Il 29 dicembre 2007 l’allora governatore del Lazio Piero Marrazzo emanò il “Piano degli interventi urgenti per fronteggiare la crisi idrica” nella nostra regione. Dieci anni dopo, l’inefficienza del sistema è certificata, ancora una volta, dall’Istituto nazionale di statistica il nuovo. Nei giorni scorsi è stato pubblicato il nuovo Censimento delle acque ad uso civile, su dati relativi al 2015. Tariffe gonfiate, valzer degli appalti e tante promesse non sono servite a invertire la rotta. Anzi, il disastro è peggiorato. Il giornale il Caffè ha elaborato i dati dell’Istat in maniera mirata per il Lazio e le sue province mettendoli a confronto con i due precedenti censimenti idrici. Ne viene fuori un quadro vergognoso sintetizzato nei numeri che qui pubblichiamo.
DISPERSIONI, RECORD NAZIONALE
Le perdite idriche restano vergognose. Se la media nazionale del 41,4%, nel Lazio è ancora più sconcertante il dato quasi il 53% sono le perdite totali, cioè oltre la metà di tutta l’acqua potabile immessa nelle reti non si sa che fine faccia. ale a dire il 7,8% in più rispetto al 2012, anno del penultimo dossier Istat, ma anche di quello precedente relativo al 2008, quando le dispersioni registrate nelle reti laziali erano il 35,4%. Inoltre due gestioni laziali – con leve all’estero, trattandosi di Acea ed Acqualatina, società ‘occupate’ da due multinazionali francesi – conquistano il primo e secondo posto nella classifica delle dispersioni: l’Ambito idrico di Frosinone e provincia (Ato5) batte tutti con il 78,9%, seguito dall’Ato4, quello di Acqualatina, che registra il 71,8% di perdite totali.
CI DAREMMO DA BERE A UN’ALTRA REGIONE COME IL LAZIO
Certo, avvertono gli analisti Istat, va considerato che l’aumento delle perdite rilevate dipende dal fatto che le reti hanno continuato ad invecchiare e che sono migliorati magari i sistemi di misurazione i quali fanno emergere maggiori dispersioni che prima restavano occulte. E vi sono anche perdite dovute agli allacci abusivi e ad errori dei contatori. Ma la sostanza non cambia, non c’è scusa che tenga: sono volumi pazzeschi.
Al livello nazionale “va disperso un volume l’acqua che soddisferebbe 40 milioni di abitanti in un anno”, considerando il consumo medio di 80 metri cubi pro capite annuo, avverte l’Istat. E nella nostra regione? Disperdiamo oltre 514 miliardi di litri di acqua potabile in un anno, capaci di dare da bere a quasi 6 milioni e mezzo di persone, cioè oltre un decimo dell’attuale popolazione italiana.
ANCORA MALADEPURAZIONE
In generale, un terzo dei carichi inquinanti potenziali di origine civile prodotti nel Lazio non risulta avviato ad impianti di depurazione dei reflui urbani. Oltre 5,6 milioni di abitanti equivalenti civili non trattati da impianti comunali sui complessivi 8 milioni 394mila. E quelli trattati, spesso lo sono con sistemi che non disinquinano per davvero. Perciò l’Istat distingue i tipi di impianti: Imhoff e primario (non depurano quasi per niente), secondari (decenti-buoni) e terziari o avanzati (il top). Nel Lazio la quota di reflui trattati con impianti di tipo secondario o terziario (il migliore) è al 67% (nel 2012 era 59,3%), superando così di poco la quota media italiana (59,6%). Significa che un terzo dei reflui trattati in qualche modo nel Lazio non viene effettivamente disinquinato. Al livello nazionale, resta senza una vera depurazione quasi il 40% degli scarichi civili, inviata a depuratori non degni di questo nome: “solo il 59,6% è effettivamente trattato in impianti di tipo secondario o avanzato”, bacchetta l’Istat. E adesso non vengano a dirci che è colpa delle scarse piogge…