Non si sa, almeno mentre andiamo in stampa. Di sicuro ci sono già importanti proposte concrete degli addetti ai lavori e di realtà associative. I gestori degli stabilimenti balneari si dicono certi di saper gestire la situazione coronavirus in spiaggia e che al mare si potrà tornare, continuando a rispettare la distanza fisica tra persone. Altro nodo: si potrà andare solo negli stabilimenti balneari a pagamento o anche sulle spiagge libere?
Distanza minima e prenotazioni via App. Basteranno tali misure?
L’IRA DEI BALNEARI: «NOI SAPPIAMO COME FARE, MA IL GOVERNO TACE»
«Il premier Conte, i suoi Ministri e il loro staff tacciono. Dai primi di marzo, con largo anticipo, gli abbiamo chiesto di dirci come ci dobbiamo comportare, quali misure dobbiamo adottare – tuona il presidente naizonale di Assobalneari legata a Federturismo Confindustria, Fabrizio Licordari, che Il Caffè ha raggiunto telefonicamente -. Attenzione: il tema non è quando, ma come poter tornare a farci il bagno in sicurezza. Siamo ora all’inizio della stagione e non ci hanno risposto né detto nulla. Sappiamo come funziona uno stabilimento balneare e che potremmo lavorare coi tecnici del governo per trovare le misure più idonee». In pratica? «Abbiamo già in mente misure sicure e realizzabili – spiega il leader di Assobalneari -, molto semplici, non basate sulla fantascienza né le pagliacciate che si sono viste e sentite in giro tipo box in plexiglass, cupole di bambù o altre… che per noi non sono fattibili, ma che lasciamo decidere alle aziende».
«BASTANO LE PRECAUZIONI GIÀ SPERIMENTATE FINORA»
«Proponiamo ie stesse misure già sperimentate di distanziamento sociale, in particolare un metro di distanza tra le persone. Se poi uno stabilimento balneare può dare ancora più spazio ben venga. Ma inventarci regole ancora più restrittive mi sembra insensato, tutto dev’essere commisurato al buonsenso. La cosa più importante ora è ragionare sulle situazioni che mano mano possono venirsi a creare al bar, al ristorante, nei camminamenti dei nostri lidi, non c’è nulla di eccezionale: se dal lettino devo andare al bagno mi metto la mascherina e rispetto la distanza dalle altre persone. Quella degli stabilimenti balneari sarà l’unica soluzione per poter vivere le spiagge in sicurezza. Come pensano di far vivere in sicurezza le spiagge libere? Stare al mare con certe limitazioni è complicato…».
NUMERO CHIUSO, PRENOTAZIONI VIA APP… E BATTIGIA VIETATA
Conferma la necessità del distanziamento Federbalneari, altra associazione del settore, che ha elaborato un documento di valutazione dei rischi. Sulla base di esso, ha scritto un Piano d’azione ad hoc e lo ha inviato a tutti i Comuni marinari del Lazio. Le linee guida suggerite prevedono precauzioni sia per le spiagge affidate agli stabilimenti che per quelle libere: distanza minima di un metro tra le persone, prenotazione obbligatoria tramite App. Ma nessun obbligo di indossare guanti e mascherine. Escludendo anche che il distanziamento tra ombrelloni negli stabilimenti balneari. Questo perché – spiega l’associazione di categoria – l’afflusso dei bagnanti sarà regolamentato con l’App e quindi controllato.
I gestori dei lidi «dovranno presentare il proprio specifico Piano di azione anti-covid19». In pratica, dovranno dire come igienizzeranno e sanificheranno locali e attrezzature, quando e con quali procedure.
Inoltre, il Piano di Federbalneari prevede, in tutti i casi, di «sospendere il passaggio sulla battigia, in assenza di preventive verifiche, per evitare il verificarsi di assembramenti incontrollati». Prepariamoci dunque all’ingresso a numero chiuso come al cinema e al divieto di passeggiata in riva al mare, se manca lìok igienico-sanitario.
La ‘battaglia’ per le spiagge libere
Il nodo centrale è far rispettare le precauzioni. Posti limitati, App, parcheggi controllati e non solo…
Tra i balneari non c’è visione unanime sulle spiagge libere. Assobalneari, ad esempio, non vede come si possa consentirne l’apertura. Federbalneari, invece, dice sì ma con obbligo della distanza di almeno un metro tra le persone, suggerendo «apposita segnaletica indicante le postazioni libere occupabili dall’utenza». Posti contati, in pratica, in base alla superficie disponibile con un tot di persone massimo da definire. Punta soprattutto sulle spiagge gratuite Legambiente: «No a chiusure e gestioni ai privati», pur riconoscendo che è più complicato far rispettare le regole nei lidi non dati in concessione agli stabilimenti. E lancia una proposta forte a tutti i Comuni, anche sottolineando le gravi difficoltà della famiglie che meno di prima potranno permettersi ombrelloni e lettino a pagamento: «Si organizzino per tempo, definiscano le modalità di fruizione, si riapproprino di luoghi troppo spesso sati per scontati e abbandonati a una fruizione anarchica», afferma Sebastiano Venneri, responsabile turismo della storica associazione ambientalista, la quale si rende disponibile a dare una mano alla Amministrazioni comunali per un Piano di gestione delle spiagge libere come bene comune. Legambiente propone una strategia. Qui alcune delle misure che suggerisce ai Comuni. Per evitare affollamenti: spazi delimitati, accesso solo su prenotazione tramite App, task force con volontari, pro loco, protezione civile, ausiliari e altre figure che controllino il numero di bagnanti sugli arenili e chiami le forze dell’ordine per vietare l’ingresso di altre persone una volta superato il numero massimo previsto. Ma subito, definire la capacità di carico antropico (cioè impatto portato dalle persone) per ciascuna spiaggia, realizzare e quindi distribuire materiale informativo con le disposizioni da adottare (distanza fra ombrelloni o asciugamani, utilizzo dispositivi sanitari, eccetera ma anche info per il rispetto della natura). E ancora: predisporre luoghi di sanificazione in prossimità delle spiagge (serbatoi con acqua e disinfettante), aree di parcheggio controllate e a numero chiuso che filtrino e regolamentino il flusso di bagnanti alle spiagge, con particolare attenzione alla mobilità fossil free (ciclabili temporanee, stalli sorvegliati per bici…).