‘Espropri maldetti’, potrebbe essere il titolo dell’avvincente saga che si arricchisce sempre di nuovi atti. Procedure allegre e risarcimenti milionari da anni aleggiano come uno spettro sulle casse comunali, e tornano a tenere banco nel dibattito sui conti del Comune, portando con sé storie lunghe mezzo secolo, piani di lottizzazione opachi e contenziosi infiniti. Il conto rischia di essere salato: 20,6 milioni di euro è l’importo complessivo delle pratiche di esproprio con impatto sul bilancio a medio-breve termine. Nella relazione che gli uffici del servizio Lavori Pubblici dell’ente hanno recapitato all’Avvocatura comunale e al Servizio finanziario ci sono, in primis, richieste di indennizzo per espropri per opere pubbliche che non hanno ancora visto, del tutto o in parte, la luce, come gli 850 mila euro per il piano di edilizia residenziale pubblica da attuare sull’area dell’ex Svar, o ancora gli oltre 2 milioni di euro chiesti dalla Fondazione Caetani per i Contratti di quartiere di Latina Scalo. Decisamente più esplosiva, invece, la questione delle opere già realizzate su terreni privati per cui non è mai stato versato un euro ai proprietari, senza di fatto chiudere la procedura di esproprio. Solamente pochi mesi fa era venuta alla luce la spinosa vicenda della rotatoria in Q4 costruita su un terreno di proprietà di una società di costruzioni, che potrebbe celare una tegola da quasi 4 milioni in sede civile, dopo che sia il Tar che il Consiglio di Stato hanno dato ragione (e conferito piena titolarità dell’area) al privato. Molto simile il caso della scuola comunale di Piazza Moro, su cui pende una richiesta di risarcimento da 11,8 milioni di euro avanzata dalla società che era titolare della proprietà di quei metri quadri su cui, all’inizio degli anni ’70, è stata edificata la struttura. Una battaglia legale che vede la prima citazione in giudizio nel lontano 1976, con ricorsi su ricorsi, addirittura in via straordinaria al Capo dello Stato, che impugnavano l’indennizzo provvisorio stabilito dal Comune. Fino al recente ricorso al tribunale amministrativo. Una storia ricostruita in commissione Governo del territorio dalla “memoria storica” dell’ente, il responsabile Espropri Ilario Marino, e che affonda le sue radici in quella che era la procedura di esproprio in quegli anni: occupazione di urgenza dei terreni, con cui veniva dichiarata la “pubblica utilità” dell’opera, senza un’offerta e una contrattazione con il privato, a cui veniva imposta un’indennità provvisoria che però puntualmente non riusciva ad incassare per assenza di soldi nelle casse comunali. Da qui la lunga serie di contenziosi con alla base una richiesta di pagamento, con gli interessi, delle indennità di occupazione non versate negli anni, a titolo di risarcimento del danno per l’illegittima detenzione del bene immobile da parte del Comune, a cui si aggiungono quelle di esproprio che chiuderebbero definitivamente le pratiche. Certo, i 12 milioni chiesti per il terreno di piazza Moro sono frutto di una valutazione fatta dal privato, e si dovrà tener conto della stima di un ente terzo, ossia L’Agenzia del Territorio. Più realistiche, invece, le richieste per altri tre casi poste all’attenzione della commissione, tutte oggetto di citazioni in giudizio in sede civile: un tratto di viabilità in zona Santa Rita (155 mila €), un tratto di parcheggio in via Casilina e dell’area della Marina dove sono stati realizzati i bacini di fitodepurazione (224 mila), e infine un tratto di via Amaseno (157 mila). Tutte situazioni che devono essere sanate: il consiglio comunale dovrà rivotare la “pubblica utilità” e riconoscere gli indennizzi come debiti fuori bilancio. Casi da Corte dei conti, anche se dopo decenni accertare le responsabilità del danno erariale sarà piuttosto improbabile.
12/07/2019