Niente più ripubblicizzazione, finanza speculativa, dispersioni idriche aumentate e soldi al socio privato anche stavolta. Sono i punti salienti che emergono dal nuovo bilancio consuntivo di Acqualatina Spa (vedi anche articoli in basso). Lo hanno votato il 7 maggio scorso all’assemblea tutti i Sindaci dell’asse Forza Italia – PD – Fratelli d’Italia. La “triade di partiti per una una spartizione di potere della società Acqualatina”, per dirla con l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari, Mara Mattioli, ordinò gli arresti dell’operazione Olimpia. Cioè l’inchiesta sul malaffare, tra politici, calcio e appalti al Comune di Latina.
IL GIOCO DELLE PARTITE PREGRESSE
Il bilancio ha riportato intorno agli 11 milioni di euro come utile di esercizio. Un bel flusso di cassa positivo, si direbbe. Come hanno fatto, se l’acqua fatturata – cioè i soldi delle bollette – è comunque a livelli penosi rispetto ai volumi di “merce” immessa nelle reti? Grazie soprattutto alle “partite pregresse”, gli strani conguagli appioppati agli utenti per coprire ineficcienze e perdite di gestione del periodo 2006 – 2011. 56 milioni di euro a carico degli utenti, spalmati dal 2016 fino a tutto il 2021. Morale: puoi gestire come ti pare e fare tutti i debiti che vuoi, tanto tutto viene ripianato con le bollette. Ebbene, i soci – il privato Idrolatina e gran parte dei Sindaci – hanno deciso di spartirsi il 20% di quegli utili.Circa un milione e 100mila euro ai Comuni. Quasi altrettanto a Idrolatina Srl, controllata dalla multinazionale francese Veolia.
UTILI… INUTILI PER I COMUNI
Se per il privato è liquidità tutta da godere, per i Comuni che ci hanno messo il patrimonio costruito in decenni di sacrifici dei nostri padri e nonni (reti, depuratori e altri impianti), sono comunque briciole. Basti pensare che per il Comune più grande tra i soci pubblici, Latina, parliamo di circa 250mila euro: una cifra minima rispetto alle esigenze del capoluogo.
Assai cocente è un’altra conseguenza di questo nuovo bilancio. Almeno per la marea di cittadini che proprio da Latina, Aprilia e dintorni, diedero il via al referendum per l’acqua pubblica tenutosi poi a giugno 2011 e finora sempre affossato da politici e governanti a tutti i livelli. Con la decisione di spartirsi gli utili in un sol boccone i politici e Sindaci della “triade” partitica si sono rimangiati sei anni di percorso per rimettere in mani totalmente pubbliche il servizio idrico dato in concessione ad Acqualatina fino al 2032. Infatti, i Sindaci all’unanimità – compresi quelli berlusconiani, i dem e gli affratellati della Meloni – avevano deciso di accantonare gli utili come tesoretto con cui comprarsi il 49% di quote detenute dal socio privato.
DEMOCRAZIA SOSPESA
Il faticoso patto tra i Sindaci era stato votato all’unanimità il 3 agosto 2013 e poi il 30 settembre 2016, con il sindaco Coletta di Latina a fare da gran tessitore e mediatore tra tutti i colleghi, con la benedizione (almeno a parole) del presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Il Consiglio di amministrazione di Acqualatina, dove sono rappresentati Forza Italia, PD e Fratelli d’Italia, ha azzerato questa faticosa maratona che sembrava in dirittura d’arrivo. Mancava solo la quantificazione del prezzo da pagare per le quote del privato. E così il referendum del 2011 ha trovato l’ennesimo sabotaggio.Tutti si dicono per l’acqua pubblica, ma nessuno sembra essersi accorto di questo nuovo colpo alla democrazia congegnato e sferrato proprio nel territorio da cui è partita la spinta maggiore per il referendum sull’acqua Bene comune. Hanno votato contro il bilancio che ha prodotto questi effetti, oltre allo stesso sindaco di Latina, Formia e Ventotene. Aprilia, anche stavolta, non si è nemmeno presentata. Muti gli stessi grillini che tanto parlavano e parlano di acqua pubblica. Come a Roma, dove il colosso Acea fa il comodo suo.
Come mai? Intanto – come spieghiamo nel dettaglio nei due articoli qui sotto – nel 2018 le dispersioni sono aumentate, il fatturato è sceso, e la società è ancora infettata dai titoli derivati della finanza speculativa.
Più dispersioni, più acqua immessa, ma il fatturato cala!
