«Ci siamo accorti che alcuni gruppi criminali che stavamo monitorando sul territorio – spiega il comandante provinciale dei Carabinieri Gabriele Vitagliano – ricevevano istruzioni dai loro capi, benché fossero detenuti in carcere. Inizialmente non sapevamo quali fossero le due “mele marce” all’interno del penitenziario e ci dovevamo muovere con la massima cautela, il che è stato possibile grazie anche all’aiuto della direzione del carcere». I due anelli deboli che lavoravano all’interno del carcere, in cambio di denaro e stupefacente, permettevano alle persone detenute di ricevere droga, cibo e soprattutto di scambiare con chi era dentro e chi era fuori istruzioni, aspetto più pericoloso. Da dentro il carcere, dunque, venivano tessuti rapporti e alleanze.
Tornano all’attenzione della cronaca, dunque, i Travali, esponenti della criminalità organizzata di Latina. Continuavano a tessere i loro affari all’interno e all’esterno del carcere attraverso l’ispettore che lavorava all’interno. Tramite il cellulare messo a disposizione veniva manutenuto il controllo e permesso di riorganizzarsi all’interno delle celle attraverso spostamenti fatti appositamente.
Da quanto si apprende, in carcere arrivavano oltre alla droga anche cibi prelibati come astici, chiesti dai Travali per fare pranzi di lusso. Da qui il nome dell’operazione. Le indagini, partite nel 2017, si sono dunque articolate in due filoni connessi tra loro. Da un lato è emerso quanto avveniva all’interno del carcere e dall’altro c’era un’organizzazione che si dedicava allo spaccio nel circondario e che dall’esterno riusciva a far entrare nel penitenziario tra l’altro stupefacenti e cibi prelibati.