Le indagini hanno preso in esame un arco temporale di circa dodici mesi, ricostruendo nel dettaglio un centinaio di furti commessi dal gruppo criminale, partendo da quello commesso a Latina presso l’abitazione di un professionista il 15 ottobre del 2017, in seguito al quale venne ucciso Domenico Bardi e ferito Salvatore Quindici, sorpresi dal figlio del padrone di casa che aveva esploso svariati colpi di arma da fuoco mentre i due fuoriuscivano dal balcone dell’abitazione.
Due telefoni cellulari ed una postepay sequestrati in quell’occasione hanno consentito, attraverso una sofisticata analisi del traffico telefonico e delle tracce telematiche della carta, di ricostruire il modus operandi del gruppo criminale, che si è rivelato assolutamente inedito. Le vittime dei raid, infatti, venivano individuate per mezzo di visure delle targhe delle auto a bordo delle quali si recavano presso teatri o ristoranti, mediante accessi al portale ACI/PRA con pagamento tramite postepay.
Si tratta di un gruppo ben collaudato, originario del Rione Traiano di Napoli, i cui componenti, specializzati nei furti in abitazione, colpiscono soprattutto nel corso dei fine settimana, effettuando vere e proprie trasferte criminali in numerose città dell’Italia centrale, dalla Campania alle Marche. Grazie alle intercettazioni, all’analisi dei tabulati telefonici e delle transazioni che avvenivano con carte postepay intestate ad amici e conoscenti dei criminali, è stato accertato che il capo del gruppo si avvaleva della collaborazione degli altri sodali, utili nella pianificazione delle trasferte, prendendo essi parte alla maggioranza dei furti ed individuando le strutture ricettive dove alloggiare nel corso delle stesse. C’era chi si occupava delle visure e chi, soprattutto le donne, provvedeva ad accertarsi che nessuno fosse presente in casa, suonando al citofono prima del furto. Gli “anziani” del gruppo ,invece, oltre a fornire la disponibilità di autovetture appartenenti ai parenti, si occupavano del trasporto degli arnesi da scasso e della refurtiva, occultandoli all’interno di vani e doppi fondi creati ad hoc nelle autovetture. Tutti i compartecipi all’associazione svolgevano alternativamente anche la funzione di palo nel corso dei raid.
Il 2 dicembre 2017, ad esempio, con la collaborazione delle Squadre Mobili di Pescara e L’Aquila, erano stati sequestrati ad uno di loro, di ritorno dalle Marche, monili in oro per un peso complessivo di circa 1,5 kg, provento dei furti compiuti in provincia di Ascoli Piceno, occultati nel vano airbag di una Suzuky Ignis che, nel corso delle indagini, era stata sottoposta a pedinamento satellitare da parte degli investigatori. I proventi dei furti venivano immediatamente ceduti ad un ricettatore di Napoli proprietario di due laboratori orafi nel quartiere Porto, che sono stati perquisiti insieme all’abitazione dello stesso. Nel corso dei furti ricostruiti dalle indagini sono state sottratte anche 6 pistole e 7 fucili, di cui uno a pompa che sono stati certamente immessi nel mercato delle armi clandestine.
L’attività investigativa ha consentito di accertare che la banda colpiva quasi ogni fine settimana, ricostruendo un centinaio di raid, nel corso dei quali venivano asportati gioielli e valori per un ammontare notevolissimo, per cui è verosimile ritenere che gli indagati si siano resi responsabili di numerosi altri furti in appartamenti e ville, come evidenziato dallo stesso G.I.P. nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere.