IL TAR DI ROMA, IL PIÙ GRANDE D’ITALIA
Il Tar di Roma, poi, è una vera e propria città nella città: il più grande d’Italia, con 64 magistrati in servizio e 11 sezioni attive data la grandezza della città e l’alto numero di residenti. Ma soprattutto l’unico competente per le controversie relative ad atti provenienti anche da amministrazioni statali, come i Ministeri, quindi ha competenza ultra regionale.
L’IMPORTANZA DELL’INDIPENDENZA DEI GIUDICI DALLA POLITICA
Sono una infinità i casi giudiziari che, ogni giorno, i giudici amministrativi affrontano e risolvono con equità e giustizia. Poco importa che si tratti di associazioni e comitati che lottano contro una lottizzazione edilizia su area vincolata, ma sponsorizzata dal consigliere comunale; di un cittadino che ricorre contro la variante al Piano regolatore comunale che non ha trasformato in edificabili i suoi terreni, preferendo magari quelli dell’assessore; di un municipio che si duole per l’esclusione dal bando per la diffusione della raccolta differenziata ad opera della provincia, magari di differente colore politico; di un comune arrabbiato con la regione che intende piazzare una discarica su area agricola compromettendo la campagna elettorale per la rielezione del sindaco; di una società privata estromessa da un appalto per la ristrutturazione di un edificio pubblico perché poco vicina all’amministrazione comunale. Ma anche, più semplicemente, di un genitore che ricorre contro la bocciatura del figlio o un lavoratore che chiede la stabilizzazione contrattuale. Il lavoro e la funzione del giudice sono totalmente diversi da quelli del politico che è chiamato, al contrario, a rappresentare solo e soltanto gli interessi del proprio partito e/o dei propri elettori, per evitare di perdere consenso. Una rappresentanza ‘di parte’ del tutto legittima, ma che si scontra spesso con i principi di equità e giustizia. Il quesito sorge spontaneo: quale credibilità di imparzialità può avere un giudice che negli anni addietro ha rappresentato un certo partito e/o coalizione politica?
LA CORTE COSTITUZIONALE BACCHETTA I MAGISTRATI-POLITICI
Non a caso, di recente la Corte Costituzionale ha negato ai magistrati la possibilità di iscriversi o anche solo di partecipare stabilmente alle attività dei partiti e della politica, pena l’illecito disciplinare. Il rischio di minare la credibilità e l’imparzialità del magistrato agli occhi dei cittadini, secondo la Corte Costituzionale, è troppo alto. Anche i magistrati temporaneamente fuori ruolo per l’esercizio di un incarico politico o istituzionale, sono costretti a passare per le forche caudine della severissima sezione disciplinare della stessa Corte, tenuta a valutare se tale comportamento costituisca un illecito disciplinare.
L’OMBRA DELLA POLITICA SUI MAGISTRATI, NE HA DISTRUTTO LA CREDIBILITÀ
La fiducia nei magistrati e nella magistratura, dopo lo scandalo che ha travolto il Consiglio Superiore della Magistratura (organo di autogoverno della magistratura), è crollata ai mini storici. Presunta corruzione, favoritismi, nomine poco meritocratiche e l’ombra lunga dei politici che mettono il becco nella scelta di ruoli di vertice nella magistratura hanno creato un’onda lunga che ha investito anche la Suprema Corte di Cassazione e creato riverberi nella Procura di Roma. Dopo il pensionamento dell’ex procuratore capo, Giuseppe Pignatone, in carica c’è ancora il reggente e suo ex braccio-destro, il dottor Michele Prestipino. Morale della storia: “tanti magistrati preparati, seri e onesti – ci racconta un togato che lavora a Roma ma che preferisce non comparire – non gradiscono questa invasione di campo e sperano che il nuovo Governo giallorosso ci ripensi. La magistratura e i magistrati sono una cosa, la politica e i politici tutt’altra. I rispettivi ‘giocatori’ – conclude – debbono restare quanto più possibile distanti gli uni dagli altri”. Chissà se il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il governatore Nicola Zingaretti, principale partner del governo giallorosso, avranno voglia di espellere certi giocatori, decisamente poco utili alla causa dell’indipendenza e dell’imparzialità della magistratura, ma ancora prima, alla causa della Giustizia, quella vera, che serve, e tanto, ai cittadini.