DEFLAGRA LO SCONTRO POLITICO GIUDIZIARIO
Il day after scoppia il 23 maggio quando la quinta commissione del Csm, tra i 13 candidati in lizza per Roma, riserva 4 voti su 6 a Marcello Viola, attuale procuratore generale di Firenze, considerato “discontinuo” rispetto al metodo di lavoro di Giuseppe Pignatone, scalzando almeno al primo round il competitor dato per scontato ossia Franco Lo Voi, procuratore di Palermo (1 voto) ritenuto invece in continuità col passato capo, e Giuseppe Creazzo, attuale vertice della Procura di Firenze (anche lui fermo a un voto). L’indomani si scopre che Luca Palamara è indagato per corruzione dai colleghi di Perugia, competenti per i reati commessi da magistrati a Roma. Il caso deflagra. Il magistrato romano è accusato di aver intascato soldi e viaggi e persino un anello per un’amica dall’imprenditore Fabrizio Centofanti (un ‘faccendiere’ a sua volta arrestato a Roma nel 2018 nell’ambito dell’inchiesta sulle sentenze pilotate al Consiglio di Stato). Secondo l’accusa Palamara è interessato su più fronti a muovere le pedine nomine, mirando al posto di procuratore aggiunto a Roma e sperando di piazzare un non-nemico al vertice della procura di Perugia (che indaga su di lui), ma anche di pilotare la partita di Roma, la più importante. Ma è spiato e non lo sa, nemmeno l’immagina. I finanzieri, su ordine di Perugia, gli avevano attivato nel telefonino una microspia in grado di intercettare anche conversazioni di presenti, poi a scandalo scoppiato finite pubblicate sulla stampa.
LE NOMINE CHE AVVELENANO IL CSM
Si scoprono allora le discussioni per pilotare le nomine. Parlottii che ora riaprono la partita della poltrona di Roma, visto il susseguirsi di colpi di scena. L’indomani si scopre che a Perugia è indagato anche il pm romano Stefano Rocco Fava, autore nelle settimane precedenti di un esposto contro l’ex capo, Pignatone, risentito per essere stato estromesso dall’inchiesta sul Consiglio di Stato (che appunto aveva coinvolto Centofanti, il presunto foreggiatore di Palamara) e con la quale sperava di chiudere un’altra retata di arresti. Lo si accusa di favoreggiamento a Palamara: avrebbe rivelato dettagli sull’inchiesta aperta a Perugia sul collega. Ma c’è un particolare che è sembrato sfuggire alla grande stampa. Palamara aveva saputo dal collega di corrente (capogruppo di Unicost al Palazzo dei Marescialli) Luigi Spina, della sua scomoda inchiesta per corruzione a Perugia avviata proprio da Pignatone. E che comunque Fava, ritenuto magistrato irreprensibile, non conosceva, né poteva conoscere, la denuncia di Pignatone contro Palamara perché riservata e mai passata per il suo ufficio. I colpi bassi, però, non finiscono. Palamara consiglia, negli stessi giorni, di dare in pasto alla stampa l’esposto di Fava contro Pignatone, approfittando della delusione del collega per l’inchiesta passata ad altre mani. In questo modo Palamara avrebbe voluto gettare ombre su chi lo ha denunciato. E il terremoto è servito.
Ipotesi di scioglimento del Csm
Se non si cambia rotta si potrebbe giungere all’ipotesi scioglimento per il Csm. Difficile la sostituzione dei consiglieri coinvolti nel mercato delle nomine in tempi stretti. Magistratura indipendente sostiene i suoi uomini. Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre tutti e tre di Mi: “Non devono dimettersi”. Gianluigi Morlini di Unicost non ha la corrente alle spalle, ma la sua posizione resta identica a quella dei colleghi. E così il Consiglio non cambia rotta rispetto alla narrazione delle intercettazioni delle toghe che partecipavano agli incontri organizzati da Luca Palamara con i parlamentari Luca Lotti e Cosimo Ferri, entrambi Pd, per indirizzare gli incarichi al vertice delle procure di Roma e Perugia. L’unico a rassegnare le dimissioni dal Csm è stato il consigliere togato Luigi Spina, indagato a Perugia per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio per aver rivelato a Palamara che era indagato. “Voglio dimostrare” si giustifica Palamara “che non sono e non sarò mai un corrotto”. Aggiungendo: “Non ho mai piegato la mia funzione a fantomatici interessi del gruppo Amara (l’avvocato tra i prinicipali indagati nell’inchiesta delle sentenze comprate in Consiglio di Stato, ndr)”. Tirando in ballo così un altro magistrato di massimo calibro.