Nonostante ottimistici dibattiti sugli zero virgola degli indicatori economici, la crisi in Italia non sembra ancora allentare la propria morsa. Lo certificano i dati Istat, che disegnano un tasso di povertà non ancora in regressione. Ma lo certifica anche (o soprattutto) l’entità dei sussidi che i Comuni devono farsi carico per soddisfare la mole di richieste pervenute da soggetti economicamente svantaggiati. Un aspetto che si presenta come un’attendibile cartina tornasole per misurare lo stato di povertà sul territorio e il cui sistema a Latina rischia di acquisire le sembianze di una pentola a pressione, pronta a scoppiare. “A Latina c’è stata una escalation di richieste di contributi – spiega al Caffè Patrizia Ciccarelli, assessora ai Servizi Sociali – Un trend che rischia di diventare insostenibile”.
EFFETTO “IMBUTO” PER L’AUMENTO DELLE RICHIESTE
Da 300 euro al mese fino a 555 per nuclei familiari di oltre sette persone: sono i cosiddetti contributi “ordinari”. Massimo 2000 euro invece è l’importo massimo di un contributo “straordinario” una tantum. Misure di contrasto alla povertà finalizzate a fronteggiare varie situazioni di emergenza sociale: dall’impossibilità ad accedere a cure mediche e percorsi formativi, fino a casi di morosità. “L’anno scorso abbiamo inserito in bilancio 250 mila euro per que
sto capitolo di spessa – continua il delegato al Welfare – ma a luglio avevamo esaurito le risorse a disposizione.
Cosa che non è mai successa negli anni passati. E questo ha fatto lievitare la spesa ad oltre 300 mila euro.” Programmi supportati dalla Regione che solo ad agosto 2016 ha recepito le norme nazionali, varate nel 2000. Gli anni di ritardo sono ben sedici, l’effetto è quello di imbuto. E i 172 mila euro stanziati nel 2013 dall’ente regionale al capoluogo pontino sono stati incamerati solamente due anni fa. Comunque briciole rispetto alle cifre che per tale indirizzo di spesa fuoriescono dalle casse di Piazza del Popolo.
RISTRETTEZZE DI BILANCIO
Cifre destinate ad aumentare esponenzialmente, campanello d’allarme che si aggiunge a quello riguardante un’altra forma di sussidio, ovvero i contributi destinati esclusivamente alle esigenze abitative. Le domande pervenute nel 2017 sono state 495; di queste ben 380 presentavano i requisiti necessari, ma sono state liquidate solamente 218. Il motivo? Mancanza di fondi. Facendo due calcoli, il 66% delle domande non si è tradotto in un assegno.
Leggermente più roseo il quadro riguardante gli ex voucher sociali con il 35% di domande respinte o comunque non liquidate, a fronte di 1608 richieste. E nonostante tali percentuali di diniego, l’esborso complessivo per entrambe le forme di contribuzione è stato di 1 milione di euro.
DISAGIO ECONOMICO SOMMERSO
Problemi di bilancio non sono riscontrati invece nell’erogazione dei sopracitati contributi “ordinari” e “straordinari”. Almeno fino ad oggi. Un elemento apparentemente positivo che però solleva un velo di Maya da una criticità di fondo: la sottostima del fabbisogno. “Il problema è che il reale fabbisogno sul territorio non è quello che poi perviene ai nostri uffici in termini di richieste – ammette Ciccarelli – La mancanza di una rete solida che coordini e ‘pubblicizzi’ tali forme di contrasto alla povertà, un generale pregiudizio verso i servizi sociali, anche la non conoscenza degli stessi servizi, portano molte famiglie a privarsi di tali contributi, pur avendone diritto”. Un disagio economico sommerso che il Comitato dei sindaci vorrebbe far emergere tramite l’istituzione un osservatorio ad hoc, sul fronte distrettuale. Storture che vanno dunque oltre il “mero” problema della scarsità di risorse e si intersecano negli ingranaggi poco oliati della macchina del sociale. E che nel Comune di Latina si cristallizzano in un assessorato e in uffici al ramo pesantemente sotto organico.
Alessandro Martufi