I cittadini, i comitati e le associazioni territoriali di Albano, ma anche dei comuni confinanti di Ardea e Pomezia, hanno tempo fino al prossimo 24 gennaio (incluso) per presentare alla Regione Lazio una relazione tecnica con cui esprimere la propria contrarietà al riavvio della discarica intercomunale di Albano-Roncigliano. Lo scorso 23 novembre la società Colle Verde srl ha presentato un progetto per la riattivazione dell’immondezzaio preesistente, classe 1979, chiuso dal 30 giugno 2016, giorno in cui si è verificato un misterioso incendio dai contorni mai chiariti che ha devastato il maxi-capannone verde. Il sito è rimasto completamente inattivo per oltre 3 anni, poi improvvisamente riattivato (almeno sulla carta, quindi solo a livello burocratico) dalla Regione Lazio con una strana autorizzazione che porta la data del 30 ottobre 2019, contro cui pendono due ricorsi al Tar del Lazio, uno presentato dai cittadini della zona e l’altro dal comune di Albano. Il ‘nuovo’ progetto della società Colle Verde non è stato mai pubblicato sul sito della Regione Lazio, al contrario di quanto imposto dalla legge e a differenza di numerosi altri progetti similari che riguardano la provincia di Roma ( http://www.regione.lazio.it/rl_rifiuti/?vw=progetti ) presentati nel corso dell’anno 2020, ma il nostro giornale è riuscito comunque ad averne una copia integrale.
ALBANO, L’ IMMONDEZZAIO DI ROMA?
Al posto del vecchio capannone verde in cui arrivavano i rifiuti indifferenziati, la società Colle Verde (che nel 2019 ha affittato dal Gruppo Cerroni parte della discarica) vorrebbe realizzare due impianti industriali. Il primo è un gigantesco biogas, il più grande d’Europa, per trattare 120mila tonnellate all’anno di rifiuti umidi anche detti organici, ossia: scarti alimentari, sfalci erbacei, verde pubblico, etc. Rifiuti che la società Colle Verde ha intenzione evidentemente di “raccattare” fuori dai Castelli Romani, probabilmente dal comune di Roma, visto che i 10 comuni ex storici clienti-utenti della discarica di Albano-Roncigliano (ossia: Albano, Ariccia, Genzano, Lanuvio, Nemi, Castel Gandolfo, Rocca di Papa, Marino, Ardea e Pomezia) producono ogni anno, complessivamente, non più di 30mila tonnellate di rifiuti umidi all’anno. Le restanti 90mila tonnellate da chi e da dove arriveranno? Nessuno può saperlo, per il momento, visto che il progetto non lo specifica. Oltre ai quantitativi eccessivi, a breve si potrebbero creare problemi anche in merito alla tipologia di rifiuti trattati. Difatti, nessuno può escludere che presto o tardi – dopo aver ottenuto tutte le autorizzazioni del caso – la società Colle Verde chieda alla Regione una variante al progetto (detta tecnicamente “non sostanziale”) con cui prevedere anche l’arrivo nel biogas di altre tipologie di rifiuti classificati dalla legge come speciali, ossia: fanghi di depurazione delle fogne, percolati solido/liquidi di deiezioni animali e scorie di inceneritori, come succede spesso per gli impianti a biogas. Rifiuti più pericolosi per la salute umana e più inquinanti a livello ambientale, ma anche molto più remunerativi per il privato dal punto di vista economico.
IN ARRIVO ANCHE 63MILA TONNELLATE DI RIFIUTI INDIFFERENZIATI
Ma non è tutto. La società Colle Verde prevede anche di far costruire dentro Roncigliano un secondo centro di trattamento per ricevere ulteriori 63mila tonnellate all’anno di rifiuti indifferenziati, per un totale di di 183mila tonnellate all’anno di spazzatura.
BARUCHELLO, TECNICO DI FIDUCIA DEL GRUPPO CERRONI
Il progetto di riattivazione di Roncigliano è stato redatto dall’ingegner Gian Maio Baruchello, storico collaboratore del Gruppo Cerroni, che in passato si è già occupato sia del ‘bio’ gas da 60mila tonnellate all’anno di Pomezia-Tor Maggiore, sia del ‘bio’gas che sarebbe dovuto sorgere a Velletri-località Lazzaria da 30mila tonnellate all’anno, entrambi bloccati grazie al fermo intervento dei cittadini, delle associazioni e dei comitati territoriali. Nessuno di questi ultimi biogas, certo, raggiungeva grandezze pari a quello attuale, ossia 120mila tonnellate all’anno, nemmeno i due che l’Ama hga intenzione di realizzare per il comune di Roma.
IL COMUNE DI ALBANO DICE “NO”
Il Comune di Albano, lo scorso 3 dicembre, ha già inviato in Regione Lazio una lunga e dettagliata nota tecnica con cui si oppone fermamente all’impianto stesso. Ma i termini per opporsi al progetto di riattivazione della discarica – come accennato in precedenza – non sono ancora scaduti. Dal giorno in cui si apre il procedimento amministrativo in Regione Lazio, c’è tempo 60 giorni per presentare osservazioni tecniche con cui opporsi al progetto. Solo dal 61esimo giorno, la Regione Lazio potrà convocare una Conferenza dei servizi, ovvero un faccia a faccia cui prenderanno parte tutti gli Enti pubblici territoriali deputati alla difesa della salute umana e dell’ambiente. Tra di loro, saranno presenti i comuni di Albano, Ardea e Pomezia, l’Area Metropolitana ex Provincia di Roma, l’Arpa Lazio, Agenzia Regionale di Protezione Ambientale, la Asl Roma 6, Autorità Sanitaria Locale, il DES, Dipartimento di Epidemiologia Sanitaria del Sistema Sanitario Nazionale e, per l’appunto, i cittadini, associazioni e comitati territoriali che avranno presentato nei termini di legge (quindi fino al 24 gennaio incluso) le proprie osservazioni tecniche.