Vanno avanti a macinare utili che è una bellezza Acea Ato 2 e Acqualatina, che gestiscono il servizio idrico integrato nel nostro territorio. Molte cose non quadrano, ma la strategia per ottenerli sembra proprio la stessa. Esaminando i bilanci degli ultimi 5 anni di entrambe le società risulta che Acea Ato 2 registra mediamente un utile di 85 milioni di euro, al netto delle imposte, mentre la media di Acqualatina è di circa 11 milioni l’anno. Leggendo però attentamente le relazioni a quei bilanci, emergono una serie di stranezze e contraddizioni che dimostrano che quegli utili vengono realizzati senza significativi miglioramenti del servizio e in danno dei cittadini.
ACQUA COME MERCE E PROFITTI CONTRO LA VOLONTÀ POPOLARE
La principale contraddizione che emerge dai bilanci delle due società sta nel fatto che questi utili non vengono reinvestiti nel servizio, ma sono sistematicamente ripartiti tra i soci. Solo l’emergenza del Covid 19, durante la quale sono stati approvati i bilanci 2019, ha fermato questa discutibile abitudine.
Non stiamo parlando del fatto che le Società per Azioni non debbano fare degli utili (le SpA servono proprio a questo), ma del fatto che questi poi diventano profitti netti per gli azionisti. In particolare per quelli privati.
E questo non lo diciamo noi ma lo ha stabilito prima la Corte Costituzionale, poi il popolo italiano e infine anche la Regione Lazio.
Il punto numero 5.2 della motivazione della sentenza n. 26/2011, con la quale i giudici costituzionali avevano dichiarato ammissibile il referendum n. 2 (quello sulla speculazione con la nostra acqua) poi tenutosi il 12 e 13 giugno 2011, diceva espressamente che con l’abrogazione si perseguiva, chiaramente, “la finalità di rendere estraneo alle logiche del profitto il governo e la gestione dell’acqua”.
LA REGIONE LAZIO AFFOSSA LA SUA STESSA LEGGE
La Corte aveva anche chiarito che l’abrogazione non avrebbe comportato alcun vuoto normativo: bastava applicare la nuova norma. Il referendum ha avuto una schiacciante vittoria del “Sì”, ma poi tutti i governi che si sono succeduti non hanno fatto altro che ripristinare le norme abrogate.
Pure la Regione Lazio aveva cercato di balbettare una qualche applicazione dell’esito referendario. La legge regionale numero 5 del 2014, nel mese di aprile di quell’anno, fu votata all’unanimità. In giro per internet si trovano ancora le altisonanti dichiarazioni dei singoli consiglieri regionali. All’inizio dell’articolo 1 (Finalità) ancora oggi sta scritto che quella norma è stata voluta in “ossequio alla volontà popolare espressa nel referendum del 2011”. Stiamo ancora aspettando.
TANTI DEBITI, MA CI GUADAGNANO…
La seconda stranezza consiste nel fatto che questi utili, generati quasi esclusivamente da aumenti tariffari, vengono ripartiti malgrado che siano ancora altissime le rispettive passività di bilancio. Acea Ato 2 addirittura dichiara che i suoi debiti sono aumentati negli ultimi anni e ammontano ormai a oltre 1,6 miliardi di euro. Si tratta in buona parte di passività su finanziamenti ottenuti a “tasso di mercato” dalla sua controllante, ACEA SpA: la stessa alla quale poi riversa i suoi utili.
Acqualatina invece viaggia con un indebitamento medio intorno ai 200 milioni di euro, di cui un terzo è verso le banche, ma almeno adesso ammette (finalmente) di avere sul “groppone” anche un prodotto finanziario derivato passivo di oltre 10 milioni di euro e che anche l’anno scorso gli è costato quasi 2 milioni.
I debiti di Acqualatina sonopari a196 milioni di euro.
FINANZIAMENTI PUBBLICI IN DANNO DEGLI UTENTI
Sia Acea ATO 2 che Acqualatina hanno ottenuto in questi anni finanziamenti pubblici per realizzare gli investimenti programmati all’inizio della loro gestione (che risale per entrambe ormai a 18 anni fa). E cioè per sistemare reti e abbattere le dispersioni, adeguare i depuratori e realizzarne nuovi (funzionanti davvero, non come quello di Ardea, che serve i Castelli Romani: costato 25 milioni di euro regionali, l’Arpa lo ha beccato con scarichi irregolari poco dopo l’avvio).
