Dal 29 maggio l’acqua del Tevere piena zeppa di pesticidi e insetticidi, ma anche idrocarburi, metalli pesanti e microplastiche, dopo essere passata attraverso il ‘discusso potabilizzatore’ potrà essere distribuita da Acea nei rubinetti di Roma e dei 111 comuni della provincia, ossia nel bacino idrico denominato Ato 2, il più grande d’Italia, che comprende la Città Metropolitana di Roma, Capitale inclusa, un’area in cui vivono 4 milioni di cittadini, ivi compresi tutti i comuni dei Castelli Romani, più Ardea e Pomezia. È quanto stabilito dalla Giunta Regionale guidata dal Governatore Nicola Zingaretti con determinazione n.276 del 19 maggio scorso, pubblicata sul Bollettino regionale il 28 maggio e in vigore dal giorno successivo. “Le acque del fiume Tevere – Roma – Grottarossa – si legge tra le carte – sulla base delle risultanze analitiche ottenute dai monitoraggi effettuati da Arpa Lazio (…) possono essere utilizzate per la produzione di acqua potabile (…) a condizione che le acque siano sottoposte ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle acque destinate al consumo umano”.
LA MORIA DI PESCI
Ironia della sorte appena il giorno successivo, il 30 maggio, nel Tevere si è verificata una straordinaria moria di pesci, che tra l’altro si ripete di tanto in tanto, causata da una grossa concentrazione di insetticidi e pesticidi, in particolare di cipermetrina (utilizzata per zecche e zanzare) e clotianidina (insetticida molto diffuso nell’agricoltura): così ha confermato il direttore dell’Arpa Lazio, Marco Lupo, al quotidiano ‘La Repubblica’ il 10 giugno.
L’ARPA NON BATTE CIGLIO
Nel Tevere, insomma, ‘navigano’ insetticidi e pesticidi, ma anche idrocarburi, metalli pesanti e microplastiche, ossia elementi chimici molto pericolosi per la salute umana e per l’ambiente. Del resto il Tevere, lungo più di 400 km, attraversa zone agricole e industriali di ben quattro regioni: Emilia Romagna, Umbria, Toscana e Lazio. Gli inquinanti sono elementi chimici che nessun filtro industriale è in grado di eliminare completamente: questo sostengono i tecnici che abbiamo contattato. Di mezzo, insomma, c’è la salute dei cittadini, eppure il Piano segreto di Acea per dissetare Roma e provincia, come rivelato dal nostro giornale da quasi 2 anni, prevede ora di succhiare dal Tevere metà dell’acqua potabile che verrà distribuita nella Città Metropolitana, Capitale inclusa. Ma facciamo un passo indietro per rinfrescare la memoria ai lettori.
IL ‘POTABILIZZATORE’
Prima di essere inviate nella rete idrica, le acque del Tevere passeranno per il ‘potabilizzatore’ Acea di Roma-nord, località Grottarossa. Parliamo dell’impianto industriale voluto dall’Acea grillina e, in particolare, da Luca Lanzalone (il manager inserito dai vertici del 5Stelle nazionale nel Consiglio di Amministrazione di Acea, in carica da aprile 2017 a marzo 2019, poi travolto dall’affaire stadio), da Stefano Donnarumma (Amministratore Delegato da maggio 2017 a maggio 2020, di recente promosso ad altro incarico), ma, prima di tutti, dalla stessa sindaca Virginia Raggi, dal momento che il Comune di Roma ha detto “sì” a questo impianto nella Conferenza dei Sindaci Ato 2 a dicembre 2017. Un “sì” ribadito dal Campidoglio negli Uffici regionali tra marzo e aprile 2018. L’impianto è stato ultimato da tempo, ma ancora mai avviato. Inaugurato a porte chiuse il 12 dicembre 2018, alla presenza solo di politici – tra cui la sindaca e dirigenti Acea – ma non della stampa e dei cittadini. Al primo potabilizzatore da 500 litri al secondo, inoltre, se ne potrebbe aggiungere presto un secondo da 2500 litri al secondo: i tecnici di Acea Elabori, l’area tecnica di Acea, sono al lavoro per completare il progetto.
