“I recenti monitoraggi confermano una situazione allarmante che necessita di interventi urgenti per la salute e la conservazione dell’intero ecosistema”, prosegue la nota stampa, che spiega: “Come è noto, tra le principali cause dello stato di sofferenza in cui versa oggi la Foresta Demaniale figura l’impatto della popolazione di daino – specie introdotta recentemente, agli inizi degli anni ’50 dello secolo scorso – che, allo stato attuale, ha raggiunto una densità di popolazione molto elevata tale da determinare importanti danni al soprassuolo boschivo e alla rinnovazione forestale. Secondo l’ultima stima complessiva realizzata quest’anno la consistenza dei daini all’interno della Foresta demaniale è pari a 1.767 con un aumento del 39% della popolazione rispetto a 5 anni fa. L’elevato pascolo e l’alta pressione di brucatura determinano una riduzione nella ricchezza delle comunità biologiche ed una perdita della qualità dell’habitat che può portare anche a diffuse estinzioni a scala locale di specie vegetali di pregio”.
“Gli effetti negativi si ripercuotono, ovviamente, su tutto l’ecosistema, mettendo a rischio varie specie native tra cui la testuggine comune o testuggine di Hermann, l’istrice, il moscardino e, in particolare, la lepre italica, una delle specie di mammiferi di elevato interesse conservazionistico poiché specie endemica dell’Italia centro -meridionale e della Sicilia presente all’interno della Foresta demaniale con una piccola popolazione, che dagli ultimi monitoraggi sembra manifestare un preoccupante declino. Tutto ciò rende quindi necessario e urgente l’intervento dell’Ente Parco la cui priorità è proprio la tutela della biodiversità, ed è in quest’ottica che proseguono le attività legate al Piano gestionale di controllo del daino nella Foresta Demaniale il cui obiettivo è, appunto, la riduzione della densità di popolazione e che prevede diversi scenari di attuazione”.
“L’Ente Parco – precisa il comunicato – darà priorità alle soluzioni non cruente, quali la traslocazione dei capi sterilizzati in recinti a scopo ornamentale (cosiddette “adozioni”) o la traslocazione dei capi all’interno di recinti in aziende agri-turistico-venatorie. Se ciò non dovesse essere sufficiente a raggiungere gli obiettivi condivisi anche con il Ministero dell’Ambiente, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale e la Regione Lazio, l’Ente Parco metterà in atto anche altre soluzioni – che seppure sembrino più drastiche – sono, peraltro, già messe in campo in altre Aree Protette per la gestione degli squilibri ecologici causati da elevate densità di alcune specie. Prossimamente saranno pubblicati i bandi per l’attuazione delle diverse attività”.