E I CENTRI STORICI?
Purtroppo non sarà possibile godere dei vantaggi offerti dalla nuova legge per recuperare vecchi palazzi nobiliari, palazzine sorte durante il boom economico degli anni ’50, ’60 e ’70, case cantoniere, stazioni, binari ferroviari, qualora situati in centro storico. Una caratteristica, quest’ultima, che sembra contraddire lo spirito a cui dovrebbe invece ispirari l’attività politica regionale: riutilizzare il suolo e il patrimonio edilizio esistente che giace in stato di totale abbandono, per limitare l’erosione inutile di suolo, uno dei mali della nostra società. Una contraddizione non da poco visto che 1/3 degli edifici da recuperare nel Lazio, per la precisione 49mila e 353 immobili “cadenti o in rovina”, sono situati proprio nei centri storici (fonte Istat). Discorso diverso per gli immobili dedicati alle attività produttive e commerciali e le palazzine residenziali situate in periferia. Questa legge costituirà un volano per i circa 100 immobili (fonte Istat) che rispecchiano tale prescirzione e che potranno essere quindi ristrutturati ed eventualmente ampliati senza oneri per i proprietari.
LA LEGGE IN PILLOLE
La legge prevede cinque diverse tipologie di recupero immobiliare. Il primo: “Programma di rigenerazione urbana” (art. 2), ovvero la possibilità di costruire nuovi “interventi urbanistici e edilizi ” su aree urbane degradate o in alternativa di recuperare “complessi edilizi e edifici esistenti, ma dismessi o inutilizzati”. Il secondo: la “riqualificazione ed il recupero edilizio (art.3) di immobili esistenti” che consentirà di ottenere “il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva rispetto a quelle preesistenti nella misura del 30% (che contempla, ndr) anche il possibile mutamento delle destinazioni d’uso degli edifici”. Il terzo è il “cambio di destinazione d’uso”; il quarto il “miglioramento sismico e l’efficientamento energetico”; il quinto gli “interventi diretti”, ovvero l’ “incremento fino ad un massimo del 20% della volumetria esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10%”. Solo le disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici potranno essere applicate anche per gli immobili situati nei centri storici, ma “previa autorizzazione – così si legge nell’articolo 4, comma 5 – della giunta comunale”.
COME SCARDINARE I PRG
Con la legge ‘speciale’ sulla ‘Rigenerazione Urbana e recupero edilizio’ la Giunta Zingaretti sembra voler dare una mano ai cittadini e agli investitori privati a ‘scardinare’ i Piani Regolatori Generali, o P.R.G. comunali, per aiutarli ad avviare nuove attività economiche (o ampliare attività già esistenti) su area agricola, commerciale e industriale. La nuova legge consente difatti il cambio di destinazione d’uso anche in deroga alle procedure ordinarie. Il quesito però sorge spontaneo: non sarebbe stato meglio chiamarla con un altro nome?
Ecco i dettagli della legge regionale
Si potrà godere dei vantaggi offerti dalla nuova legge anche su aree agricole, ma in modo condizionato. In parole povere, sarà possibile ampliare costruzioni già esistenti o costruire nuove strutture immobiliari anche in zona agricola, purché si tratti però di aree già urbanizzate. In questi casi, sarà possibile ottenere anche un aumento di cubatura del 20%.