Le strutture socio riabilitative psichiatriche del Lazio sono in crisi. Le cosiddette Srsr sono senza fondi e gli appelli a intervenire in fretta lanciati alla Regione Lazio, a farlo prima che per 795 pazienti sia troppo tardi, sono sinora caduti nel vuoto. Una situazione drammatica che coinvolge, tra le altre, sei attività di Latina, del litorale romano e dei Castelli. Con la sentenza emessa il 19 dicembre dello scorso anno dal Consiglio di Stato, è stata posta la parola fine alla compartecipazione socio-sanitaria che, dal 2017, obbligava i pazienti e le amministrazioni comunali a corrispondere il 60% della retta prevista per il soggiorno presso le strutture socio riabilitative psichiatriche H24 e H12. Un provvedimento che ha reso necessario l’adeguamento dei budget sanitari 2019-2021 delle Srsr da parte della Regione, ma nulla è stato fatto. Dopo sei mesi il sistema sta andando in tilt. Tali strutture si trovano infatti ad operare con appena il 40% dei fondi necessari. E il proseguimento del percorso di cura dei pazienti ricoverati è a rischio. Una vicenda che in provincia di Latina coinvolge i centri gestiti dalle società Villa delle Querce, nel capoluogo pontino, e Agorà Salus a Cisterna, mentre a Marina di Ardea quello gestito dall’Associazione Mapsi e a Lariano, nei Castelli Romani, quelli gestiti dalle società Eunos sas, Ma.Fe. e Col.Nav. Forniscono gli stessi servizi, ma manca il 60% delle entrate previste. E sta andando così anche con l’emergenza coronavirus, che soprattutto in tali strutture rende tutto più difficile e dispendioso. “Il lavoro per noi si è quadruplicato – evidenzia l’avvocato Marco Mampieri, portavoce del coordinamento delle Srsr del Lazio – poiché i pazienti in questa fase di isolamento sono sottoposti a misure restrittive importanti”. Dopo l’ennesimo appello alla Regione i rappresentanti delle strutture socio riabilitative psichiatriche, insieme alle associazioni dei familiari dei pazienti e ai sindacati, si preparano così a scendere in piazza a protestare. “La vita dei 795 pazienti, dei loro familiari e di tutti i lavoratori del settore – sottolineano – viene messa a repentaglio a causa del corto circuito prodotto da una farraginosa legislazione regionale e della colpevole inerzia della sua amministrazione”.
27/06/2020