Quali sono gli strumenti messi in campo dalla commissione Sanità per fronteggiare l’emergenza sanitaria?
«Le iniziative messe in campo sono in sinergia con quelle dell’assessorato regionale, che raccoglie le istanze proprio della commissione. Stiamo combattendo contro un nemico invisibile e che non conosciamo, l’elemento per annientarlo è il vaccino, ma ci vorranno ancora diversi mesi. Dobbiamo convivere con questo nemico sperando di riuscire a mettere in campo le precauzioni per evitare i contagi. Oltre all’emergenza sanitaria si sta aprendo l’emergenza economica. Stiamo lavorando su una serie di ammortizzatori sociali: abbiamo cercato di mettere liquidità nelle tasche delle famiglie con un intervento da 21 milioni di euro per fare la spesa o acquistare medicine, soldi dati ai Comuni del Lazio. Stiamo ristudiando il bilancio 2020, approvato a dicembre, insieme alla conferenza dei capigruppo, perché va rivisto da capo: ci troviamo come in tempo di guerra e dobbiamo liberare più somme possibili per chi è in difficoltà. Dobbiamo fronteggiare anche l’emergenza del pagamento degli affitti: si stanno approntando due misure da 25 milioni per dare protezione a famiglie e imprese. Si tratta naturalmente di misure non esaustive e se ne aggiungeranno altre».
I cittadini chiedono di aumentare la protezione e la sorveglianza sanitaria degli operatori sanitari e della popolazione, anche con una programmazione più ampia del numero di tamponi. È una misura fattibile?
«Questo è un punto a cui come commissione teniamo tantissimo. Stiamo facendo pressing per accelerare la burocrazia. Non possiamo fare i tamponi classici a tutta la popolazione: a parte il costo, è il tempo di lavorazione che rallenta. Servono sette, otto ore per dare il responso. Facendo i tamponi a tutti si finirebbe a novembre e non ce lo possiamo permettere. Ci sono però in commercio test rapidi che misurano le immunoglobuline, test sierologici attualmente in validazione, ma dobbiamo essere certi che non identifichino falsi negativi. Il Gemelli e lo Spallanzani stanno facendo i test, poi partiremo con lo screening su tutto il territorio regionale, si dovrà capire dove c’è il contagio e isolarlo, e dove non c’è il contagio iniziare a pensare a una riduzione delle misure restrittive».
Quanto ha inciso il taglio dei posti letto avvenuto negli ultimi dieci anni nella gestione di questa emergenza?
«Ha inciso: la nostra offerta sanitaria a causa del commissariamento è stata sufficiente, ma non è stata un’ottima offerta, era deficitaria ad esempio nelle province, i distretti erano sguarniti di professionalità non essendo stato assicurato il ricambio generazionale. C’è da dire che in Lombardia e in Veneto, indicati come modello di sanità, è saltato tutto, anche a causa dell’alto numero di contagi. Nel Lazio questi numeri sono più contenuti e fortunatamente la struttura sanitaria sta reagendo bene. I posti letto della terapia intensiva e sub intensiva stanno tenendo».
Anche aver dedicato strutture ospedaliere dedicate al Coivid è stata una scelta giusta. Dovevamo verticalizzare verso la nostra eccellenza, lo Spallanzani, che è stato il nostro filo conduttore. Poi abbiamo avuto modo di calare sul territorio altri posti letto dedicati a terapia intensiva e sub intensiva».
La proposta di destra e Movimento 5 Stelle di riaprire l’ospedale Forlanini come la giudica?
«Sul Forlanini dobbiamo ragionare in assenza di covid-19. Tutte le azioni che vanno fatte per fronteggiare l’emergenza devono essere attuate in breve tempo, per il Forlanini c’è bisogno di un tempo che non abbiamo. Quando si riprenderà la gestione ordinaria, si inizierà a ragionare su quella struttura su 25 ettari di terreno. Non esiste che il Forlanini venga venduto o peggio ancora svenduto».
La Regione ha fornito ai Comuni e agli operatori sanitari mascherine dalla qualità dubbia…
«Quella dei dispositivi di protezione individuale è stata una pagina non buona per la nostra Regione. Siamo stati presi alla sprovvista e ci siamo trovati con l’emergenza nell’emergenza. Abbiamo notato che non c’erano fabbriche che producevano mascherine a sufficienza in Italia, ci siamo dovuti confrontare con l’estero. Abbiamo preso anche noi delle fregature. Questo purtroppo capita quando si fanno le cose con la fretta, ma non avevamo il tempo di visionare la merce. Abbiamo dovuto comprare al buio, qualche fregatura l’abbiamo presa».
In provincia di Latina è stata chiusa la città di Fondi. Basterà o prevedete ulteriori restrizioni per la provincia di Latina, dove i casi di contagio sono in aumento?
«Abbiamo visto che l’isolamento delle persone funziona per contenere i contagi. Questo è il primo criterio per fronteggiare il Covid. Ringrazio i cittadini di Fondi che hanno compreso questa scelta, hanno capito che quella era una misura a protezione della loro vita. Vedo ancora persone che escono senza motivo e che si incontrano: così mettono a repentaglio la vita loro e quella dei loro cari. Solo restando isolati potremo superare questa emergenza».
Cosa sta insegnando alla classe politica questa emergenza sanitaria?
«Queste sono cose che segnano. Leggere ogni giorno quel bollettino di guerra fa comprendere come bisogna mettere in campo un serio ragionamento di pianificazione, che sia sanitaria o scolastica, che possa fronteggiare una eventuale futura crisi. Le guerre moderne sono queste: i virus. Anche la nostra attività politica prosegue in videoconferenza, commissioni e conferenze dei capigruppo peraltro sono più lunghe rispetto a quelle che facevamo faccia a faccia. Abbiamo messo da parte l’ordinarietà, ora la priorità è sconfiggere il covid-19».
Che messaggio vuole lanciare ai cittadini del Lazio?
«Accettate i consigli che vi vengono dati, non fate assembramenti, limitate le uscite necessarie. Restiamo più a casa, tutti noi lo stiamo facendo, grazie alle tecnologie riusciamo anche a lavorare da remoto, cerchiamo anche di mantenere contatti attivi attraverso social e telefoni, ma evitiamo di stare insieme».
Questa esperienza, una volta superata la fase, porterà a una ridefinizione degli equilibri politici in Regione?
«No, credo di no. I tempi di guerra sono diversi dai tempi di pace. In tempo di guerra c’è un governo condiviso che mette in campo decisioni nell’interesse della popolazione. Dopo ci sarà una maggioranza che governa la Regione e una opposizione che contrasterà legittimamente la maggioranza e dirà la sua».