Condanna confermata. Anche per la Corte d’Assise d’Appello di Roma Armando Martufi è stato vittima di un omicidio volontario. E con tale accusa l’imputato Gabbar Singh ha ottenuto in secondo grado solo uno sconto sulla pena, che passa da 16 a 14 anni di reclusione ed esclusivamente per un errore di calcolo fatto nella prima sentenza. Lo straniero, un 36enne, secondo gli inquirenti aggredì il 31 gennaio 2017 il gestore del centro ippico in località Fontana del Prato, a Cori, e Martufi spirò dopo un mese e mezzo d’agonia. Tutto, sempre secondo l’accusa, per dei dissapori legati al denaro che l’imputato, un operaio, reclamava dalla vittima. Nel corso del litigio Gabbar Singh avrebbe colpito il gestore del centro ippico alla testa con una forca, dandosi poi alla fuga, e quel colpo alla vittima, un 55enne, risultò fatale. Martufi venne infatti trovato nel centro ippico privo di conoscenza, trasportato in gravissime condizioni all’ospedale “Goretti” di Latina e ricoverato in rianimazione, dove spirò senza mai uscire dal coma. I carabinieri rintracciarono e arrestarono l’operaio indiano nel giro di ventiquattro ore. Si era spostato prima a Sermoneta e poi ad Aprilia, dove venne bloccato. Si giustificò dicendo che non gli era stata data la paga per tre mesi di lavoro e che per quei soldi aveva discusso con Martufi. Il pm Giuseppe Bontempo, in primo grado, aveva chiesto per l’imputato una condanna a diciotto anni di reclusione, richiesta caldeggiata anche dai legali di parte civile, Emanuele Vari e Amleto Coronella, e il giudice Giorgia Castriota a gennaio aveva condannato l’imputato, accusato sia di omicidio volontario che di rapina aggravata, ma a sedici anni di reclusione e a risarcire le parti civili. Una sentenza ora confermata in appello, riducendo soltanto di due anni la pena.
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