Giova però rinfrescare la memoria, anche perché proprio tra i politici locali c’è qualcuno che vorrebbe riaprire la discarica.
15 ANNI DI EVIDENZE IGNORATE
Da oltre 15 anni l’Arpa Lazio – Sezione Provinciale di Latina, certifica l’inquinamento in tutto il sito, anche se sono presenti due diverse gestioni (Ecoambiente Srl e Indeco Srl): “Tutti gli invasi e le attività – si legge tra le carte ufficiali – sono interessati dalla contaminazione”. Tra il 2005 e il 2008 e poi tra il 2010 e il 2013 vi sono state due monitoraggi. Il secondo ha determinato il campionamento periodico (mensile, trimestrale e semestrale) di 40 piezometri (pozzi di ispezione), alcuni dentro il corpo della discarica, altri a monte e a valle della stessa e altri ancora lungo il fiume Astura, sulla destra idraulica guardando verso il mare. Tutta l’attività, durata 8 anni, è descritta in un rapporto conclusivo di Arpa Lazio e Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale): un lavoro estremamente meticoloso e approfondito siglato, reso pubblico il 13 ottobre 2013. Nelle conclusioni, sinteticamente, tale rapporto evidenzia superamenti delle concentrazioni delle soglie di contaminazione (CSC) di alcune sostanze tossiche e cancerogene per gli esseri umani e da attribuire con certezza ai rifiuti smaltiti nella discarica.
IL REPORT DEL 2013
In particolare risultarono in eccesso: 1,2 dicloropropano (solvente chimico tossico per ingestione, inalazione e contatto con la pelle); 1,4 diclorobenzene (cancerogeno per inalazione, altamente tossico per gli organismi acquatici e tossico agli umani per contatto dermico e degli occhi); composti organici che per reazioni bio-chimiche hanno determinato la mobilizzazione di alcuni metalli/metalloidi pericolosi oltre la soglia di concentrazione: principalmente ferro e manganese e secondariamente arsenico.
Questi ultimi sono naturalmente presenti nei terreni di origine vulcanica della zona, ma non con le pericolose concentrazioni rilevate sotto la discarica. Non è colpa, insomma, della natura come vorrebbe qualcuno. E così, ai sensi del Codice ambientale, è scattato l’obbligo per Ecoambiente e Ind.Eco. di mettere urgentemente in sicurezza il sito e/o bonificare le acque sotterranee ed è stato adeguato all’inizio del 2014 il progetto integrato per la bonifica dell’area di Borgo Montello redatto dalla Ecoambiente srl. Il progetto ordinario di bonifica del sito era stato approvato nel 2009 da una apposita Conferenza dei Servizi, il tavolo tecnico-istituzionale convocato dal Comune di Latina, divenuto nel frattempo responsabile di tutti gli interventi di bonifica ambientale sul proprio territorio.
LA BONIFICA MAI FATTA
Quegli interventi – dichiarati di pubblica utilità, urgenti e indifferibili – dovevano iniziare entro 60 giorni dalla notifica della decisione comunale e terminare entro dicembre 2015. Inoltre, doveva proseguire il monitoraggio, come richiesto nel rapporto Arpa – Ispra dell’ottobre 2013, con relazioni semestrali su ulteriori monitoraggi prodotti in contraddittorio tra Ecoambiente Srl e Arpa Lazio. Tutto rimasto sulla carta. Il 12 febbraio 2015 la dirigente della Regione Lazio, architetta Manuela Manetti, autorizzava lo smaltimento di altri 25mila metri cubi di rifiuti nell’invaso “Lotto B” dell’area in disponibilità (ma non di proprietà) della Ecoambiente.
L’autorizzazione prescriveva di monitorare l’evoluzione dell’inquinamento ormai definitivamente accertato. Responsabile dei monitoraggi, come da legge intervenuta, era l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Latina. Arrivata la nuova Amministrazione comunale guidata da Coletta, nel 2016 lo stesso Assessorato ha riconvocato la Conferenza dei servizi che doveva monitorare l’andamento della bonifica per verificare come si stava procedendo e i risultati raggiunti.
TUTTO OK, DICEVA IL GESTORE…
Già dalla prima riunione, la Ecoambiente Srl, giuridicamente “soggetto obbligato” ad eseguire quella bonifica, dichiarava che gli interventi effettuati erano andati a buon fine e che quasi tutti i parametri erano ormai rientrati nella norma. La società aggiunse poi vari rapporti prodotti che confermavano, sempre sulla carta, l’evoluzione in miglioramento del grave inquinamento riscontrato in precedenza. L’Assessorato all’Ambiente comunale guidato da Roberto Lessio ha così fatto due mosse inedite: ha prima chiesto conto alle parti delle relazioni semestrali effettuate in contraddittorio (sostanzialmente riscontrate come mai eseguite) e poi, il 12 dicembre scorso, ha intimato definitivamente di riavviare le analisi per verificare definitivamente l’esito della presunta bonifica. E ha intimato ad Ecoambiente di fare entro sei mesi il “capping” definitivo dell’invaso S zero, come previsto nel progetto approvato nel 2009.
Il termine scade il 15 giugno. Intanto, il 7 maggio sono arrivati i preoccupanti risultati delle nuove analisi effettuate su 16 piezometri (8 su area Ecoambiente e 8 su area Indeco) a febbraio scorso.
… E INVECE È PIENA DI VELENI
Sull’area gestita dalla Ecoambiente, superano i limiti di legge: l’arsenico in 7 pozzi su 8, il ferro in 3 su 8, con concentrazioni anche di 52 e 89 volte, il manganese è fuori legge 5 volte su 9, da un “minimo” di 8,8 volte a picchi di 46 volte in più. Il cancerogeno triclorometano (cloroformio), è semplicemente inquietante: fuorilegge in 8 campionamenti su 8, in diversi punti, con sformaenti da oltre 3,3 volte a quasi 19 volte in più. Il cloroformio, probabilmente il veleno più pericoloso perché altamente volatile, non era stato analizzato da Arpa Lazio nei monitoraggi tra il 2005 e il 2013. Infine oggi l’1,4-diclorobenzene, anch’esso cancerogeno, in un punto registra uno sforamento di 8 volte. E così via per altri elementi.
La nuova relazione dell’Arpa Lazio, sottolinea che questi composti “volatili e semivolatili” provenienti dalla discarica possono essere inalati dalle persone. Di conseguenza, per i malcapitati residenti, persiste il grave rischio per salute.
LA REGIONE PREME PER RIAPRIRLA
Nel frattempo la Regione Lazio, causa emergenza Covid, sta premendo affinché venga riaperta la discarica, dando la colpa all’inerzia dei Comuni della Provincia di Latina nel dire dove fare gli impianti di smaltimento: il bue che dice cornuto all’asino. Il mitologico “nuovo Piano rifiuti” della Regione non viene approvato alla Pisana. E a dirla tutta, le nuove e schiette analisi sono state fatte in contraddittorio dal soggetto pubblico Arpa Lazio, braccio operativo della Regione, l’Arpa Lazio, non perché chiesto dalla Regione stessa, ma perché preteso dall’Assessorato all’ambiente del Comune capoluogo.
L’Area rifiuti regionale, guidata dall’ingegnera Flaminia Tosini nonché vicesindaco PD a Vetralla, aveva invece chiesto una “nuova” relazione al gestore privato Ecoambiente in occasione della sua richiesta di portarci altri 38mila metri cubi di rifiuti… Nel frattempo qualche capo del PD latinense chiede di far riaprire la discarica.