Dopo il ‘caso Totti’, con l’addio dell’ex capitano giallorosso alla squadra del cuore, anche il Campidoglio sarebbe pronto a voltare le spalle alla as Roma. Palazzo Senatorio non ha intenzione di arretrare rispetto ai paletti fissati nella delibera 32 sull’interesse pubblico per la realizzazione dello stadio della Roma. Posizione ribadita nel tavolo tecnico riunitosi ieri, martedì 17 giugno, nell’Ufficio Urbanistico all’Eur: «O si fa come diciamo noi o salta tutto», questa la sintesi dell’ultimatum, così riporta il Corriere della Sera. A fissare la nuova linea dura di Palazzo Senatorio, dopo le inchieste che hanno travolto figure di spicco della compagine M5S dall’ex presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito all’ex numero uno di Acea Luca Lanzalone, adesso sono anche l’addio di Francesco Totti e lo strappo tra i tifosi, pronti a rinunciare all’arena giallorossa in polemica con la società, e i vertici di Trigoria. Il nodo, lo stesso su cui la trattativa si è incagliata da mesi, è la «contestualità» ovvero il sincronismo tra l’apertura dell’impianto sportivo e la realizzazione delle opere pubbliche senza le quali, come ha evidenziato lo studio commissionato dalla sindaca al Politecnico di Torino, la situazione sarebbe «catastrofica» per le ripercussioni su viabilità e trasporti. E però, le parti non sembrano ancora aver trovato la quadra sull’interpretazione della tempistica: un dialogo tra sordi al punto che, ieri, circolavano rumors sul fatto che i proponenti volessero sottoporre la questione al parere di un arbitro terzo. Ipotesi bocciata, l’amministrazione non ritiene sia un passaggio necessario: «Il Comune sa quello che ha deliberato e cosa voleva in quel momento, se Eurnova ha cambiato idea è un problema suo». Per i Cinque stelle la strada è segnata, salvo mettere la pietra tombale sul progetto: «Le opere devono essere realizzate tutte contestualmente allo stadio e tutto concorre all’interesse pubblico, che l’assemblea capitolina ha valutato e approvato con la delibera 32. La Roma non può cambiare gli impegni presi dalla pubblica amministrazione, altrimenti viene meno l’interesse pubblico». Finora la società giallorossa ha spinto per un’altra lettura, legando l’apertura dell’impianto alla realizzazione dei lavori di sua stretta competenza: oltre ai parcheggi, il rifacimento della stazione di Tor di Valle e l’acquisto di tre convogli della Roma-Lido con investimenti per 45 milioni. Soluzione minimalista rispetto al «tutto o niente» del Campidoglio, che permetterebbe di accorciare i tempi. Se non fosse che, dopo il flop alle Europee, a opporsi non sono più soltanto i consiglieri duri e puri, da sempre contrari all’intervento urbanistico. Adesso anche Virginia Raggi e la giunta sembrano voler mollare il progetto, rassicurati dal crollo di popolarità tra i supporter giallorossi. Prova che il clima sia mutato, mentre riprendono fiato i grillini più ortodossi, è il lungo post scritto ieri da Roberta Lombardi. Parole taglienti, quelle della capogruppo Cinque stelle in Regione: «Il business regna anche laddove manca il beneficio per tutti gli altri: i tifosi, i cittadini, la squadra, la città. Ai quali, secondo me, serve ora porgere delle scuse». Mentre monta la protesta contro il numero uno della Roma, James Pallotta, dopo la rottura con l’ex Capitano, è il vice, Mauro Baldissoni, a confermare che per i vertici societari lo stadio rimane un tema cruciale: «Se alla lunga non gli verrà concesso di fare questo investimento – ha ribadito il dirigente ai microfoni di Sky – è evidente che (Pallotta, ndr) potrà cambiare idea, ma non lascerà nulla di intentato». Le ultime vicende, ferme al punto di partenza, non lascerebbero presagire svolte sostanziali. Le parti, tuttavia, hanno concordato di rivedersi tra la fine di questa settimana e l’inizio della prossima per il rush finale, che non è escluso possa segnare un’inversione di rotta.
19/06/2019