Anche quest’anno ad Ardea è stata assegnata la “bandiera nera” per un mare «fortemente inquinato» in almeno due punti di campionamento, nella Foce del Fosso Grande (Incastro) e Foce di Rio Torto. Questa è la fotografia del rapporto della campagna “Goletta Verde” di Legambiente per monitorare e difendere il mare pubblicato appena pochi giorni fa. Insomma, il nuovo depuratore dei Castelli che serve 5 comuni (Albano, Ariccia, Genzano, Lanuvio e Nemi), costato 27 milioni di euro (sborsati dalla Regione Lazio) e avviato ormai nel lontano 2015 non sembra aver mantenuto le promesse per cui era stato costruito: garantire un mare più pulito sulle coste del litorale laziale a sud di Roma.
«Si tratta di un record assoluto – dichiara lo storico Giosuè Auletta – perché da nove anni consecutivi si certifica che Ardea ha il mare fortemente inquinato. A Legambiente, da tempo, avevo chiesto, come ECOMUSEO LAZIO VIRGILIANO, di non limitarsi a fare analisi, cioè a denunciare il problema, ma a cercare di capire quale è il problema visto che anche loro ignorano l’esistenza di un grande bacino idrogeologico come quello dell’Incastro sparito da ogni piano paesistico territoriale (anche da quello appena approvato dalla Regione Lazio) e fatto a pezzi da vari comuni (Roma, Albano, Castel Gandolfo, Ariccia, Genzano, Aprilia), salvo ad utilizzarlo come fogna comune. Forse quest’anno Legambiente ha capito che la parola chiave per risolvere il problema è complessità nel senso che il nostro territorio è un tutto di tante parti interconnesse». Secondo Legambiente nella provincia di Roma sono stati dieci i punti campionati, di cui sette “fortemente inquinati”: a Marina di Cerveteri, al Fosso Zambra; a Fregene, in località lungomare di Ponente, alla foce del Fiume Arrone; a Pomezia, in località Torvaianica, nel mare di fronte alla foce del canale, all’altezza Via Filadelfia (canale Crocetta); a Marina di Ardea, sia alla foce del Rio torto sia alla foce del Fosso Grande; ad Anzio, in località Lido dei Gigli, alla foce del fosso Cavallo Morto – lungomare delle Sterlizie; e a Nettuno, al canale Loricina presso via Matteotti. “Entro i limiti” il giudizio emerso dai campionamenti effettuati a Santa Marinella, in località Santa Severa, sulla spiaggia presso il lungomare Pyrgi, angolo Via Olimpo; a Ladispoli, alla foce Rio Vaccina; a Fiumicino, al canale che delimita a Nord Isola Sacra (Villaggio dei Pescatori); e a Ostia, al canale dei pescatori)».
La soluzione
«Chiediamo ai comuni – aggiunge Giosuè Auletta – soprattutto a quelli dove da decenni i risultati sono sempre pessimi di fare azioni concrete per riqualificare il proprio mare, senza prendere questi dati come un voto al proprio litorale, tantomeno alla propria amministrazione. Emergono chiaramente una serie di situazioni diverse: reflui abusivi, depuratori non funzionanti, insufficienti o sotto sequestro, scarichi fognari delle città interne che arrivano a mare e che vanno monitorate. Gli enti locali devono mettere in campo azioni semplici o complicate ma risolute e decise: bisogna risalire i fossi in cerca di abusivismo fognario, bisogna costruire rapporti e intese con i comuni dell’entroterra, si devono analizzare i parametri e le cause scatenanti dell’inquinamento».
«Troppo poco è stato fatto – conclude Auletta – soprattutto là dove continuano a esserci microrganismi di origine fecale che arrivano in mare. La costruzione di contratti di Fiume può essere molto importante e risolutiva per tanti di questi luoghi perché aggrega comuni, associazioni, enti parco, privati e aziende con l’obiettivo di riqualificare l’ambiente fluviale tutelando la biodiversità»
«Si tratta di un record assoluto – dichiara lo storico Giosuè Auletta – perché da nove anni consecutivi si certifica che Ardea ha il mare fortemente inquinato. A Legambiente, da tempo, avevo chiesto, come ECOMUSEO LAZIO VIRGILIANO, di non limitarsi a fare analisi, cioè a denunciare il problema, ma a cercare di capire quale è il problema visto che anche loro ignorano l’esistenza di un grande bacino idrogeologico come quello dell’Incastro sparito da ogni piano paesistico territoriale (anche da quello appena approvato dalla Regione Lazio) e fatto a pezzi da vari comuni (Roma, Albano, Castel Gandolfo, Ariccia, Genzano, Aprilia), salvo ad utilizzarlo come fogna comune. Forse quest’anno Legambiente ha capito che la parola chiave per risolvere il problema è complessità nel senso che il nostro territorio è un tutto di tante parti interconnesse». Secondo Legambiente nella provincia di Roma sono stati dieci i punti campionati, di cui sette “fortemente inquinati”: a Marina di Cerveteri, al Fosso Zambra; a Fregene, in località lungomare di Ponente, alla foce del Fiume Arrone; a Pomezia, in località Torvaianica, nel mare di fronte alla foce del canale, all’altezza Via Filadelfia (canale Crocetta); a Marina di Ardea, sia alla foce del Rio torto sia alla foce del Fosso Grande; ad Anzio, in località Lido dei Gigli, alla foce del fosso Cavallo Morto – lungomare delle Sterlizie; e a Nettuno, al canale Loricina presso via Matteotti. “Entro i limiti” il giudizio emerso dai campionamenti effettuati a Santa Marinella, in località Santa Severa, sulla spiaggia presso il lungomare Pyrgi, angolo Via Olimpo; a Ladispoli, alla foce Rio Vaccina; a Fiumicino, al canale che delimita a Nord Isola Sacra (Villaggio dei Pescatori); e a Ostia, al canale dei pescatori)».
La soluzione
«Chiediamo ai comuni – aggiunge Giosuè Auletta – soprattutto a quelli dove da decenni i risultati sono sempre pessimi di fare azioni concrete per riqualificare il proprio mare, senza prendere questi dati come un voto al proprio litorale, tantomeno alla propria amministrazione. Emergono chiaramente una serie di situazioni diverse: reflui abusivi, depuratori non funzionanti, insufficienti o sotto sequestro, scarichi fognari delle città interne che arrivano a mare e che vanno monitorate. Gli enti locali devono mettere in campo azioni semplici o complicate ma risolute e decise: bisogna risalire i fossi in cerca di abusivismo fognario, bisogna costruire rapporti e intese con i comuni dell’entroterra, si devono analizzare i parametri e le cause scatenanti dell’inquinamento».
«Troppo poco è stato fatto – conclude Auletta – soprattutto là dove continuano a esserci microrganismi di origine fecale che arrivano in mare. La costruzione di contratti di Fiume può essere molto importante e risolutiva per tanti di questi luoghi perché aggrega comuni, associazioni, enti parco, privati e aziende con l’obiettivo di riqualificare l’ambiente fluviale tutelando la biodiversità»
10/08/2019