Ormai è confermato. Non ci sarà più un consiglio comunale per decidere e passerete al Gruppo misto anziché a Latina Rinasce.
«Con Latina Bene Comune abbiamo condiviso la linea che noi tre passeremo al gruppo misto. E’ stato posto a votazione l’ipotesi di interpretare lo statuto per dare la possibilità a noi di creare il gruppo Lbc Latina Rinasce (come più volte richiesto dai tre consiglieri “dissidenti” ndr). Ma il gruppo ha confermato di non voler frammentare il gruppo consiliare, mantenendo la linea dettata all’inizio del mandato».
Qual era per lei la differenza?
«La differenza era, innanzitutto, per coloro che hanno votato una persona in una determinata lista. Latina Rinasce era una lista che raccoglieva esperienze associative e aveva una sua connotazione. Sicuramente mi sarei trovato meglio a chiamarmi così: il contenitore è sempre importante, anche dal punto di vista della comunicazione politica sarebbe stato diverso rispetto a trovarsi nel gruppo misto che, nell’immaginario collettivo ma anche nella prassi politica, è altro rispetto alle liste che hanno sostenuto il Sindaco».
Si aspettava da parte degli altri consiglieri di maggioranza questa decisione? «Sapevo che c’erano idee diverse. Speravo che nella discussione si convincessero di voler dare un segnale di coerenza con il mandato elettorale. Così non è stato e quindi pazienza».
Non è, quindi, una sola questione di statuto. E’ anche una questione politica.
«È una questione di scelta che hanno fatto loro, di continuare con il gruppo unico: hanno confermato la scelta iniziale di non voler fare più gruppi. Chi non aderisce al gruppo unico… vuol dire che se ne va al gruppo misto».
Ci sono altri consiglieri che la pensano come lei, Antoci e Di Trento ma che non hanno avuto il coraggio di fare il vostro stesso passo?
«Quando abbiamo fatto la prima “uscita” a fine ottobre, con noi c’era anche Celina Mattei. Mattei sul piano dell’urbanistica soffriva le stesse problematiche che io e Di Trento soffrivamo su bilancio Abc e Antoci su lavori pubblici e trasparenza. Mattei ha deciso di soprassedere, per il momento, all’uscita dal gruppo forse perché c’era stata una polemica esagerata su alcuni fatti di urbanistica e non voleva che uscire dal gruppo definitivamente creasse una ulteriore difficoltà. Ho per rispetto della decisione. Sicuramente nelle ultime settimane c’è stata una maggiore attenzione ad alcuni temi, ma i due grandi cavalli di battaglia che abbiamo sostenuto sono sempre stati l’ufficio di piano per fare programmazione urbanistica e il tema del condono, dal momento che abbiamo un grosso problema di pratiche in arretrato».
Secondo lei questa scelta iniziale, ora confermata, di fare un unico gruppo anziché dividerlo nelle tre liste portate alle elezioni è stato un errore?
«Anche lì, all’inizio noi abbiamo dovuto discutere lungamente per decidere ed abbiamo dovuto mettere a votazione la decisione se costituire tre gruppi o solo uno. Fu una discussione abbastanza articolata e con posizioni diverse. Alla fine prevalse la volontà di evitare problemi di comunicazione sapendo che avremmo avuto a che fare con avversari politici molto più navigati. Avere un unico portavoce di tutti i consiglieri, in quel momento ci è sembrato il modo migliore per superare la difficile fase iniziale essendo tutti noi neofiti della politica».
A proposito di capogruppo. Lei come si è trovato con il ruolo di Dario Bellini nel corso del tempo?
«A Bellini devo sicuramente riconoscere uno straordinario impegno, soprattutto nella prima fase. Vorrei chiamarlo, per alcuni versi, eroico perché si è trovato in una condizione difficilissima con colleghi di maggioranza inesperti. Nell’ultimo periodo, purtroppo, non è riuscito secondo me a gestire la maturazione che è avvenuta all’interno del gruppo che ha cominciato ad avere maggiore consapevolezza di come si gestisce la dialettica in politica e le posizioni diverse sono iniziate ad essere difficilmente gestibili. Lì probabilmente lui ha scelto troppo spesso la posizione del Sindaco e della giunta e questo ha creato problemi con il resto dei consiglieri. Per alcuni è andata bene, per altri no».
Quale è stata la motivazione che l’ha portata a staccarsi da Lbc?
«La motivazione è una: il metodo. E’ mancata la possibilità di poter condividere le decisioni importanti avendo il tempo e il modo di mettere sul tappeto le varie priorità e decidere insieme quelle da portare avanti. Spesso ci si è trovati a dover decidere su cose presentate in condizione di emergenza quando la scadenza era talmente ravvicinata che era impossibile aprire un confronto. Questo è successo diverse volte e su vari temi: Abc, urbanistica, bilancio. Questa cosa reiterata una due, tre, cinque volte ha portato a questa decisione. E’ un anno e mezzo che all’interno della maggioranza abbiamo segnalato questo problema di metodo per quanto riguarda le priorità».
Ma qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?
