“La S.V. dovrà lasciare il modulo abitativo chi attualmente occupa da cose e persone entro e non oltre il 10 settembre 2020”. Questo il contenuto del documento che, secondo l’associazione 21 Luglio, è stato notificato dal Campidoglio lo scorso 3 luglio a 28 famiglie dell’area F del campo nomadi di Castel Romano, l’insediamento formalmente noto come “Villaggio della Solidarietà” lungo la via Pontina, assurto alle prime pagine della cronaca per i continui roghi tossici e per le condizioni di degrado in cui vivono gli abitanti. La nota, sempre secondo la 21 Luglio, porterebbe la firma di Marco Cardilli, vice capo di gabinetto della sindaca, Virginia Raggi, che ha delega anche in materia di Sicurezza urbana ed è direttore ad interim dell’ufficio speciale Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Roma.
Il Campidoglio avrebbe offerto alle famiglie raggiunte dalla notifica l’opportunità di accedere ai benefici del cosiddetto Piano Rom, dietro la sottoscrizione del “Patto di responsabilità solidale” per il quale, scrive l’associazione 21 Luglio, “come riportato nella missiva, occorre esibire «tutta la documentazione necessaria (permessi di soggiorno, passaporti, carta d’identità, tessera sanitaria, dichiarazione Isee, certificati iscrizioni scolastiche, stati di famiglie, certificazioni sanitarie)». Documentazione che, secondo il monitoraggio condotto da Associazione 21 luglio, non risulta essere in possesso delle famiglie in questione. E di questa impossibilità oggettiva il Comune di Roma non può non esserne a conoscenza”.
«Per il “villaggio” di Castel Romano il Comune di Roma si è già impegnato per un percorso di due anni volto alla fuoriuscita graduale delle famiglie verso soluzioni abitative adeguate», commenta Carlo Stasolla, presidente della 21 Luglio. «Per fare ciò si sono destinati 3,3 milioni di euro di denaro pubblico Questa accelerazione verso lo sgombero potrebbe apparire incomprensibile e, da parte nostra, come associazione per la tutela dei diritti umani, faremo il possibile per sostenere le famiglie vittime di questa azione istituzionale carica di violenza. Evidentemente – sostiene Stasolla – si sta iniziando la campagna elettorale e, come accaduto nel passato, l’accanimento verso che meno conta, a partire da donne e bambini in condizione di emarginazione sociale e povertà estrema, diventa ancora una volta la formula adottata per strappare facile consenso. Il nostro auspicio è che la battaglia per i diritti delle 28 famiglie non ci veda in condizione di solitudine e per questo ci attendiamo una chiara e ferma presa di posizione in primis da parte delle organizzazioni coinvolte nel percorso del superamento del “villaggio”».