ATTRICE PER CASO
«Mia nonna ci raccontava spesso di quell’incontro – spiega Silvana Basso, 69 anni, nipote di Pierina – inizialmente rifiutò la parte, poi si lasciò convincere, forse per il compenso che De Sica le avrebbe riconosciuto. Così iniziò quell’avventura, con il benestare di mio nonno».
Sono pochi a conoscere questa storia. Silvana, che da decenni gestisce il ristorante Da Elena sulla Nettunense col marito Silvano Favero e i figli Valerio e Laura, ha tanti aneddoti di famiglia da raccontare. Come quando nel 1937 nonna Pierina ricevette dalle mani di Benito Mussolini 100 lire per la stalla più ordinata dell’Agro pontino, o quando portava sulla schiena mezzo quintale di grano fino al mulino Pazienti, a piedi, per farlo macinare.
LO SCHIAFFO DI DE SICA
E poi c’è la parentesi del film. Cinque mesi di riprese. Faticosi, perché Pierina non era un’attrice, ma De Sica cercava proprio persone semplici, senza esperienza sul set ma con alle spalle storie di vita vissuta, i cui segni erano ben visibili sul loro corpo. Questo d’altronde è il neorealismo, il genere cinematografico per cui Vittorio De Sica vinse anche due premi Oscar.
«Lei interpretava la mamma del protagonista, nel cast c’era anche Gabriella Pellotta, che poi lavorò anche con Nino Manfredi e Mario Monicelli – aggiunge Silvana –. L’hotel costava troppo, così nonna Pierina fu ospitata a Roma presso due amiche, per non fare avanti e indietro tutti i giorni da Aprilia. Ci raccontava di quando De Sica le diede un sonoro ceffone perché lei non riusciva a fare una scena, mia nonna si arrabbiò e rimproverò il regista, che alla fine fu costretto a chiedere scusa. Coi soldi ricevuti per il film la mia famiglia ci ristrutturò la stalla».
SOLDI DEL FILM INVESTITI NELLA STALLA
E per festeggiare la fine delle riprese, Pierina comprò un maialino da mangiare con la famiglia. «Vittorio De Sica le fece la corte per altri film, ma lei ha sempre rifiutato. Diceva che il suo posto era Aprilia, in campagna, ad allevare i figli e i nipoti». Una parentesi, quella cinematografica, che Pierina raccontava con orgoglio. Scomparsa nel 1998 a 94 anni, la sua storia ora viene tramandata dai nipoti.
Una storia di rivalsa sociale
“Il tetto”, scritto da Cesare Zavattini, è uscito nel 1956 e fu presentato alla mostra del cinema di cannes. La trama è semplice, ma rispecchia i problemi dell’epoca, un’Italia che faceva ancora fatica a risollevarsi dopo la devastazione della guerra. Qui si inserisce, a Roma, la storia di Luisa (gabriella Pallotti) e Natale (Giorgio Listuzzi) novelli sposi; essendo poverissimi (lui fa il muratore, lei presta servizio come domestica), non sono in grado di risolvere per proprio conto il problema della casa e vanno ad abitare provvisoriamente in quella superaffollata dei parenti di lui (tra cui la mamma di Natale, interpretata da Pierina Lovisa). Ma tale coabitazione non lascia ai due sposi neppure quel minimo di libertà e di autonomia, che sono indispensabili alla vita coniugale, mentre provoca continui attriti coi parenti. Dopo un ennesimo litigio, i due sposi lasciano quella casa: Luisa trova ospitalità presso la sua padrona, Natale dorme in una baracca del cantiere. Luisa, che aspetta un bambino, apprende per caso che in certe zone periferiche c’è la possibilità di costruire abusivamente, su terreni comunali, una minuscola casetta. È però necessario edificare la casa e coprirla col tetto durante una nottata. Se c’è il tetto, la casa si considera finita e le guardie, sopraggiungendo, non hanno più il diritto di mandar via chi vi abita. Cedendo alle insistenze di Luisa, Natale fa un debito per poter acquistare il materiale necessario e una notte inizia la costruzione. Il primo tentativo non riesce, ma i due si trasferiscono in un’altra zona, dove, trovato un punto adatto, Natale e i suoi amici si mettono a lavorare febbrilmente. Col valido aiuto del cognato la costruzione procede rapidamente e quando arrivano le guardie, il tetto è quasi ultimato. Le guardie fingono di non vedere che nel tetto c’è un buco: Natale e Luisa hanno ormai la loro casa.