IL TEVERE AL POSTO DEL LAGO DI BRACCIANO
C’è da scommettere che nonostante la primavera piovosa, anche quest’anno la crisi idrica interesserà la Capitale soprattutto nei mesi di luglio e agosto. Il nuovo potabilizzatore verrà utilizzato da Acea – così si legge tra le carte che il nostro giornale ha potuto visionare – soprattutto nei mesi estivi, giugno, luglio, agosto e settembre, per soddisfare il consumo idrico nel periodo di maggiore siccità. Ma anche per fornire un ulteriore apporto di acqua potabile a tutto il bacino Ato 2 in caso di bisogno nei restanti mesi dell’anno, in sostituzione dei prelievi dal lago di Bracciano. Prelievi che andavano avanti dal lontano 1990 e che sono stati bloccati a luglio 2017 dal Governatore del Lazio nonché Commissario dell’emergenza idrica regionale (mandato poi scaduto a febbraio scorso), Nicola Zingaretti, a causa del consistente abbassamento del livello dell’acqua nel cratere vulcanico di Bracciano determinato dalla grave crisi idrica che ha colpito il centro Italia.
PROGETTO LAMPO E VIE PREFERENZIALI
Il progetto è stato proposto da Acea il 13 dicembre 2017 e approvato, almeno in via preliminare, dopo appena sette giorni, il 20 dicembre successivo, dalla Conferenza dei Sindaci e dei Presidenti delle Province, ovvero dai 112 Comuni serviti da Acea Ato 2, senza che nessuno battesse ciglio. Per di più assegnando al progetto, come richiesto dalla municipalizzata di Roma, la pubblica utilità: vale a dire una corsia preferenziale che garantisce tempi rapidi e poche ‘scocciature burocratiche’. Il 21 febbraio 2018 , poi, è stata convocata la Conferenza di servizi decisoria, ovvero il tavolo tecnico che il 13 aprile successivo ha dato l’ultimo e decisivo via libera al progetto, dopo una istruttoria lampo durata appena 51 giorni. Una velocità record, considerando la durata media di approvazione dei progetti pubblici e privati nel Lazio che supera ampiamente i 24 mesi, ma soprattutto tenendo conto delle innumerevoli criticità igienico-sanitarie e ambientali che incombono sul progetto. Al tavolo istituzionale hanno preso parte ed espresso parere favorevole: Comune di Roma, Asl Roma 2, Regione Lazio, Istituto Superiore di Sanità, Autorità di Bacino dell’Appennino Centrale, Ministero dei Beni Culturali e Autorità di Demanio. L’Unico Ente a chiamarsi fuori dal coro di “sì” ed a definirsi “non competente” è stato il Dipartimento di Tutela delle acque, suolo e risorse idriche della Città Metropolitana di Roma.
SAREBBE MEGLIO AGGIUSTARE LA RETE COLABRODO
Nel progetto di Acea per portare l’acqua del Tevere nei rubinetti dei romani, non si parla della necessaria e improcrastinabile risistemazione della rete idrica. Un colabrodo che nel Lazio si perde per strada circa il 49% dell’acqua immessa in conduttura (dati Regione Lazio): Acea dichiara di distribuire 361 milioni di metri cubi l’anno in Ato2. Ma quasi la metà, 176 milioni e 890mila metri cubi vanno dispersi. Dunque basterebbe evitare di disperdere poco meno del 9% di quanto viene attualmente immesso in rete per ottenere i 43 mila metri cubi al giorno di acqua potabile (di sorgente anziché di fiume zeppo di scarichi). Dunque un volume annuo pari a 15 milioni e 695mila metri cubi, che ora vogliono produrre trattando le acque del Tevere. La vera risistemazione delle reti dovrebbe essere avviata di pari passo anche con una svolta nella gestione politico-culturale dell’acqua potabile che non dovrebbe essere più usata per water, autolavaggi, uffici, industrie e agricoltura e per annaffiare i giardini etc. Nel progetto Acea non si parla nemmeno di una seria programmazione in grado di aumentare la portata e il livello del lago di Bracciano: convogliamento delle acque piovane, costruzione della dorsale di collegamento con il fiume Nerina, stop ai prelievi e pozzi abusivi in tutta l’area, etc. Gli Enti che hanno dato il via libera al potabilizzatore, principalmente la Regione Lazio e il Comune di Roma, non hanno nemmeno concertato con Acea un recupero più generale del fiume Tevere, come avvenuto nel recente passato per la Senna a Parigi o per il Tamigi a Londra.
