Si sta mettendo in mostra. L’area progressista ha sciolto il nodo del candidato per le elezioni di primavera?
“Il nodo resta. In compenso abbiamo formato lo zoccolo di una nuova classe dirigente, giovane e coesa. Che attinge dai municipi, dagli altri partiti fino ai movimenti e all’associazionismo. Auspichiamo anche un nome importante che voglia ridare a Roma la centralità in Europa che merita”.
Ma non è che il candidato è lei?
“Per me l’importante è che vinciamo, non il nome. Riprendiamoci Roma per i romani”.
Resta il ritardo. Il Raggi bis è già stato benedetto anche dai big pentastellati.
“In alto forse, in basso no. E’ pubblicamente evidente che c’è una dialettica forte alla base del partito. Segno che Virginia non ha lavorato bene. L’ultimo colpo la perdita del IV municipio, dopo altri tre già commissariati”.
Perdite e non perdite, in realtà. Visto che dopo gli scioglimenti la sindaca ha rinominato gli stessi presidenti in veste di commissari.
“Azioni antidemocratiche in tutti i casi. Per il quarto municipio però è balzato un aspetto ancora più odioso, uno sfregio a ogni norma democratica. La proposta e il voto di sfiducia, infatti, era partita proprio da 15 consiglieri loro, dei 5S. Sono stati subito cacciati. E la sfiduciata ripiazzata al posto di prima. In pratica la sindaca ha rimesso la sua delfina a posto. Sfioriamo l’utilizzo delle istituzioni a fini elettorali”.
Una sindaca autoritaria vuole dire?
“Una sindaca col manganello. Preciso: una sindaca che ha usato all’occorrenza la burocrazia come manganello sociale. Vedi l’attacco sferrato al mondo del volontariato, alla Casa delle donne, Lucha y Siesta, Medicina Sociale, Caritas…Ma anche coi lavoratori delle municipalizzate”.
Sarebbero queste le pecche più grosse dell’opposizione?
“C’è il fallimento dei rifiuti, il blocco dei lavori pubblici, e soprattutto il disastro delle municipalizzate che sembrano odorare di apertura alle privatizzazioni. Anche il ruolo negli sgomberi si è notato. Non c’è stata nessuna progettualità da parte del Campidoglio. La sindaca ha solo appoggiato il piano sgomberi dell’ex ministro Salvini. E ancora ci sono i ritardi nella realizzazione della Metro C”.
E voi farete di meglio? Il candidato non è ancora spuntato. C’è almeno una bozza di programma?
“Ci sono idee. Aggiornare il piano regolatore nell’ottica anche del recupero urbano. Politiche ambientali. Potenziamento del trasporto su ferro. Salvare le municipalizzate. Far diventare Ama un polo industriale: non solo raccolta ma trasformazione dei rifiuti. Si migliora l’ambiente e si riempiono le tasche dei romani, senza dispersioni”.
Sarà opposizione dura, niente fratellanza come al governo?
“Abbiamo assistito alla decapitazione delle municipalizzate. Sui bilanci Ama si indaga. Farmacap e le sue 40 farmacie comunali verso il fallimento. Atac in concordato. Roma metropolitane sciolta. Ecco perché in questi giorni siamo scesi più volte in piazza al fianco dei lavoratori. Non c’è altrenativa. Anzi c’è, noi”.
E’ per questo che ha attaccato l’assessore al personale Antonio De Santis dandogli vagamente del fascista?
“E’ lui che ha attaccato il sindacato in maniera pubblica. Paragonare un sindacalista a un segretario di sezione era usanza in voga nel Ventennio. Allora si diceva che i sindacati facevano politica e non erano credibili”.
In questi giorni lei ha contestato anche la sindaca…
“Ha investito altri duecentomila euro per la comunicazione. Il Campidoglio ha potenziato l’ufficio stampa. Sono soldi utili ai romani o alla sua compagna elettorale coi soldi dei romani? La battuta nasce spontanea”.
Ma lei è andato oltre. Ha criticato anche la gestione Covid…
“Roma Capitale ha ricevuto fondi statali e regionali. Per i buoni spesa 18 milioni dal Governo e 7,5 dalla Regione. Per i buoni affitti oltre venti milioni. E invece ci sono stati enormi ritardi nella distribuzione. Hanno fallito per l’incapacità organizzativa. Roba da mangiare e affitto, generi primari per i romani in difficoltà”.
I romani si aspettano anche che torniate tutti a lavorare in Campidoglio. Invece i consigli si tengono ancora in videoconferenza con l’ex penstastellata Cristina Grancio che si sgola per denunciarne la vergogna.
“Non c’è aula più bella dell’Aula Giulio Cesare, che è la casa dei romani. Bisognerà prima garantire la sicurezza ai dipendenti capitolini. E perché no riaprire, tornare, ma con l’accesso ai cronisti e al pubblico, anche se in maniera contingentata, se sarà necessario”.