Questo reato è punito con la multa da 103 a 1.032 euro e con la reclusione fino a due anni. Ma in questo caso, trattandosi di area con valore paesaggistico tutelato, la detenzione massima prevista sale a quattro anni. Lo prevede il Codice dei beni culturali e del paesaggio. In particolare all’articolo 181, espressamente citato nella chiamata a processo contro il presunto abusivo delle Salzare. Firmato dal sostituto procuratore della Repubblica di Velletri, Giuseppina Corinaldesi, il provvedimento contesta l’invasione di terreni pubblici. Con l’aggravante dell’articolo 639bis del codice penale: si procede d’ufficio. In pratica, non c’è bisogno di una denuncia. Visto che si tratta di terreni comunali e dunque pubblici, una volta che la Polizia locale ha rilevato la situazione, la macchina giudiziaria si attiva in automatico. Non solo: il reato è permanente, spiega la Cassazione, finché non si abbandona il suolo invaso.
I REATI CONTESTATI
L’uomo denunciato e ora imputato innanzi al Tribunale penale verrà processato per quattro reati. Si tratta di reati previsti e puniti dal Codice penale, dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia e dal Codice dei beni culturali e del paesaggio. L’imputato delle Salzare è finito alla sbarra “per aver eseguito, in qualità di occupante del terreno sito in Ardea”, diverse opere edilizie in area vincolata e in zona sismica in maniera assai disinvolta. Non solo. La Giustizia gli contesta di aver realizzato le strutture “in assenza di permesso a costruire”. Inoltre, avrebbe edificato i due locali nel mirino, con annessi ripostiglio e legnaia più locale autoclave, senza presentare il progetto al Comune e senza preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale. Ma il punto più scottante non sono gli abusi edilizi, ma quello della invasione del terreno pubblico. Ossia il quarto capo d’imputazione contro il 58enne difeso dall’avvocato Francesco Falco: “Aver invaso arbitrariamente un terreno sito in Ardea ‘Località Le Salzare’ […] di proprietà comunale al fine di occuparlo, anche mediante le edificazioni di immobili abusivi”.
IL PUNTO DI NON RITORNO
È il reato previsto e punito dagli articoli 633 e 639bis del Codice penale. Orbene, in mezzo a tanta illiceità, è lecito domandarsi: questa denuncia e il conseguente processo penale hanno una potenziale portata deflagrante? Se i Vigili urbani di Ardea hanno pizzicato questo abusivo invasore del suolo municipale, andranno a scovare anche gli altri, innescando processi d’ufficio? Non è un auspicio, per carità. Ma la possibile – logica conseguenza di questa vicenda.
Il comprensorio delle Salzare, infatti, presenta molte costruzioni venute su chissà come. Peccato che siano terreni del Comune, come ribadisce la Procura chiamando a giudizio l’imputato che qui citiamo. Dopo decenni di “distrazione”, ora che si fa? Si denunciano in automatico, processano e cacciano tutti quelli che lì hanno costruito e magari ci vivono o hanno un’attività economica? Sarebbe interessante sapere chi, come e con quali soldi provvederebbe alle demolizioni. L’udienza del caso pilota qui citato è fissata per il 15 aprile 2019. Per secoli la gente del posto ha avuto il diritto di portare alle Salzare e dintorni pecore e mucche al pascolo, di fare legna (legnatico), di seminare, raccogliere le ghiande (ghindatico). I famosi usi civici. Ora si profila un nuovo uso civico, quello del “mattonatico”, del “cementatico elettoralizio” o roba simile: le istituzioni hanno consentito al popolo di costruire su suolo pubblico. Ironia della sorte, il 1° ottobre scorso è partito il censimento permanente della popolazione e delle abitazioni…