Il Ministero dello sviluppo economico ha finalmente autorizzato la Fase 1 della disattivazione della vecchia centrale nucleare di Latina, a Borogo Sabotino, confine con Nettuno. Non si tratta dell’intero smantellamento, ma della “Riduzione dell’impianto”. L’ISIN, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, spiega che l’operazione è “finalizzata alla messa in sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi pregressi o prodotti dallo smantellamento di strutture, sistemi e componenti dell’impianto nonché la riduzione nella dimensione esterna dell’edificio reattore nel quale, a sua volta, rimane confinata all’interno del nocciolo la grafite radioattiva”.
L’ABBASSAMENTO DELL’EDIFICIO REATTORE
Due le principali attività previste: lo smantellamento dei sei boiler – gli scambiatori di calore che producevano il vapore per far girare le turbine che generavano elettricità – e l’abbassamento di 15 metri dell’edificio reattore: l’altezza scenderà da 53 a 38 metri. Questa seconda operazione è quella più delicata perché riguarda la struttura dove vi è tuttora la temutissima grafite, impregnata di radioattività, che serviva per creare stabilità nel processo di fissione. Come a Chernobyl. 2.090 tonnellate di grafite lì nel nocciolo a Borgo Sabotino, a forma di prisma retto, alto 9,3 metri.
L’autorizzazione del Ministero è contenuta in un decreto firmato dal dirigente della Direzione generale per l’approvvigionamento, l’efficienza e la competitività energetica, Mariano G. Cordone. I lavori autorizzati sono previsti dal “Piano Globale di Disattivazione Accelerata” presentato il 19 settembre 2018 da Sogin Spa, la società pubblica incaricata di gestire e smantellare i vecchi siti nucleari italiani. Accelerato?
RITARDI E COSTI A CATENA
L’ok è arrivato lo scorso 20 maggio all’esito di un tortuoso iter e giusto 2 anni dopo l’avvio della procedura di infrazione europea contro l’Italia perché non recepiva la nuova direttiva 2013/59/Euratom del 2013 con le norme fondamentali di sicurezza per le radiazioni ionizzanti. Andava recepita entro il 6 febbraio 2018.
Solo dopo che la Commissione europea – a luglio dell’anno passato – ha messo in mora e deferito il nostro Paese davanti alla Corte di giustizia europea, il 4 ottobre scorso è arrivata la legge 117 che recepisce la Direttiva… ma delega il governo ad attuare le nuove regole.
Una cronica lentezza lamentata nel 2018 anche dalla Corte dei Conti nella relazione sulla gestione finanziaria di Sogin Spa, individuando le cause dei ritardi “soprattutto in fattori endogeni riconducibili alla programmazione ed alla gestione dei grandi progetti”.
«A Latina completeremo nel 2021 le attività di smantellamento di tutte le infrastrutture», annunciò ad agosto 2011 Giuseppe Nucci, allora amministratore delegato di Sogin. La cifra indicata da per il completo smantellamento e bonifica del sito (il cosiddetto ritorno al “prato verde”) allora era 704 milioni di euro.
CHI FARÀ I LAVORI? E COME LI AFFIDERANNO?
Oggi, per la sola Fase 1 appena autorizzata, la società fa sapere che “la conclusione è prevista nel 2027, per un valore complessivo delle attività di 270 milioni di euro”. Un bel gruzzolo. Per «privilegiare l’imprenditoria locale» il 22 giugno 2011 l’ex capo di Sogin firmò coi presidenti pontini di Confindustria, Ance (costruttori) e Federlazio, «un protocollo d’intesa che mira proprio a coinvolgere le aziende pontine nelle attività di decommissioning e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi della centrale».
Vedremo se ci saranno aziende locali e sane oppure ditte come quelle coinvolte nella costruzione (fatta male con tanto di fessure nel cemento) del deposito “temporaneo” nucleare di Borgo Sabotino. Un bunker costruito con affidamento diretto, senza gara aperta, da soggetti in odore di mafia e camorra collegati al Consorzio Aedars di quel Pietro Tindaro Mollica al quale il Gruppo investigazione criminalità organizzata della Finanza ha confiscato 171 milioni di euro…
Di sicuro, a Latina resteranno le scorie presenti (vedi riquadro sopra). In attesa della Fase 2, quando arriverà l’ormai mitologico deposito unico nazionale. La liberazione del sito senza più radiazioni è previsto nel 2042. Trasferimento dei rifiuti al Deposito nazionale e inizio delle attività di smantellamento dell’isola nucleare. Rilascio del sito privo di vincoli di natura radiologica nel 2042. Per ora è previsto l’ulteriore rilascio di radioattività a dosi controllate e a norma di legge.
QUANTE SCORIE RESTERANNO?
Si stimano 125.444 metri cubi di materiali residui, quando sarà ultimata anche la Fase2. Di questi rifiuti, 9.624 mc saranno “non rilasciabili”, cioè radioattivi: un volume pari a circa due palazzi da 6 piani con 40 appartamenti di 80 mq. Il loro trasferimento al Deposito unico nazionale (che non esiste) è previsto a partire dal 2027.