PERDITE AL 40%
I problemi del ‘sistema’ acqua di Roma e provincia, certo, sono anche altri, primo tra tutti la rete idrica colabrodo che disperde per strada oltre il 40% dell’acqua immessa in conduttura, una percentuale da terzo mondo. Percentuale che non è diminuita nel corso del mandato della Giunta Raggi. A ciò si aggiunge poi il problema della scarsità dell’acqua potabile, specie in tempi di cambiamenti climatici: del resto piove e nevica sempre di meno. A inizio 2020, l’Amministratore delegato uscente Stefano Donnarumma ha messo mano al portafogli e investito 900mila euro per la risistemazione dell’acquedotto del bacino Ato 2 lungo 10mila km. La cifra stanziata è quindi pari a 90 euro al km, sicuramente non sufficiente a risistemare per davvero l’acquedotto-groviera della Città Metropolitana di Roma. Intanto, a fine maggio, Acea ha assegnato proprio all’ex Ad Donnarumma una buonuscita da 960mila € e ai propri azionisti un dividendo da 167 milioni di euro per l’esercizio 2019.
IL PIANO ‘SEGRETO’
A tali problemi l’Acea a guida grillina risponde chiudendosi a riccio, visto che il suo Piano industriale non verrà mai reso pubblico né tantomeno discusso nelle Commissioni capitoline: si tratta del documento che contiene le strategie che la società al 51% pubblica intende mettere in campo nei prossimi anni. “L’Acea – attacca Stefano Fassina, consigliere comunale e membro della Commissione Trasparenza del Campidoglio – si è rifiutata di partecipare alla Commissione Trasparenza per una audizione sul Piano industriale. Ho presentato un esposto al Prefetto di Roma contro i vertici di Acea. È un comportamento inaccettabile, una grave offesa alle istituzioni, ai cittadini di Roma, non al sottoscritto che ha chiesto l’audizione o al Presidente della Commissione, Marco Palumbo, che si è subito attivato (…). Avremmo voluto chiedere al dottor Gola il senso industriale dell’acquisizione di Simam, azienda specializzata per gli impianti di smaltimento dei rifiuti. All’assessore Lemmetti se il suo piano di induzione al fallimento di Ama è finalizzato a trasferire ad Acea le attività a maggior valore aggiunto”.
M5S DIMENTICA”ˆL’ACQUA
“L’11 giugno – rincara la dose il Coordinamento Romano Acqua Pubblica – il Consiglio comunale ha bocciato una mozione presentata da ‘Sinistra per Roma’ che avrebbe impegnato Giunta e sindaca ad esercitare il suo ruolo di socio di maggioranza pubblica in Acea SpA: blocco dei dividendi a favore dei soci, reinvestimento degli utili per la tutela della risorsa idrica, a partire dalle perdite sulla rete (oltre il 40% di acqua sprecata) e per fini sociali. La maggioranza M5S si è astenuta, negando con 23 astenuti, 9 voti favorevoli e 1 contrario, un impegno della Giunta e della maggioranza nell’indirizzare in tal senso l’operato di Acea (…) Naturalmente il percorso per l’acqua bene comune non si ferma, proprio in questi giorni l’anniversario della vittoria referendaria del 2011 (…) su Roma abbiamo il dovere di contrastare il folle progetto di un secondo potabilizzatore dell’acqua del Tevere, che proprio in questi giorni ci ha regalato le tristi immagini di centinaia di pesci morti, e di pretendere la riparazione delle reti idriche, a tutela delle sorgenti del Lazio e dell’accesso all’acqua oggi e per le generazioni future”. Grillo, domenica 14 giugno, sul suo blog ha scritto che l’acqua rappresenta “la nostra prima stella e che come tale va trattata, per noi adesso è la grande occasione per passare dalla teoria ai fatti”. Qualcuno, nell’M5S di Roma e provincia, terrà conto di queste parole?
MUTA LA COMMISSIONE AMBIENTE
Dal 29 maggio è caduto l’ultimo paletto legale che impediva la ‘potabilizzazione’ del Tevere, come l’Acea chiedeva da dicembre 2017. Ogni impedimento è stato superato grazie alla ‘collaborazione’ dei politici di vari colori. Il Piano di Tutela delle Acque del Lazio, la legge che disciplina l’intero settore idrico, fino a novembre 2018 non permetteva di utilizzare a scopi potabili l’acqua di fiumi in cui finiscono anche reflui industriali, qual è quella del Tevere. La Commissione Ambiente regionale, presieduta dal grillino Valerio Novelli, ha cambiato una postilla del Piano e introdotto la possibilità di eccezioni a tale principio generale.