Questo fatto avrebbe dovuto generare due risultati: da un lato un’automatica riduzione della tariffa, mentre dall’altro accelerare e rendere meno oneroso il raggiungimento degli obiettivi complessivi previsti dai rispettivi Piani d’Ambito, ossia i programmi degli interventi, progetti e lavori. Né l’una, né l’altra cosa sono avvenute ed anzi, siamo all’ennesimo paradosso che si stanno ripartendo degli utili conseguiti anche con denaro pubblico.
PREDICANO IL RISPARMIO IDRICO. AD ACEA CONTROLLO SU LAZIO
Entrambe le società poi riportano in bilancio spese per campagne comunicative e informative per il risparmio della risorsa acqua, ma non ci sono approfondimenti particolari sui dati delle dispersioni idriche. Mettiamoci poi anche il fatto che non passa una settimana ormai senza che venga emessa dalle società una comunicazione di interruzione del servizio in qualche Comune. Non più tardi di quattro anni fa ACEA aveva raggiunto – illegittimamente – un accordo con Veolia, per subentrare come socio privato di Acqualatina. Se l’accordo fosse andato in porto la stessa società sarebbe diventato il gestore di fatto nelle Province di Roma, Latina e Frosinone dove risiede il 90% della popolazione del Lazio.
E l’anno prossimo si vota al Comune di Roma: il principale azionista di ACEA e destinatario dei profitti sull’acqua. A Genova, lo scorso febbraio, i cittadini hanno restituito a Beppe Grillo simbolicamente la stella dell’acqua pubblica.
SOCIETÀ DI CONTROLLORI E CONTROLLATI
Acea Ato 2 è il gestore del servizio idrico integrato nell’Ambito Territoriale Ottimale (ATO) n. 2 del Lazio, che grosso modo corrisponde all’intera Area Metropolitana di Roma (ex Provincia). Acqualatina è il gestore dell’ATO n. 4 che comprende quasi tutti i Comuni della Provincia di Latina (tranne Campodimele), Anzio e Nettuno e 4 Comuni della valle dell’Amaseno, in provincia di Frosinone. Il capitale del colosso romano comandato dai francesi è detenuto per circa il 96% da ACEA SpA, dal Comune di Roma per circa il 3,5% e con una quota molto piccola da tutti gli altri Comuni che hanno dato in gestione il servizio alla medesima società (non tutti lo hanno fatto e altri lo hanno fatto solo parzialmente). A sua volta ACEA SpA, cioè il principale proprietario del gestore idrico capitolino, è controllata dal Comune di Roma per il 51%, dalla multinazionale francese Suez SA per oltre il 23% e dal gruppo Caltagirone per circa il 5%. Il resto del capitale è quotato alla Borsa Valori: Caltagirone possiede anche quote di capitale di Suez SA. Il capitale di Acqualatina invece è in mano per il 51% ai Comuni interessati dal servizio (non tutti anche in questo caso), mentre il 49% è detenuto da Veolia, altra multinazionale francese di acqua e rifiuti.
E ora bevetevi il Tevere!
Moltissimi cittadini ancora non lo sanno. Acea Ato2 Spa, che voleva prendersi anche Acqualatina, ha pronta la “soluzione” per la siccità: dare da bere ai cittadini di Roma e provincia l’acqua del fiume Tevere. Come documentato prima di tutti dal solo giornale Il Caffè, su impulso del Comune di Roma Capitale e della sindaca Raggi, conl’ok della solita Regione Lazio, Acea ha realizzato un cosiddetto “potabilizzatore” a carboni attivi da 500 litri al secondo per sopperire alle carenze idriche. Inaugurato quasi in segreto tale impianto, ne ha in progetto un altro 5 volte più grande, ma continua a disperdere oltre il 40% di acqua dalle reti. Acqualatina ne perde circa il 72%. Ne risulta che l’acqua immessa nei tubi basterebbe comunque a soddisfare il fabbisogno, nonostante le minori piogge.