«La goccia è stata Abc: per me e per altri che sono abituati a gestire il controllo aziendale dal punto di vista professionale sappiamo che il regolamento di controllo di una partecipata pubblica è lo strumento principale per garantire che l’azienda speciale, nella fattispecie, si muova lungo le direttrici decise. Se dò un indirizzo e voto un piano di investimenti e un piano di obiettivi devo avere gli strumenti per controllare ciò che l’azienda fa per attuare gli indirizzi. Il regolamento ci è stato presentato un giorno prima della commissione che doveva approvarlo, sotto le vacanze di natale, il 21 dicembre, per poi portarlo in Consiglio il 28 dicembre senza che avessimo il tempo di analizzarlo bene. Questa per me è stata l’ennesima dimostrazione di mancanza di metodo di condivisione. Su questo si è consumata la crisi interna. Io avevo presentato delle osservazioni che dovevano essere valutate coinvolgendo gli uffici per trasformarle in emendamenti, ma non c’è stato il tempo di fare alcunché, infatti il regolamento è stato portato in Consiglio così come era stato votato in commissione».
La sua nomina a vicecapogruppo non ha cambiato nulla?
«Direi di no. Il rapporto non è tanto tra me e il capogruppo, ma tra i consiglieri e la giunta. Non è stata una nomina che avevo chiesto io, è stata proposta in maggioranza per trovare una soluzione invece di creare un altro gruppo. Ma questa soluzione interna non ha influito sul problema della condivisione dei problemi».
Secondo lei come potrebbero essere coinvolti di più i consiglieri?
«Sicuramente con un percorso preparatorio dei vari provvedimenti, cosa che succede in tanti altri temi. La cosa che sorprende è che abbiamo, in molti casi, un lavoro preparatorio che fanno assessori e consiglieri insieme che viene portato in commissione dove si fanno 2, 3, 4 letture di un provvedimento o regolamento prima di portarlo in consiglio comunale. Ad esempio per gli impianti sportivi abbiamo lavorato sei mesi. Non si capisce perché questo non debba essere fatto anche su altri temi. E qui entra in ballo la priorità: se per me è prioritario il regolamento degli impianti sportivi allora lo sviscero, se non considero prioritario sviscerare il regolamento di Abc o la costituzione dell’ufficio di piano e lo porto come documento definito si pone un problema di metodo. Noi chiediamo che venga utilizzato anche per gli ambiti che riteniamo prioritari».
Può sembrare paradossale, però, il fatto che vi siete staccati da Lbc ma continuate ad appoggiare lo stesso Sindaco e la stessa giunta che criticate nel metodo.
«Intanto il consigliere non ha vincolo di mandato. Così come succede in Parlamento succede anche in consiglio comunale: il consigliere risponde ai propri elettori. Per quanto ci riguarda, abbiamo partecipato alla competizione elettorale per votare un sindaco e sostenere un programma. Ci lega tutti quanti un programma che abbiamo sottoscritto e che intendiamo realizzare. Le priorità sono macchina amminsitrativa, ufficio di piano, condono, gestione dei rifiuti a tutto tondo».
Ormai due anni fa si è dimesso da presidente del Consiglioparlando di motivi lavorativi. Era davvero così o era già un anticipo di quanto sarebbe poi accaduto?
«Confermo, anche perché era dopo soli cinque mesi. La situazione del comune di Latina era talmente drammatica che non poteva essere gestita part time. Non lavoro a Latina e quindi, all’uscita dell’ufficio posso andare in Comune. Purtroppo sono come minimo a Roma. Alla fine del 2016 ho avuto un incarico di responsabilità a livello nazionale. Si prospettavano trasferte a Torino o nel nord Italia. Pensare di gestire la presidenza del consiglio o della commissione, nella situazione in cui abbiamo ereditato il Comune di Latina, da Milano o Torino mi sembrava poco serio».
Ritiene fallita la spinta innovatrice di Lbc?
«Il fatto che noi esprimano delle critiche non vuol dire che non stiamo facendo anche delle cose importanti e che non abbiamo cambiato in maniera totale l’approccio con la pubblica amministrazione. Il cambio c’è stato, il cittadino è al centro, ed è il valore aggiunto dell’amministrazione: trasporti, sicurezza, vigili, trasporti. Alcuni risultati sono stati raggiunti e il modo con cui sono stati raggiunti, rispettando le esigenze del cittadino, è corretto, nonostante i vincoli in tema di bilancio e personale».
Una cosa positiva fatta dall’amministrazione ed una in cui ha toppato.
«I trasporti e servizi sociali come aspetti positivi raggiunti. Negativi urbanistica, gestione dell’azienda speciale Abc e delle partecipate come Terme e Slm di Latina scalo o Acqualatina negative».
Secondo lei in questa seconda parte di mandato si riuscirà a dare un impatto diverso alla popolazione che ora non è pienamente soddisfatta dell’operato?
«Mi piace questa domanda, perché la nostra scelta è proprio quella di cercare di focalizzare le energie e le risorse per ottenere quei risultati che non abbiamo ottenuto. Se riusciamo tutti quanti a far convergere le nostre forze sulle priorità fondamentali possiamo dare a Latina un nuovo volto. E’ un risultato a portata di mano, ma dobbiamo cambiare il metodo. Se alcune scelte non tengono conto di alcune competenze importanti che ci sono all’interno si paga pegno successivamente».