Alle casse pubbliche si potrebbero far avere decine di milioni
di euro con uno sforzo minimo di queste società private
Si sta parlando in questi giorni del bonus idrico. Ma a tutti sembrano sfuggire altri rincari sulle bollette dell’acqua. Uno riguarda appunto la “buona azione” a favore di chi versa in condizioni economiche svantaggiate. Cioè sconto per gli utenti che hanno un Isee, l’Indicatore della situazione economica equivalente, sotto gli 8.107,50 euro o sotto i 20mila se hanno più di tre figli a carico.
I VARI RINCARI
I beneficiari avranno diritto a uno sconto in bolletta pari al costo di 18,25 metri cubi annui per ogni membro della famiglia: in pratica, i 50 litri al giorno stabiliti per legge come quantità minima per soddisfare i bisogni di una persona. Il bonus potrà essere chiesto dal prossimo primo luglio e verrà erogato dunque in seguito dai Gestori dell’acqua, ad esempio Acea e Acqualatina. Ma nessuno sembra voler spiegare che tale sconto sociale sarà coperto con un rincaro in bolletta. Il rincaro è partito a gennaio, si chiama componente UI3 e fa aumentare il costo dell’acqua tra 0,4 e 0,7 centesimi a metro cubo. Insieme a questa nuova voce di costo, sempre a gennaio scorso, è scattato anche un altro aumento: la componente UI2: tra 0,6 e un centesimo a mc. A ciò si aggiunge, per i sudditi di Acqualatina, l’aumento del 3,15% secco per il 2018. Sotto Acea Ato 2 invece sale di circa il 6% nel 2018.
PER IL NOSTRO BENE…
Scopo ufficiale della componente UI12 è quello di fare cassa per migliorare le reti e la qualità dei servizi idrici. Mentre, come detto, la UI13 serve a pagare gli sconti ai meno abbienti. Tutte operazioni perciò per il nostro bene, per la solidarietà tra italiani e per il progresso degli acquedotti, della fornitura dell’acqua pubblica – spesso in mani private – e della depurazione in cui il Paese ha ancora drammatiche e scandalose pecche. Senza dimenticare che, sempre per scopi nobili di amicizia tra cittadini, a gennaio 2013 la fattura del servizio idrico era salita di 12 centesimi per coprire le agevolazioni ai terremotati dell’anno prima. E tale ricnaro “di scopo” ancora continua. E potrebbe durare chissà ancora per quanto, molto probabilmente non finire mai, come accade per i carburanti sui quali paghiamo ancora l’accisa per i terremotati del Belice (anno 1968… ).
TARTASSARE I PICCOLI, FAVORIRE I GRANDI
La lobby privata dell’acqua pubblica non perde occasione per ribadire che in Italia gli utenti pagano le tariffe idriche più basse d’Europa. Un mantra ripetuto anche da diversi pubblici amministratori e funzionari affetti da pappagalismo.
Orbene, se è giusto che chi usufruisce dell’acqua la paghi il giusto, succede però che ci sono letteralmente fiumi d’acqua praticamente regalati dal Demanio a una ristretta cerchia di privati. Sono i quasi 16 miliardi di litri emunti dalle società imbottigliatrici.
In media, ha calcolato recentemente il Dipartimento del Tesoro, pagano un canone di circa un millesimo a litro, ossia un euro a metro cubo. Nel 2006 la Conferenza Stato – Regioni aveva stabilito e proposto dei canoni minimi da far pagare a queste società: da 50 centesimi a massimo 2 euro e mezzo a metro cubo, cioè ogni mille litri. L’invito tendeva ad armonizzare i canoni – benché quelli aggiornati fossero comunque irrisori – ma è rimasto spesso inascoltato.
LO SCANDALO DELLE MINERALI
E se fosse stato messo in pratica quell’accordo con i canoni minimi micro-aumentati? Spiega il recente primo Rapporto sulle concessioni delle acque minerali stilato dal Ministero dell’economia: “Assumendo l’applicazione da parte di tutte le regioni di un canone calcolato secondo i parametri definiti dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2006, nel 2015 il patrimonio italiano di acque minerali avrebbe generato introiti nei bilanci pubblici […] consentendo un incremento delle entrate fino a un massimo di oltre 28 milioni di euro”.
Cioè 46,8 milioni anziché i 18,4 attuali: oltre due volte e mezzo. Legambiente propone di applicare un canone minimo di 20 euro a metro cubo (equivalente a 2 centesimi al litro) a società che fatturano circa 2,7 miliardi di euro l’anno con una risorsa pubblica. L’associazione stima che le casse pubbliche otterrebbero così oltre 225,6 milioni di euro l’anno, ma sarebbe di più visto che la stima è fatta su 15 Regioni (5 non hanno fornito i dati).
L’incasso annuale per il Lazio sarebbe di 8 milioni e 85mila euro (adesso è intorno agli 852 mila…). Ma chi deve decidere, cioè le Regioni, fa orecchio da mercante. Tanto c’è la bolletta dei sudditi-utenti-compratori dell’acqua in bottiglia.