Gli inceneritori e cementifici della Regione Marche non potranno più bruciare rifiuti, di nessun tipo. È la svolta epocale in materia imposta dal Consiglio regionale marchigiano lo scorso 26 giugno con una legge che nasce da un accordo tra il Pd e il Gruppo misto. Tre i risultati immediati. Primo: l’inceneritore di Macerata, fermo da 5 anni, non potrà essere più riattivato, al contrario di quanto chiesto dal consorzio Cosmari, proprietario dell’impianto. Secondo: sul territorio marchigiano non verrà più costruito uno degli inceneritori (prima 12 poi 8) previsti in dieci regioni italiane (uno gigantesco nel Lazio) dal Governo Renzi con il decreto “Sblocca Italia” e conseguente decreto attuativo di agosto 2016. Terzo, il provvedimento comporterà uno stop totale agli inceneritori, ma anche parziale dei cementifici le cui caldaie d’ora in avanti dovranno essere alimentate solo da metano e carbone e non più anche dalle eco-balle di CSS, il Combustibile Solido Secondario che rappresenta il grosso del materiale con cui vanno avanti. Sono grossi pacchi di carta, plastica, legno e derivati, che gli impianti di Trattamento cosiddetto biologico (TMB) tirano fuori dai rifiuti indifferenziati. Ma CSS sono anche rifiuti speciali come fanghi e scorie di impianti industriali e, in particolare, ceneri di inceneritori e residui di impianti a cosiddetto ‘bio’gas. Una ‘opzione’, quest’ultima, varata da un altro decreto: il cosiddetto ‘Salva Italia’ del Governo Monti che, come per magia, a febbraio 2013 ha trasformato le cosiddette eco-balle di CSS da “rifiuto” a “Combustibile Solido Secondario”, ovvero in ‘carbonella’ a basso costo, ma alto tasso di inquinamento, per i cementifici. Un provvedimento, quello del Governo Monti, molto discutibile dal punto di vista igienico-sanitario e ambientale, che nessuno dei successivi quattro Governi – Letta, Renzi, Gentiloni e Conte – ha finora mai revocato. La nuova legge regionale delle Marche vieta infine di esportare i rifiuti marchigiani all’estero o in altre regioni, come continua a fare drammaticamente il Lazio soprattutto per Roma Capitale.
IL LAZIO BRUCIA 1 MLN DI TONNELLATE/ANNO DI RIFIUTI
Nel Lazio sono attivi tre inceneritori che bruciano 701mila tonnellate all’anno di rifiuti urbani e speciali-ospedalieri (dati Regione Lazio 2016). In particolare, due impianti per ‘soli’ rifiuti urbani: quello a Colleferro (220mila tonnellate all’anno) con due forni, di proprietà della società pubblica Lazio Ambiente e quindi della Regione Lazio che vi stanno “investendo” 9,3 milioni di euro per ammodernarli; uno a San Vittore in Ciociaria (360mila tonnellate all’anno:”ˆlo Sblocca Italia vuole aggiungervi un forno da 98.750 tonn/anno) del Gruppo Acea, la municipalizzata al 51% del Comune di Roma. Più uno per rifiuti ospedalieri, nel quartiere di Malagrotta (121mila tonnellate all’anno), in comproprietà tra l’Ama, altra municipalizzata romana dei rifiuti, e il Gruppo del magnate dei rifiuti, Manlio Cerroni. Vi è poi l’inceneritore ‘dormiente’ dentro la discarica di Malagrotta, ma spento da anni, del Gruppo Cerroni, pronto ad essere riattivato in qualsiasi momento. Infine, a bruciare spazzatura sono anche due cementifici privati alimentati da 306mila tonnellate all’anno di CSS, il Combustibile Solido Secondario. Quello di Guidonia è autorizzato dall’Area Metropolitana di Roma a bruciare poco meno di 80mila tonnellate all’anno di rifiuti; quello di Colleferro ha il via libera della Regione Lazio per 226mila tonnellate all’anno di rifiuti.
LA TARIFFA PUNTUALE DI ZINGARETTI RINNEGA L’INCENERIMENTO
la giunta regionale zingaretti bis ha varato a fine giugno – dopo marche ed emilia romagna – una innovativa delibera che impone a tutti i comuni del lazio di adottare entro il 2020 la tariffa puntuale. In sostanza, il cittadino paga solo per le quantità di spazzatura indifferenziata effettivamente conferita: quindi, più e meglio differenzi e meno paghi in bolletta. Ogni utenza avrà un proprio microchip collegato alle buste dell’indifferenziato, così il netturbino potrà controllare cosa viene conferito e in che quantità e risalire al nome e cognome dell’utente. Tale sistema può ridurre drasticamente la quantità di spazzatura indifferenziata che finisce in discarica. Una modalità di tariffazione diffusa in tanti Comuni d’Italia e d’Europa, che punta anche a riciclare quanto più e quanto meglio possibile i materiali. Un sistema che crea un circuito virtuoso che fa bene all’ambiente e alle tasche dei cittadini e che rappresenta l’antitesi dell’incenerimento dei rifiuti. Il quesito sorge spontaneo: ma allora perché non spegnere finalmente anche i tre inceneritori ancora attivi nella Regione Lazio, a maggior ragione visto che sono tutti di proprietà pubblica?
Alla luce della nuova legge della Regione Marche in materia di rifiuti, avete intenzione di fermare gli inceneritori anche nel Lazio? Se sì, nel dettaglio entro quando e con quali modalità? Avete già un programma di dismissione programmata? In caso contrario, per quali motivi? Avete intenzione di bloccare l’incenerimento delle ecoballe di CSS nei due cementifici regionali? Pensate di poter bloccare la pratica della ‘transumanza’ dei rifiuti prodotti nel Lazio verso altre regioni o nazioni? Sono le domande che abbiamo inviato al Governatore, Nicola Zingaretti, e agli assessori Massimiliano Valeriani (Rifiuti) ed Enrica Onorati (Ambiente).