Studiare diritto in carcere. Può sembrare un ossimoro, ma approfondire i concetti di giustizia, la logica della sanzione come conseguenza; riflettere sui perché e sulle responsabilità è proprio ciò che fa una classe di detenute del carcere pontino. E sono molto di più di un corso, lezioni frontali, gli incontri che la professoressa Daniela Miceli svolge a titolo volontario tutti i lunedì nella casa circondariale di Latina. Qui hanno lavorato con lei le detenute Silvana e Paola, Franca e Concetta le cosiddette “veterane”, Benedetta e Vera le “supporter”, Angela ed Anna Maria, quest’ultime oggi non più a Latina perché trasferite in un altro carcere: sono loro le protagoniste e destinatarie del progetto nella casa circondariale di Via Aspromonte. Hanno lavorato e lavorano con impegno. “Si è instaurato un rapporto cordiale, di rispetto; non si parla mai delle loro storie, a parte qualche confidenza – ci spiega la professoressa – Il loro impegno è costante: se do compiti da fare, li fanno e, a fine corso, sono contente di poter di fare una tesina: è la realizzazione del loro lavoro; la mandano a casa, ne sono orgogliose”. Daniela Miceli, laureata in giurisprudenza, avvocato, ha lavorato 38 anni nella scuola. Ora è in pensione. Ha lavorato a Sezze, a Terracina, a Latina al Vittorio Veneto, ma anche in alcune sedi distaccate. “Ho iniziato circa cinque anni fa, dopo dopo essere andata in pensione – ci racconta Miceli – In carcere c’era già una mia amica che svolgeva attività di volontariato. C’era una ragazza marocchina di 25 anni che doveva prendere la maturità: era davvero molto portata per lo studio; prese il diploma e poi anche la laurea in lingue, a Rebibbia. Ha scontato la sua pena, è uscita e poi si è anche sposata. La sua è stata una bella storia a lieto fine, certo però si tratta di un caso eccezionale: c’è un livello di scolarizzazione molto basso, e molti ritengono di non avere alcuna prospettiva”. Da allora la professoressa Miceli, comunque, non ha più smesso di insegnare in carcere, e lo fa sempre come volontaria: il suo corso oggi va ad intersecarsi con quello del Cpia (centro provinciale di istruzione per adulti) ed arricchisce il curriculum formativo delle detenute. “È una bellissima esperienza e di questo voglio ringraziare tutti: la direttrice del carcere Nadia Fontana, il responsabile dell’area pedagogica Rodolfo Craia, l’educatore Arturo Gallo, la dirigente del Cpia Claudia Rossi e la responsabile di sede Teresa Iazzetta con cui lavoro molto bene”. Il corso è seguito da una decina di persone, quasi tutte donne. Devono avere dei reati abbastanza importanti alle spalle, perché la sezione femminile del carcere di Latina è di alta sicurezza. Gli uomini invece vanno e vengono, perché spesso escono dopo pochi mesi oppure vengono trasferiti. I corsi di diritto puntano sull’idea di essere cittadino, sull’educazione alla legalità: quando si parla di norme e di rispetto le detenute sono recettive. Spesso aleggia il concetto che la “legge non è uguale per tutti”: più un alibi per se stessi, forse, che una reale convinzione. Si riflette sulla Costituzione, sui principi fondamentali; sono stati studiati l’ordinamento e la struttura dello Stato italiano e sono stati approfonditi i concetti di regola e di sanzione, di merito e di legittimità. Poi si parla di regime carcerario: prima bisogna spiegare ai detenuti perché ci sono dentro, molti di loro non si sono mai resi conto delle motivazioni. Si punta ad una consapevolezza delle proprie azioni, sapere a cosa si va incontro.
29/08/2019