Nel 2018 le perdite idriche non solo non sono scese, ma sono aumentate, passando dal 70% al 72%. Record assoluto per Acqualatina che nel 2002 ha preso in mano le reti dei 38 Comuni al grido di “efficienza, efficacia, economicità”. Loro distinguono tra dispersioni fisiche (acqua persa nelle reti scassate) e amministrative (acqua non pagata da occulti consumatori finali). Ma la musica non cambia, semmai peggiora. Dai gloriosi nuovi pozzi, specialmente a Formia e dintorni, e dai nuovi allacci, non è stato prelevato nemmeno un litro d’acqua… La mitologica, ideologica siccità si conferma come foglia di fico a copertura di cose inconfessabili. L’acqua, nonostante le ridotte piogge, c’è stata ed è stata portata nelle tubature in misura addirittura maggiore rispetto a sempre. Il Rapporto informativo 2018 spiega che hanno immesso negli acquedotti 134 milioni e mezzo di metri cubi di acqua potabile. Quasi 10 milioni in più rispetto al primo anno della sua effettiva operatività. Il volume più grande mai registrato da Acqualatina. Ben 534 litri a testa per ognuno dei 690mila abitanti del territorio servito. Ma ai rubinetti ne risultano arrivati, mediamente, solo 193,5 pro capite. Meno dei 320 litri al giorno previsti dalla normativa regionale del Lazio (Piano regolatore generale degli acquedotti del Lazio). Uno sforzo immane per riuscire a consegnare nemmeno un terzo dell’intero fiume prelevato, depurato e pompato in rete. E ancora: solo per l’elettricità, seconda voce di spesa per Acqualatina visto che serve a spingere l’acqua in tubature e serbatoi, i vari Rapporti informativi annuali parlano di circa 10 i milioni di euro l’anno. Un fiume di quattrini in corrente elettrica per acqua che per due terzi non abbevera, non lava, non serve nessuno. Nell’ultimo bilancio approvato, i soci di Acqualatina Spa dichiarano utili e se li spartiscono. Ci si aspetterebbe dunque una crescita del fatturato, cioè dei soldi da incassare sulla “merce” prodotta. E invece no. L’acqua pompata e immessa in rete sulla quale Acqualatina ha emesso bollette è addirittura meno di quella fatturata nei due esercizi precedenti. È come se un panettiere produce una montagna di pane in più, svuota il negozio, ma batte meno scontrini. Nel 2018 infatti i volumi idrici caricati in bolletta sono circa 34,6 milioni di metri cubi, mentre in ciascuno dei due anni prima quel volume era stato di oltre un milione di metri cubi in più. Significa che l’efficienza non è quella delle narrazioni ufficiali. Questa realtà emerge spulciando i Rapporti informativi dello stesso gestore. La solita storia: da una parte si esulta per i grandi valori e risultati, ma altre carte documentano ben altro. Ad esempio, è il caso dell’arsenico, della presunta scarsità di acqua o dell’intricato e rischioso finanziamento (vedi riquadro) da 114,5 milioni di euro: prima tacquero o negarono tutto, ma poi gli abbiamo dimostrato il contrario e dovettero ammettere. Colpisce un altro numero, per chi ha memoria. I 14 milioni e mezzo di euro per la lotta alle dispersioni. Tanto pretese Acqualatina già dal 2005, cioè l’anno successivo all’avvio della sua effettiva operatività. Somme ovviamente da rastrellare tramite le bollette. La richiesta fu spinta anche mettendo in mora i Sindaci: l’allora amministratore delegato gli intimò di sbrigarsi ad approvare questo ulteriore salasso. E i Sindaci maggiordomi approvarono. Coi risultati che qui dobbiamo purtroppo ancora una volta raccontare.
Finanza tossica e interessi da paura
L’ultimo consuntivo di Acqualatina conferma una nostra storica inchiesta. La società è invischiata nel giro della finanza speculativa tramite gli swap. Forse qualcuno ricorderà questa parola, utilizzatissima per indicare uno dei principali incriminati per la crisi mondiale scoppiata nel 2008. Rientrano tra i cosiddetti derivati, spesso ribattezzati “titoli tossici”. La relazione al bilancio 2018 parla di prodotti finanziari derivati con elevato rilievo di rischio. Sono meccanismi e operazioni complicatissime, che di solito nessun Sindaco, nessun Assessore, né Consigliere comunale o altro rappresentante dei cittadini conosce. È roba da super-tecnici delle banche d’affari, solitamente nemmeno scambiata in borsa, che alcuni controlli pure ce li ha. Sono titoli mercanteggiati invece nei mercati OTC, cioè over the counter: in italiano si dice non regolamentati. È chiaro il tipo di scommesse finanziarie? Questi titoli fungono da assicurazioni per mettere al riparo la banca dal rischio delle fluttuazioni dei tassi di interesse e garantiscono la restituzione dei soldi prestati. Il prestito in questione è quello di 114,5 milioni ottenuto nel 2008 dalla tedesca Depfa Bank, ora FMS Watermanagement, nel triplo ruolo di agente, banca finanzatrice e creditore garantito, con la possibilità di stipulare contratti finanziari con se stessa. Il tutto a condizioni enormente a favore della banca e garantito con i pegni sulle quote di 10 Comuni soci, senza che però sia mai stato messo nei rispettivi bilanci comunali. Addirittura, stabilisce quel contratto finanziario, se un Comune vuole aumentare le proprie quote in Acqualatina deve prima farsi dare il permesso dalla banca stessa. Come può ancora dirsi che non hanno privatizzato l’acqua? Tutto ciò fu ratificato da 10 sindaci o loro delegati il 22 dicembre 2012 (tra i Comuni inguaiati ci sono Latina, Sabaudia, Cisterna, Terracina). Il finanziamento nel 2008 è stato inizialmente negato dallo stesso presunto controllore di Acqualatina, la Segreteria tecnico operativa presso la Provincia. Anche qui, dopo che gli dimostrammo il contrario dovettero ammettere. Ma giurarono che non comportava rischi per i Comuni e per la società. E allora perché l’ultimo bilancio indica 10milioni e 383mila euro come fondo per eventuali operazioni a copertura dei rischi del finanziamento? Inoltre, Acqualatina per quel prestito ha sborsato un milione e 885mila euro sotto forma di net swap sugli interessi, solo per il periodo 31 dicembre 2017 – 31 dicembre 2018. Oltre agli interessi sul capitale. Un vero affare.