IL PRIMO ‘CASO’ DELLA SS LAZIO NUOTO
Quello della società Alma Nuoto è un caso simbolo, visto che dal 1985 ha in gestione la piscina coperta di via dei Consoli (VII municipio), che tra l’altro gli era stata affidata senza gara. Esattamente come quello di un altro impianto sportivo situato in zona Garbatella e gestito per 35 anni dalla Ss Lazio Nuoto. Anche il ricorso al Tar della SS Lazio Nuoto si è risolto la scorsa estate sempre a favore dell’ente comunale, e la società sportiva sarà costretta a fare le valigie entro il prossimo giugno. Queste due società, in realtà, non hanno fatto altro che utilizzare una modifica del regolamento introdotta nel 2006 dall’ex sindaco Veltroni che gli permetteva di chiedere una proroga delle concessioni nel caso avessero messo in campo interventi di restauro, di risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia o di nuova costruzione dell’impianto. Un modo per consentire ai privati di rientrare nell’investimento, questa era la ratio del provvedimento. Ed è proprio in virtù di lavori di manutenzione straordinaria eseguiti nel 2014 che la Alma Nuoto, già destinataria di una serie di proroghe di quindici anni con scadenza al 2030, chiedeva ulteriori otto anni di concessione (fino al 2038), richiesta appena bocciata dai giudici amministrativi.
TAR: NO AD ALTRA PROROGA
na richiesta a cui gli uffici comunali avevano già risposto picche. Anche perché la riforma sulle concessioni degli impianti sportivi, portata avanti dai 5stelle capitolini, mette un doppio paletto ben preciso: non solo l’importo del canone (da versare mensilmente al Comune), ma anche la durata della gestione deve essere determinata sulla base di un piano economico-finanziario presentato dagli stessi concessionari. Quindi sulla base degli investimenti effettivamente destinati alla struttura. Tant’è che il Tar ha ribadito proprio questo concetto.
OPPOSIZIONE ALL’ATTACCO
Di tutt’altro avviso l’opposizione. “Gare che non partono o che non vengono aggiudicate – attacca Marco Palumbo, consigliere capitolino ma soprattutto presidente della Commissione Controllo – costi di concessione troppo onerosi per gli storici gestori. Così, molti impianti sportivi della Capitale restano chiusi, inagibili, condannati all’abbandono e al degrado. Con il giusto proposito di regolamentare la gestione della piccola impiantistica sportiva romana, la Giunta ha generato più problemi che soluzioni. Alla luce delle drammatiche conseguenze, non sarebbe il caso di rivedere le condizioni imposte dal regolamento cercando di andare incontro alle esigenze dei piccoli gestori? La maggioranza rifletta e si apra al dialogo col territorio per capire dove il nuovo meccanismo si inceppa. È interesse di tutti garantire la legalità, ma anche salvare gli impianti sportivi dal degrado e dall’abbandono in cui versano”.