Non solo una notizia positiva per il patrimonio architettonico della città. Ma soprattutto un richiamo per gli amministratori locali. Il vincolo paesaggistico per i villini liberty lungo la direttrice di Corso Trieste decisa dalla Soprintendenza Speciale di Roma e dal ministero dei Beni culturali supera i confini del Municipio II e assume una valenza più ampia, secondo la lettura della minisindaca Francesca Del Bello. “Quanto accaduto è un monito per tutte le amministrazioni pubbliche locali che arriva dalla Soprintendenza in quanto ente di tutela di beni architettonici, oltre che archeologici”. E che ha riconosciuto l’interesse culturale e pubblico del complesso urbano di quest’area, rappresentativo dell’ideale di ‘città giardino’. “Se il Comune avesse assunto questo principio nel 2012, non sarebbe stato necessario far intervenire la Soprintendenza” aggiunge la presidente. In quell’anno, infatti, una delibera comunale stabilì che l’unica area in cui non si sarebbe potuto attuare il piano casa previsto da una legge del 2010, dell’allora governo Berlusconi, era il centro storico di Roma in quanto patrimonio Unesco. “La valutazione che noi invece abbiamo fatto fin da subito è che esiste una città al di fuori dal centro ma altrettanto di pregio, che va tutelata allo stesso modo – spiega ancora Del Bello -. L’esistenza di questa legge è stato un dramma per il nostro territorio, perché di fatto non riconosceva nemmeno i tessuti urbani più pregiati. A meno che, appunto, non venisse posto il vincolo della Soprintendenza. Abbiamo sostenuto una grande battaglia amministrativa per ottenere questa tutela, realizzando un’importante ricognizione su tutti gli immobili per i quali era stato presentato un piano casa con richiesta di abbattimento. Un lavoro puntuale, reso possibile grazie all’apporto fondamentale di Italia Nostra e delle altre associazioni”. “Il nostro municipio ha sostenuto fin da subito le richieste dei comitati e oggi siamo orgogliosi per il raggiungimento di questo grande risultato. La presa di posizione della Soprintendenza è stata molto importante perché, schierandosi a favore della tutela, ha dato modo a Regione e Comune di lavorare insieme, nella stessa direzione”.
Il vincolo
È la prima volta che viene posto un vincolo così vasto, che comprende un intero quadrante di città. “Lo Stato era già intervenuto per vincolare Villa Blanc, anche grazie alle battaglie dell’archeologo e giornalista Antonio Cederna. Ma mai era stato approvata una tutela così ampia e organica”.
La battaglia
Per salvare i villini liberty ha una storia lunga. Che comincia a fine estate 2017, quando si iniziano a vedere nel municipio II i primi effetti dell’approvazione del piano casa e della sua possibilità di andare in deroga ai regolamenti esistenti. “L’esempio più lampante delle conseguenze del piano casa sul nostro territorio è stato il caso di via Ticino. Da quella demolizione e ricostruzione abbiamo avviato una serie di considerazioni. Ho personalmente preparato la nota per chiedere il vincolo su Villa Paolina e ho inviato una lettera molto lunga all’assessore all’Urbanistica del comune Luca Montuori chiedendo che si trovasse il modo per limitare gli interventi del piano casa in alcune zone del nostro municipio”.
Traguardo raggiunto?
Niente affatto. Secondo la minisindaca “c’è ancora molto lavoro da fare. Ad esempio gli edifici realizzati in epoca fascista dall’Istituto Case Popolari, le opere al Tiburtino II e al Flaminio e in piazza Pierin Del Vaga. Sono posti meravigliosi, con un concetto di edilizia residenziale pubblica oggi perso. Solo una parte di loro è vincolata, mentre deve essere sempre più vasta e determinata l’opera di salvaguardia del patrimonio edilizio dell’intera città, con tanti esempi non solo legati agli anni Venti. L’auspicio è che il Comune si sappia dare delle sue regole e che non debba sempre intervenire la Soprintendenza”.