La politica è in fermento in seguito alle dichiarazioni del pentito Agostino Riccardo che ha fa i nomi dei politici che sarebbero stati aiutati dal clan Di Silvio durante le elezioni comunali del 2016 e nelle regionali del 2013. La sua deposizione rientra nell’ambito del processo Alba Pontina. Riccardo ha tirato in ballo Matteo Adinolfi, Nicola Calandrini e Gina Cetrone. Al momento ha commentato solamente l’attuale senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini.
CALANDRINI: RESPINGO MIO COINVOLGIMENTO PER ACQUISIRE VOTI
«In relazione agli articoli di stampa riferiti alle dichiarazioni rese in tribunale nell’ambito del processo “Alba Pontina” – si legge nella nota inviata alla stampa -, intendo fare delle precisazioni. Nel 2013 io e Pasquale Maietta eravamo contemporaneamente candidati lui alla Camera dei Deputati io al Consiglio Regionale ed entrambi facevamo parte di Fratelli d’Italia. Conseguentemente non posso escludere che Maietta, nello svolgere campagna elettorale per lui, abbia richiesto a terzi e quindi anche nell’ambiente calcistico nella sua qualità di allora presidente del Latina Calcio, di votare per me alle Regionali. Ricordo ancora che, sempre in quel periodo (2013), Maietta non solo non risultava coinvolto in alcuna vicenda giudiziaria ma risultava essere una figura politica di primo piano sia all’interno del partito sia per rivestire rilevanti cariche istituzionali cittadine (consigliere comunale eletto e assessore al bilancio). Posso inoltre dire con certezza che io non ho mai incontrato i tifosi, e se anche lo avessi fatto non lo considero una cosa disdicevole. Escludo nel modo più categorico di aver avuto conoscenza della presunta mediazione “specifica” di Maietta per “girarmi” 500 voti dalla curva dei tifosi del Latina Calcio. Dopo di ché le elezioni regionali si chiusero con un bilancio di circa 6.300 preferenze di cui 4.000 nella sola città di Latina, che non furono comunque sufficienti per la mia elezione in Regione. Ad ogni modo, fin dalla mia prima candidatura, nel 2002, il mio consenso elettorale e i voti raccolti sono perfettamente riconducibili a un elettorato storico e consolidato nel tempo. Le persone che mi hanno sostenuto e che mi sostengono tuttora le ho sempre incontrate alla luce del sole e nella più totale trasparenza. Questo è il solo modo che conosco di fare politica e di raccogliere consensi. Respingo quindi con forza qualsiasi allusione circa un mio presunto coinvolgimento per acquisire voti, direttamente o indirettamente, con modalità improprie o addirittura illegali, auspicando che la magistratura possa rapidamente chiarire tutte le presunte circostanze riferite dal pentito Agostino Riccardo».
ADINOLFI: MAI AFFISSO MANIFESTI
Anche l’eurodeputato della Lega Matteo Adinolfi ha rispedito al mittente le accuse. «Con riferimento agli articoli di stampa di questi giorni – si legge – relativi alle dichiarazioni del pentito Riccardo Agostino, secondo il quale in maniera indiretta avrei usufruito della sua attività nel corso della campagna elettorale per le elezioni amministrative del 2016, intervengo per negare con forza la veridicità di tali affermazioni e smentire qualsivoglia illazione o speculazione di natura politica. Va innanzitutto premesso che, come lo stesso Riccardo (e prima di lui Pugliese) ha riferito, mai ho incontrato o mi sono solo relazionato con qualcuno di questi personaggi. Nello specifico di quelle dichiarazioni, per verificarne la veridicità, basterebbe appurare come nel 2016 io non abbia né stampato (né tantomeno affisso) alcun manifesto elettorale con la mia effige o con il mio nome. Per tutta la campagna elettorale del 2016 mi limitai, anche in ragione di una precisa volontà di contenere i costi, a posizionare nei pressi della rotonda di Borgo Piave un solo cartellone ed una vela itinerante, regolarmente rendicontate. Per quanto riguarda i voti, anche in questo caso per smentire fantasiose ed infondate ipotesi, sarebbe sufficiente confrontare i risultati elettorali delle amministrative del 1997 (eletto consigliere comunale con quasi 500 voti) e del 2002 (rieletto con 482 voti) con quelle del 2016 (eletto con 450 voti) per comprendere che il consenso da me ottenuto è rimasto nel tempo del tutto immutato, se non addirittura più contenuto, anche rispetto alla distribuzione nelle sezioni della città. Ogni diversa rappresentazione della realtà storica e fattuale si manifesta, dunque, del tutto falsa, diffamatoria, finanche calunniosa».
COLETTA: LE DICHIARAZIONI DEI PENTITI CI RICORDANO DELL’ESISTENZA DI UN SISTEMA LATINA
Anche il Sindaco Damiano Coletta ha voluto commentare le dichiarazioni del pentito nell’ambito del processo Alba Pontina. «Non voglio essere giustizialista – scrive il primo cittadino -, sono da sempre garantista ma penso che le ultime dichiarazioni dei pentiti nel processo “Alba Pontina” abbiano valore importante: ci ricordano dell’esistenza del “sistema Latina” che aveva stremato e umiliato questa città. Un sistema tentacolare che attraverso alcuni noti personaggi riusciva, direttamente o indirettamente, ad arrivare ovunque e questo è ciò da cui dobbiamo difenderci ad ogni costo, ancora oggi. È nostro dovere continuare sulla strada già intrapresa, quella della legalità, della certezza delle regole e delle procedure. Dobbiamo mantenere alta la guardia affinché non si ripresenti il malaffare che per troppi anni ha condizionato lo sviluppo della città. Penso sia arrivato il momento di condividere queste riflessioni in un incontro pubblico su quella che ormai rappresenta una vera e propria questione morale.
TRANO: INDAGARE SULLO SCAMBIO DI VOTI IN AREA PONTINA
Sulla vicenda si è espresso anche Raffaele Trano, deputato Cinque Stelle. «E’ un momento assai imbarazzante questo per me, per i cittadini della provincia di Latina e per i suoi rappresentanti politici. Le indiscrezioni giornalistiche che volevano un coinvolgimento di una larga fetta di politici del centrodestra in operazioni di compravendita di voti ed altri servizi elettorali collaterali trovano ora ulteriore conferma nelle dichiarazioni dei pentiti. Nessuno vuole sostituirsi ai magistrati, e non siamo neppure al primo grado di giudizio. Dobbiamo pero’ fare i conti con un tessuto sociale dove pacchetti di voti danzano da un politico all’altro grazie alla collaborazione di una mafia autoctona, tutta pontina; Dove ci sono i ponti verso il malaffare, e’ evidente che ci sono anche pontieri che si vestono da Stato e si sostituiscono allo Stato, nelle sue forme e nelle sue propaggini amministrative” afferma. Trano ha sollecitato un intervento del presidente della commissione Antimafia Nicola Morra ed ha ricordato il suo odg gia’ accolto dal governo Conte I in favore del potenziamento della magistratura nelle aree ad alta densita’ mafiosa».