STRAORDINARIA SEQUENZA DI INCENDI TRA ROMA E LATINA
Di sicuro, nei casi fin quì esaminati – Albano, Pomezia, Roma e Aprilia – i sistemi antincendio dei capannoni andati in fiamme non hanno funzionato. Eppure, la legge impone sistemi particolarmente sofisticati ed efficienti in grado di spegnere sul nascere le fiamme. Sistemi antincendio che devono essere modulati e dimensionati sia alla quantità che alla tipologia di rifiuti trattati e che devono essere controllati e certificati ogni anno dalle autorità pubbliche. Prima di entrare in funzione, il sistema antincendio di un centro a rifiuti deve essere approvato dalla Regione Lazio, nel corso di un apposito tavolo inter-istituzionale; una volta che l’impianto antincendio è stato installato all’interno del capannone, deve essere sottoposto ad un controllo dei Vigili del Fuoco che serve ad attribuirgli il Certificato di Prevenzione Antincendi, rilasciato dal Comando Provinciale dei V.V.F. per proteggere i lavoratori che lavorano al suo interno ed i cittadini che vivono nei paraggi. Certificato che deve essere rinnovato ogni anno proprio per evitare eventi drammatici come quelli accaduti ad Albano, Pomezia, Roma ed Aprilia. Le società che gestiscono gli impianti a rifiuti, devono inoltre formare e nominare addetti all’emergenza, avere appositi mezzi di spegnimento delle fiamme, etc. E garantire che tutti gli impianti tecnologici del servizio antincendio siano mantenuti in perfetta efficienza oltre a prevedere programmi di sostituzione ed ammodernamento, h-24. La domanda sorge spontanea, soprattutto alla luce dell’escalation di incendi che ha falcidiato gli impianti a rifiuti del Lazio-sud: ma perché nessun Ente pubblico ha svolto o sta svolgendo controlli a tappeto su tutte le società pubbliche e private e i siti in cui si gestisce spazzatura per verificare che le norme antincendio vengano rispettate alla lettera?
ISTITUZIONI SOTTO SCACCO, MA DIFENDERSI SI PUÒ (E SI DEVE)
Inoltre, sarebbe possibile mettere in campo forme di controllo più incisive sui siti di gestione della spazzatura urbana, con l’installazione di presidi fissi delle forze dell’ordine e/o dell’esercito. Resta solo da capire se gli amministratori e politici, regionali e comunali – e forse, arrivati a questo punto, anche nazionali – avranno intenzione di avviare controlli più stringenti sui tanti impianti di gestione dei rifiuti di Roma, Latina e dintorni.
LA RICHIESTA DI BRUNO ASTORRE
Del resto, è quanto ha chiesto nei giorni scorsi Bruno Astorre, senatore e plenipotenziario segretario regionale del PD del Lazio che sul tragico rogo di Aprilia ha chiamato in causa con una interrogazione parlamentare a risposta scritta niente meno che Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente e generale dei Carabinieri di origine campana che ben conosce il settore rifiuti, e Luciana Lamorgese, Ministro dell’Interno. Qualcuno gli risponderà? Presto lo sapremo. Tra l’altro, come rivelato da il Caffè di recente (http://archivio.ilcaffe.tv/leggi/?n=roma533#8), durante il lockdown il ministro Sergio Costa ha concesso ai gestori dei centri dei rifiuti la possibilità di raddoppiare la quantità di rifiuti abbancata, ma senza adeguamento dei sistemi antincendio. La circolare ministeriale di Costa è stata subito recepita dalla Regione Lazio.
L’ARPA LAZIO PARLA SOLO DI ARIA
Nel frattempo, l’Arpa Lazio – Agenzia Regionale di Protezione Ambientale – ha annunciato che i livelli di inquinamento dell’aria si starebbero abbassando.
E quelli della terra su cui sono ricadute gran parte delle sostanze tossiche?
Frutta e verdura, chi controlla che venga distrutta per davvero tuta quella coltivata nell’area circostante la Loas Italia srl e non immessa sul mercato magari ‘sottobanco’? Qualcuno sta controllando o tutto verrà lasciato alla coscienza dei singoli rivenditori/produttori?
E per il bestiame – ce n’è molto nell’area di Aprilia e comuni limitrofi – c’è pericolo? Nessuno lo spiega ai cittadini.