Che l’attività ludica sia il mezzo più comune per unire le diverse identità e rafforzare i rapporti interpersonali non è certo una novità. L’era del digitale, in fondo, ce lo ha dimostrato più volte: il gioco permette di collegare tra loro persone tra le più disparate parti del mondo, senza per forza dover condividere lo stesso linguaggio, le stesse tradizioni o le stesse abitudini. Quello che sembra davvero innovativo è, invece, il progetto adottato dal Liceo statale Meucci di Aprilia: un workshop (letteralmente “laboratorio”) completamente incentrato sull’attività ludica “di strada” che andrà a coinvolgere, in più appuntamenti, i ragazzi dell’alternanza scuola-lavoro insieme agli ospiti della cooperativa La Pergola, inseriti nel progetto Arte Migrante. Il progetto Playground (“campo di gioco”), coordinato da Marianna Frattarelli e Emily Dellheim, è finanziato in primis dal MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma, che a sua volta si avvale della collaborazione di ECCOM – Idee per la cultura e dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia (ICDe). L’avvio dei laboratori è stato affidato all’associazione no profit Liscìa, insieme all’aiuto di Cristina Gasperin, impegnata in metodologie non formali di educazione e laboratori di partecipazione, e Ginevra Sammartino, esperta di mediazione interculturale. La tradizione del gioco da strada è l’elemento portante del progetto: studenti e giovani ragazzi diventeranno dei veri e propri Player-giocatori in spazi che favoriscono interazioni dinamiche e che conducono alla perdita della propria connotazione identitaria: l’obiettivo è infatti creare sinergie e sviluppare empatia tra i partecipanti. Una struttura semplice, ma efficace: il “campo” si trasforma in una plancia di gioco in cui posizionare pedine (micro strutture ludiche), si passa poi alla riproduzione di quelli che tutti conosciamo come strumenti di misurazione – squadre, pantografi e compassi – creati con pochi e semplici materiali. Non solo gioco da strada, dunque, ma anche design ed elementi geometrici: il cerchio, il quadrato e il triangolo, figure elementari che hanno accompagnato i nostri primi passi verso l’istruzione, diventano qui elementi portanti dell’azione e dell’obiettivo del gioco. La parte più interessante è però la completa assenza di regole: Play with Ground lascia infatti il giocatore libero di creare le proprie direttive e i propri metodi di gioco. Venerdì 8 marzo si è tenuto il primo appuntamento per gli studenti del liceo Meucci, si proseguirà poi il 29 marzo con Francesca Berti, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Educazione dell’Università di Tübingen (Germania), per poi chiudere insieme al collettivo di architetti “Orizzontale” nelle giornate dell’11 e 12 aprile. Una dei momenti più importanti del progetto Playground sarà però la visita alla mostra La Strada: Dove si crea il mondo a cura di Hou Hanru presso il MAXXI di Roma: qui si darà un ulteriore contributo alla visione del concetto di “gioco da strada”, invitando i partecipanti ad intervenire sui temi della mostra e ad arricchirli con processi di co-progettazione. Ultimo step, il test presso il Museo del Mare e delle Migrazioni di Genova, dove il progetto migrerà coinvolgendo nuove realtà e creando nuove unioni. Sono sempre più numerose le strutture e le istituzioni che adottano il gioco con una prospettiva diversa dal puro piacere ludico: qui si vuole creare integrazione, sinergia e armonia tra identità diverse. Concetti spesso sottovalutati o, nella peggiore delle ipotesi, demonizzati; ma è proprio il gioco ad insegnarci che, spesso, basta una corda o un pallone per unire e rafforzare i rapporti.
Elisa Mariani
15/03/2019