«La pandemia ha spostato l’attenzione sui problemi sanitari e sulle ricadute drammatiche a livello economico. In pochi però si sono soffermati ad analizzare la situazione dei nostri ragazzi che con la chiusura delle scuole sono stati costretti a cambiare le loro abitudini in un momento molto delicato della loro crescita!. A sostenerlo è Matteo Adinolfi, eurodeputato pontino della Lega e tra i firmatari di una interrogazione che vuole far luce sugli effetti dannosi della cyberdipendenza.
«Milioni di studenti in tutta Europa, infatti, sono stati colpiti dal Covid-19 e con la didattica da casa, la cosiddetta DAD, è anche notevolmente aumentato il tempo che passano davanti a computer, telefoni e tablet. Questa situazione ha fatto lievitare di esponenzialmente i casi di cyber-dipendenza giovanile, patologia con ripercussioni gravi sulla salute mentale, il ritmo cardiaco, le interazioni familiari, le attività sociali e la difficoltà sempre maggiore a distinguere tra vita reale e virtuale. Parlo da eurodeputato, ma soprattutto da professore. In tanti anni di insegnamento ho potuto constatare, infatti, quanto siano delicati gli equilibri dei giovani che subiscono psicologicamente molto più degli adulti gli eventi che capitano attorno a loro. Prova ne è che solo in Italia, si stimano 300mila casi di questa patologia, con il 79% dei ragazzi (da 11 a 18 anni) che trascorre più di 4 ore al giorno sui social, il che indica la necessità di intervenire tempestivamente».
Per questi motivi la Lega ha presentato un’interrogazione in commissione a Bruxelles a fronte anche del programma EU4Health, chiedendo «maggiori dettagli su come si intenda tutelare la salute mentale dei giovani e al tempo stesso assistere coloro che sono già affetti da cyber-dipendenza».
«Nell’interrogazione chiediamo anche che l’Europa si adoperi per garantire un’istruzione di qualità ai nostri ragazzi, considerato il passaggio dagli effetti negativi della dipendenza agli indubbi vantaggi dell’innovazione digitale – aggiunge l’onorevole Adinolfi –. C’è poi anche un altro aspetto che va considerato e che abbiamo posto all’Ue: è stato infatti da poco approvata la Direttiva sul diritto alla disconnessione per i lavoratori. La domanda che poniamo è se tale diritto, nel contesto del Digital Education Action Plan, possa valere anche per i ragazzi».
Infine: «Troppo spesso si ragiona per categorie senza intuire che determinate esigenze hanno invece un carattere universale. Bene quindi lo sviluppo della tecnologia, ma questo non deve diventare un’arma a doppio taglio che, come abbiamo visto, può risultare deleteria per i nostri figli. Non possiamo non considerare che il futuro del nostro Paese e dell’Europa sono proprio loro. Occorre quindi maggior attenzione alla loro crescita, alla loro formazione, alla loro serenità. La pandemia non può e non deve essere un alibi per lasciare indietro chi ha subito maggiormente il corso di questi eventi».