La discarica di Albano si è trasformata di nuovo in un caso di Stato. La società affittuaria dell’immondezzaio, la Colle Verde srl, spinge per avviare subito i lavori di riattivazione del sito: lo dimostrano le immagini aeree esclusive de il Caffè che mostrano l’area del cantiere già in corso di allestimento. Cittadini, associazioni e comitati, al contrario, pretendono lo stop immediato ed urgente dal Tar Lazio. Il 14 novembre hanno a tal fine depositato un ricorso amministrativo e chiesto ai giudici di sospendere quanto prima la strana proroga concessa dalla Regione Lazio per riaprire alla chetichella il vecchio cimitero dei rifiuti, documento che porta la data del 28 ottobre.
LA REGIONE “DITTATURA”
Ma ripartiamo dall’inizio: una ventina di residenti che vivono nei pressi della discarica, sostenuti da associazioni e comitati territoriali, hanno presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per chiedere l’annullamento immediato ed urgente dell’atto con cui la Regione Lazio, il 28 ottobre scorso, ha concesso il riavvio del sito. La Regione ha proprogato così a tavolino l’autorizzazione della discarica scaduta ad agosto 2017. Il sito, nato abusivamente nel 1979 tra le vie Ardeatina e Nettunense, al confine di Ardea e Pomezia, è chiuso e completamente abbandonato dal 30 giugno 2016. Cioè da quando un devastante incendio, dai contorni mai chiariti, ha distrutto il TMB, la fabbrica di balle per inceneritori e scarti da interrare. Nel 2007 l’allora commissario ai rifiuti del Lazio, Piero Marrazzo, decise di far realizzare qui l’inceneritore più grande d’Europa (con mezzo miliardo di sussidi pubblici).
TORNA LA PROTESTA
Una rivolta popolare bloccò il progetto. Quell’impeto potrebbe risvegliarsi con il nuovo ricorso al Tar. Più che un atto giudiziario, sembra difatti un atto di guerra notificato a: Ministero dell’Ambiente, Regione Lazio, Città Metropolitana, Asl Rm 6, Agenzia regionale per la protezione ambientale Arpa Lazio, ma pure ai 10 Comuni ex utenti della discarica (Ardea, Pomezia, Ariccia, Genzano, Marino, Castel Gandolfo, Rocca di Papa, Nemi e Lanuvio, oltre ad Albano), Pontina Ambiente srl (proprietaria del sito) e Colle Verde srl (che ha preso il sito in affitto dalla Pontina Ambiente).
“RINNOVO SENZA CONFERENZA DEI SERVIZI”
“L’autorizzazione integrata ambientale (AIA B-3695 del 13 agosto 2009) – attacca Francesca, una delle ricorrenti che vive non lontano dalla discarica -, cioè il documento che permette alla discarica di funzionare, era in fase di revisione dal 2015, in vista della scadenza. Dopo l’incendio del 2016, la stessa autorizzazione del 2009 è stata sospesa dalla Regione. Il 29 agosto scorso, dopo tre anni e mezzo, l’Autorizzazione è stata “definitivamente archiviata”. Infine, il 28 ottobre scorso è stata resuscitata in modo a nostro avviso illegittimo. La legge parla chiaro – scandisce bene la cittadina – se la revisione ha valenza di rinnovo, come in questo caso, la Regione aveva l’obbligo di convocare una nuova Conferenza dei Servizi, ossia un tavolo inter istituzionale per acquisire osservazioni, proposte, pareri dai vari Enti coinvolti: comuni di Albano, Ardea e Pomezia, Città Metropolitana, Asl, Arpa Lazio e Ministero dell’Ambiente. Ma anche per ascoltare cittadini, associazioni e comitati territoriali che da anni si battono per la chiusura definitiva e la bonifica del sito, cosa che non è ancora avvenuta”.
“NESSUN CONTROLLO”
“Negli ultimi anni, ogni sei e 12 mesi – aggiunge Andrea, un altro dei ricorrenti che abita di fronte l’immondezzaio – la Pontina Ambiente avrebbe dovuto inviare a Regione, Città Metropolitana, Comune di Albano e Arpa una serie di relazioni tecniche contenenti vari dati: qualità dell’acqua dei pozzi-spia, monitoraggio della qualità dell’aria, etc. Relazioni di ‘autocontrollo e monitoraggio’, così si chiamano in gergo tecnico, che servono a dimostrare che la discarica è sotto controllo e non costituisce un pericolo per salute e ambiente”. “Sappiamo per certo che queste relazioni non sono mai state ricevute dal Comune e dalla Città Metropolitana – rincara la dose Silvana, un’altra residente che ha firmato il ricorso al Tar -. Come ha fatto la Regione a considerare valida l’Autorizzazione del 2009 e addirittura a prorogarla per altri 5 anni stando così e cose? Chiederemo che i dirigenti del Comune e della Città Metropolitana – conclude – vengano davanti i giudici a testimoniare”.
