Un discorso lungo e molto accorato quello del commissario prefettizio del comune di Nettuno Bruno Strati in occasione delle cerimonie per il 75esimo anniversario dello Sbarco Alleato. Un discorso che ha ripercorso la storia della Guerra, dei giorni dello Sbarco e di quelli della ricostruzione. Un invito al mantenimento dell’identità della comunità, fondata sui valori che hanno caratterizzato i nettunesi nei drammatici giorni della guerra, la loro fierezza, la loro spontaneità e la loro generosità. Un rimando all’orgoglio cittadino di essere medaglia al merito civile e un invito a superare i campanilismi per le rivendicazioni dello Sbarco con l’idea di creare un “Un grande e unico museo dello Sbarco che comprenda tutti i territori di quella che fu la testa di Sbarco, che vada al di là dei confini comunali, un museo a cielo aperto che potrebbe diventare una tappa obbligata per chi intende conoscere, approfondire, perlustrare questi luoghi” abbandonando “le rivendicazioni campanilistiche e divisive del tutto inutili, puntiamo piuttosto ad una dimensione extracomunale della nostra storia”. Infine un secco e deciso “no” ad ogni revisionismo storico. “Nessuno mai osi associare il comune di Nettuno – ha detto Strati – medaglia d’oro al Merito Civile, a tesi storiche revisionistiche, riabilitative che sono prive di fondamento e assolutamente da ripudiare”.
“Abbandoniamo allora le rivendicazioni campanilistiche e divisive del tutto inutili, puntiamo piuttosto ad una dimensione extracomunale della nostra storia. Soprattutto nessuno mai osi associare il comune di Nettuno, medaglia d’oro al Merito Civile, a tesi storiche revisionistiche, riabilitative che sono prive di fondamento e assolutamente da ripudiare. Non perdiamo di vista il motivo vero per cui stiamo celebrando l’Anniversario dello Sbarco. Gli eventi del gennaio ’44 hanno lasciato in tutti noi un segno indelebile. Quegli eventi ci hanno consegnato i valori fondativi della nostra democrazia, la pace e la libertà. Ed è importante che questa commemorazione di oggi sia di stimolo anche per gli studenti che sono oggi qui presenti. Molti di quei soldati avevano la vostra età. Molti erano nati in America, ma figli di italiani, che hanno lasciato le loro famiglie per combattere e morire e lo hanno fatto per noi. Oggi noi non siamo chiamati a combattere una guerra di liberazione da un oppressore. Oggi è tempo di riscoprire i valori fondanti della nostra società, di coesione e condivisione che furono fondamentali nell’opera di ricostruzione morale e materiale che i nostri padri affrontarono nel dopoguerra. Prendiamo esempio da loro, dai nostri genitori, dai nostri nonni, che vissero anni bui, ma che seppero ritrovare la forza per ricomporre il tessuto sociale e ripartire dalle rovine. Loro hanno saputo trovare l’autentica identità collettiva che fu il vero motore della rinascita del nostro paese e dell’affermazione del suo ruolo in Europa”.