I tirocinanti amministrativi dell’Ufficio per il processo hanno manifestato martedì 11 in piazza Cairoli contro l’inerzia del ministero nell’attuare un piano di assunzioni «ripetutamente annunciato, e autorizzato dalle norme contenute nella legge di Bilancio e del decreto Quota 100». I tirocinanti amministrativi sono lavoratori che provengono da crisi aziendali — ex cassaintegrati, in mobilità, disoccupati — che hanno aderito a tirocini formativi iniziati nel 2010 attraverso convenzioni tra gli uffici giudiziari, e le Province e Regioni, per reinserire personale nel mondo del lavoro e a tamponare la gravissima carenza degli organici della giustizia. Il rapporto è, poi, continuato direttamente con il ministero della Giustizia, culminando con una selezione destinata all’inserimento di una parte dei tirocinanti nell’Ufficio per il processo . Un percorso durato tre anni. E proseguito con un rapporto di lavoro che è proseguito per otto, «a fronte — spiegano i lavoratori — di un esiguo rimborso spese, e senza contributi previdenziali. L’impegno è terminato il 31 dicembre 2018: lo stesso ministro Bonafede ha definito il nostro impegno “lavoro nero”!». La legge è dalla loro parte, sostengono. Hanno ricordato in piazza: «La legge di bilancio 2019 ha autorizzato l’assunzione di personale giudiziario anche mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento. Anche il decreto-legge n. 4 del 2019, in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni, ha autorizzato il ministero della giustizia, dal 15 luglio 2019, ad assumere 1.300 unità di personale non dirigenziale a tempo indeterminato. A fronte della previsione di assunzione di 600 operatori giudiziari, vi è una massa di tirocinanti amministrativi molto più ampia. La soluzione c’è, basta applicare le norme, perché non siano vani il percorso formativo compiuto e l’investimento che è stato fatto sulle nostre professionalità». È quanto riporta il Corriere della sera di oggi, giovedì 13 giugno.
13/06/2019