“INQUINAMENTO FUORI CONTROLLO”
“Come se non bastasse – spiega Gianluca, uno dei ricorrenti più agguerriti – l’attività dei cittadini e il lavoro di inchiesta del giornale Il Caffè, hanno dimostrato che la discarica è completamente abbandonata a se stessa da anni. Il VII invaso rimane pieno d’acqua per intere settimane dopo ogni pioggia, con il corollario di topi, gabbiani e puzze indicibili che appestano i residenti. I pozzi di aspirazione sono fuori controllo? Le falde hanno subìto ulteriore inquinamento? Perché da più di due anni l’Arpa Lazio non va a controllare?
Lo stato dei luoghi – taglia corto – non permette di considerare valida l’Autorizzazione, questo è fuori discussione. Figuriamoci pensare di prorogarla! In ogni caso – conclude – abbiamo presentato ai giudici copia delle immagini e dei video dello stato in cui langue la discarica da 3 anni e mezzo a questa parte”.
“CAMBIALE IN BIANCO PER ROMA”
“Con questo strano rinnovo, la Regione – spiega Tiziana, altra ricorrente e mamma di due bimbi – ha concesso una cambiale in bianco al Comune di Roma. Mi spiego meglio: il 7°”ˆinvaso e l’annesso TMB nacquero al preciso scopo di “servire” 10 Comuni, indicati nell’Autorizzazione del 2009, ora prorogata. Ma ad oggi quei Comuni hanno raggiunto, anche grazie alla storica battaglia del No Inc, un porta a porta anche dell’80% e quindi non hanno più bisogno di una discarica”. “La Regione – rincara Roberto, che ha firmato il ricorso al Tar – abbia il coraggio di scriverlo che la riattivazione della discarica di Albano serve a ‘salvare’ Roma, perché ai Castelli non ne abbiamo più bisogno”.
“INTORNO ALLA DISCARICA, SI MUORE DI PIU’”
“Non c’è – secondo Simone – un Commissariamento del settore rifiuti, anche se non manca molto. Inoltre, il Piano rifiuti regionale non è stato discusso né votato in Consiglio. Ma allora chi, come e in quali sedi ha deciso che a pagare il prezzo dei problemi di Roma debbano essere ancora i cittadini di Albano, Ardea e Pomezia? L’Eras Lazio, il programma epidemiologico regionale, dimostra che intorno al sito di Albano si muore e ci si ammala di più che nel resto della Regione. Le falde sono state massacrate, lo dice l’Arpa Lazio. E quindi che fare – conclude – riattivare il sito e in più con queste modalità?”.
IN ATTESA DEL TAR, IL CANTIERE CORRE VELOCE
La tabella di marcia per riattivare il TMB”ˆe quindi la discarica prevede tempi record. Il cronoprogramma della Colle Verde Srl pubblicato dalla Regione il 31 ottobre scorso, prevede fine lavori e collaudo del TMB entro il 29 febbraio. E”ˆcosì dal primo marzo arriverà l’immondizia di Roma. Il Sindaco di Albano, Nicola Marini, ha incontrato l’Assessore Valeriani l’11 novembre:”ˆgli ha manifestato “la totale contrarietà dell’Amministrazione comunale al rinnova dell’autorizzazione regionale e ha preannunciato che il secco no verrà fatto valaere presso tutte le sedi politiche, amministrative e legali. La Regione – fa inoltre sapere il Municipio albanese – che valuterà le azioni da intraprendere”.
Il Comune di Ardea, tramite la Commissione Ambiente, ha chiesto con urgenza all’Area rifiuti della Regione – guidata dall’ing. Flaminia Tosini – copia di tutti gli atti relativi alla riapertura della discarica che da 40 anni ammorba nache i quartieri di Montagnano, Montagnanello e Villaggio”ˆArdeatino. Il No Inc annuncia una protesta di piazza ad Albano per sabato 7 dicembre. Una situazione che ha dell’incredibile:”ˆlì c’è inquinamento in corso, ma la Regione si volta altrove. Ora a sbrogliare la matassa saranno i giudici del Tar Lazio.
I cittadini: “stop al cantiere e denuncia penale”
“In attesa della decisione dei giudici – sostiene Romina, la ricorrente più anziana del gruppo – chiediamo che i politici locali e regionali si attivino per bloccare immediatamente l’avvio del cantiere, magari con una sospensiva di questo strano atto regionale. L’area di cantiere è stata già predisposta, ma un sito del genere, dopo tutto quanto successo in questi anni, non si può riattivare ad occhi bendati, come ha fatto l’ingegnera Flaminia Tosini, responsabile dell’Area rifiuti regionale. A proposito della dottoressa Tosini, oltre al ricorso – conclude Paolina – a breve presenteremo anche una querela penale riguardo a questa strana proroga…”.
Daniele Castri e Francesco Buda