Era metà giugno quando, su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Roma, la Polizia arrestò 25 esponenti e gregari del presunto gruppo criminale. Per gli inquirenti Armando “Lallà” Di Silvio, insieme alla moglie Sabina “Purì” De Rosa, ai figli Ferdinando “Pupetto”, Samuele e Gianluca “Bruno”, e a Federico Arcieri detto “Ico”, avrebbe costituito appunto un’associazione mafiosa, impegnata principalmente nelle estorsioni, e un’organizzazione dedita al narcotraffico, facendo affari con la cocaina e abile anche a rapinare partite di droga ad altri gruppi criminali campani, romani e albanesi, oltre ad avere rapporti con la politica, “lavorando” durante le campagne elettorali. “Si tratta di un gruppo autoctono, che da moltissimi anni si è insediato nel territorio di Latina e opera con modalità mafiose”, sostenne il procuratore aggiunto di Roma, Michele Prestipino. Convinzioni maturate analizzando e cercando riscontri alle denunce presentate dalle presunte vittime, raccogliendo un alto numero di intercettazioni telefoniche e ambientali, facendo appostamenti e sfruttando le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Renato Pugliese, figlio del capo rom Costantino Cha Cha Di Silvio, e Riccardo Agostino. “Da sempre – ha dichiarato Pugliese ai magistrati – Pantanaccio è dei Ciarelli e Campo Boario dei Di Silvio. Armando se la sente sua Campo Boario”. “Pupetto” a Pugliese, in una conversazione intercettata dalla Polizia: “Noi siamo nati per inculare gli altri”. E sempre “Pupetto” a una donna: “Eh ho fatto la storia io bella…vatte a legge le cronache di Latina…dal 2008 al 2010…due anni de malavita”.
Giudizio immediato dunque per Armando Di Silvio, la moglie, i figli Ferdinando “Pupetto”, Samuele e Gianluca “Bruno”, Arcieri, Angela “Stella”, Genoveffa Sara e Giulia Di Silvio, Francesca “Gioia” De Rosa, Tiziano Cesari, l’apriliano Daniele Coppi, Mohamed Jandoubi, Hacene “Hassan” Ounissi, Daniele “Canarino” Sicignano, Valentina Travali e Gianfranco Mastracci. Per il gip Minunni le prove dei reati contestati ai 17 sono “evidenti”. Un processo in cui dovranno essere discussi anche numerosi episodi di spaccio di droga, intestazioni fittizie di beni, minacce e i rapporti con la politica. Mastracci, in particolare, è accusato di aver minacciato un latinense “per costringerlo a votare in favore del candidato sindaco Tripodi (attuale capogruppo in consiglio regionale della Lega ndr) con preferenza espressa in favore di Bergamo Roberto, per il consiglio comunale nelle elezioni amministrative comunali di Latina”. Prima udienza il prossimo 26 marzo, davanti al I collegio penale del Tribunale di Latina, mentre per gli altri indagati le indagini vanno ancora avanti.