sua vita. Due figli, tre nipoti e anche un pronipote: 71 anni di matrimonio interrotti solo a gennaio dell’anno scorso, quando Milena si è spenta, alla veneranda età di 93 anni. Una vita semplice ed umile, quella condotta dal signor Nello. Divisa tra il campo e l’aratro – diventati il suo mestiere: il contadino –, la balera, le bocce. E gli amici del borgo, con cui, in molti casi, condivideva dialetto e ricordi della terra natia. È questo il suo elisir di lunga vita. «Mio nonno – ci racconta Letizia, sua nipote – è stato in buona forma fino allo scorso settembre, quando purtroppo è caduto e si è rotto il femore. Da allora sta affrontando molte sedute di riabilitazione. È così costretto dentro casa e la pandemia, in questo senso, sicuramente non lo aiuta. Anche se nel quotidiano cerchiamo di stargli vicino e prenderci cura di lui, adottando ovviamente tutte le precauzioni del caso, da mascherina a guanti. Lui voleva essere vaccinato prima, ma ad ogni modo ora è più sereno». E noi gli auguriamo altri cento – pardon, 101 – di questi anni.
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