Che la morte non sia stata accidentale non sembrano esserci dubbi. I connotati dei due cadaveri trovati nell’abitacolo della macchina sono stati completamente cancellati dalle fiamme, ma che non si sia trattato di un incidente gli inquirenti lo hanno sospettato sin da subito. Nel palazzo del centro di Pomezia dove abita la famiglia di Maria, con la figlia adolescente e la madre di 78 anni, si sono precipitati i carabinieri di Torvaianica poco dopo il ritrovamento dell’auto bruciata. Cercavano proprio la signora a cui la Ford Fiesta risulta intestata. Ore spasmodiche in cui gli inquirenti, chiusi nel più totale silenzio al fine di non compromettere le indagini, hanno atteso i risultati del riscontro sull’identità dei due corpi.
I parenti di Maria, tutti riuniti in caserma a Torvaianica, con le troupe televisive fuori dal cancello, si aggrappano alla speranza. Poi, nella notte, un lamento straziante, “Oddio, mia sorella”. Una giovane donna viene sorretta e confortata da un’altra donna, un ufficiale dei carabinieri, mentre dentro il compagno di Maria continua a rispondere agli inquirenti. Dalla caserma i militari dell’Arma entrano ed escono con volti scuri e passo deciso. Del caso si occupa il nucleo investigativo di Frascati, in collaborazione con la Compagnia di Pomezia. Nessuno parla, nessuno fa domande, del resto non si otterrebbe risposta.
Il compagno esce, da uomo libero, scortato da un altro ufficiale dei carabinieri solo alle 22.30, quasi dodici ore dopo essere entrato. L’espressione è tesa, stravolta, non dice una parola. All’uscita i famigliari di Maria non si avvicinano per parlargli, ma non lo condannano. “Aspettiamo domani, domani sapremo – dicono con rabbia ai giornalisti – La nostra famiglia è distrutta. Rispettate il nostro dolore”.