IL RISANAMENTO PUÒ ATTENDERE
Una operazione di risanamento ambientale che richiederebbe tempo e risorse, ma che permetterebbe l’individuazione e la bonifica di tutti gli scarichi civili e industriali che sversano nel fiume per migliorare la qualità delle acque. Attività, queste, associate di solito anche alla reintroduzione di flora e fauna acquatica, alla creazione di aree verdi tutelate, al ripristino degli argini spesso oggetto di abusivismo e degrado. Operazioni che, entro certi limiti, hanno permesso di rendere di nuovo balneabili anche i fiumi che attraversano le grandi capitali europee.
Ma del resto per certi amministratori e lobby è più facile ricorrere alla solita emergenza che facilita il lavoro di tutti: politici, dirigenti regionali e comunali, burocrati ministeriali, tecnici privati e aziende appaltatrici. Ma non ai cittadini. Per riparare le reti, occorrerebbero tempi biblici, per dare da bere il Tevere alla gente, sono stati ‘supersonici’: il 14 marzo 2018 Acea aveva già “chiuso le procedure di affidamento dei lavori del potabilizzatore”, dice un documento ufficiale. Cioè, prima ancora che si concludesse la Conferenza dei servizi e prima che le Autorità pubbliche avessero completato il vaglio del progetto e dato l’ok.
COME VERIFICHERANNO LA POTABILITÀ?
Il cantiere si è concluso a novembre 2018, anche se l’impianto ancora non è entrato in funzione. La ‘silenziosa’ presentazione si è tenuta il 12 dicembre 2018, nel quartier generale Acea, in piazzale Ostiense, a Roma. Il giorno dopo, gita per pochi intimi all’impianto, in località Grottarossa. Il gestore ha portato i fortunati invitati in via Vitorchiano, su un’ansa del Tevere a Roma nord. All’evento non c’era la Regione Lazio, che pure ha curato buona parte dell’iter con l’ingegner Mauro Lasagna. C’erano invece alcuni esponenti delle Autorità di vari ambiti idrici di Lazio e Toscana, l’Asl Roma 2, l’Agenzia regionale protezione ambientale del Lazio, la Asl di Milano. Finora nessuna autorità di salute pubblica ha fornito dati precisi, chiari ed esaustivi su come monitoreranno la qualità delle acque del Tevere da far bere alla popolazione.
Per gennaio 2019 è attesa l’entrata in funzione.
Muti i politici comunali e regionali
Amministratori comunali, politici regionali e dirigenti di Acea si sono cuciti la bocca sul potabilizzatore del fiume Tevere. Eppure i rischi igienico sanitari dell’intera operazione sono fin troppo evidenti. Tra l’altro, l’impianto è stato approvato mentre la municipalizzata era guidata dall’ex presidente di Acea, l’avvocato Luca Lanzalone, mandato dai vertici nazionali del 5Stelle ad assistere la sindaca Raggi sul pasticcio del nuovo stadio della Roma, e poi arrestato. Era stato nominato anche Vicepresidente di Utilitalia (la lobby dei gestori idrici, energetici e dei rifiuti): in tale doppia veste Lanzalone non ha comunque detto nulla riguardo il potabilizzatore alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati, dove il 1° agosto scorso lo hanno sentito nel corso della “indagine conoscitiva sull’emergenza idrica e sulle misure necessarie per affrontarla”. Eppure l’impianto era già in fase avanzata di progettazione. Lo dice anche un documento dello stesso 1° agosto 2017, firmato dall’allora capo della Segreteria tecnico operativa dell’Ambito idrico romano: il documento descrive il “potabilizzatore” come “pilastro fondamentale dell’azione necessaria per fronteggiare l’emergenza in atto e altresì per scongiurare future nuove emergenze”.