Lo certificano ancora una volta i dati del Reparto operativo aeronavale della Guardia di Finanza, il Roan, che svolge una serrata attività di controllo sugli impianti di depurazione con l’Agenzia regionale di protezione ambientale, l’Arpa Lazio. Il Caffè, in esclusiva, può darvi questi dati: 7 volte su 10 le ispezioni e verifiche hanno registrato irregolarità (71% dei casi). I nuovi dati qui esposti riguardano l’ultimo quinquennio.
QUELLI INDUSTRIALI PEGGIO DI QUELLI CIVILI
È il dato medio che emerge dagli ultimi cinque di attività svolte da questo particolare reparto a tutela delle acque su 90 depuratori, civili e industriali, in 35 comuni. Guardando il dato in base alle due tipologie di impianti, ci accorgiamo che se i depuratori urbani sono stati pizzicati con irregolarità in oltre il 67% delle ispezioni, addirittura quelli industriali presentano violazioni quasi 8 volte su dieci (77%).
NEL 2016 100% FUORILEGGE
L’anno scorso tutti i 12 depuratori controllati, tre urbani e 12 industriali, sono stati trovati non in regola. Dato monstre quello rilevato dalla Sezione operativa navale delle Fiamme gialle di Anzio tre anni prima: presentavano infrazioni 16 depuratori urbani su 18 e 12 impianti industriali su 14. Meglio certo rispetto al 2006, quando i depuratori con irregolarità erano otto su dieci e si era a metà della prima fase di questa operazione denominata “Mare Blu” avviata nel 2003. Il consuntivo 2003-2009, riportato nel settembre di sette anni fa dal giornale il Caffè, indicava una media complessiva di violazioni pari al 72%, sette su dieci.
VIOLAZIONI E INQUINAMENTO
Le violazioni riscontrate e sanzionate sono di diverso tipo e gravità: si va da peccati veniali puniti solo con sanzioni pecuniarie, come le carenze nella documentazione sull’impianto e sul suo funzionamento, fino a macroscopiche mancanze che configurano veri e propri reati penali. Confrontando gli esiti dell’ultima batteria di dati gentilmente fornita al nostro giornale dalla Guardia di Finanza, al forte tasso di irregolarità riscontrate negli ultimi cinque anni quasi uguale a quello del periodo 2003 – 2009, fa da contraltare il minor numero di situazioni classificate come reato penale (inquinamento o altri fenomeni di una certa gravità). «Va sottolineato, che negli anni – ci spiega uno degli investigatori del Roan – che abbiamo contestato anche qualche trucchetto sui finanziamenti pubblici». Facevano sparire o usavano ‘a modo loro’ i fondi ricevuti per migliorare la depurazione. Abbiamo trovato un uso allegro del denaro pubblico». A fronte delle 68 persone denunciate per 65 situazioni ritenute reati penali nel periodo 2003 – 2009, nell’ultimo quinquennio i denunciati penalmente sono scesi a quindici.
I CONTROLLI PROSEGUONO
«Oggi c’è senz’altro una maggiore sensibilità verso l’ambiente, ma sono arrivati anche più fondi – afferma il Colonnello pilota Roberto Bencivenni, comandante del Roan – . Le nostre verifiche insieme all’Arpa proseguono, di solito si va in modo mirato. A parte le violazioni amministrative, generalmente le situazioni di malfunzionamento dipendono dalla vetustà degli impianti e dal sottodimensionamento».
Sono cioè vecchi e sovraccarichi, dovendo sopportare quantità di scarichi sempre maggiori. Si continua a costruire senza adeguate strutture fognarie – perciò al primo nubifragio dello scorso settembre saltavano i tombini con l’acqua zampillante – e senza ammodernare e ingrandire i sistemi di trattamento dei reflui.
DIRE LA VERITÀ AI CITTADINI
«Non sempre c’è colpa in chi gestisce gli impianti – sottolinea il colonnello Bencivenni -, però è grave quando i cittadini non vengono informati sui problemi di depurazione». Questa estate, per esempio, segnalavano al Caffè i casi di bambini con bolle sulla pelle dopo il bagnetto nel mare a sud di Roma, nonostante certe Bandiere Blu.
Nota positiva finale: «Possiamo ritenere ormai cessato l’inquinamento da grosse navi in alto mare – spiega il Comandante del Reparto operativo aeronavale – la situazione è molto migliorata, è rarissimo trovare la petroliera che lava le cisterne o la nave da crociera che scaricano a mare».
Cromo nelle acque, si rinvia
Il 15 luglio scorso, per legge, doveva scattare il nuovo e più prudente limite alla presenza di cromo esavalente – che favorisce tumori e mutazioni genetiche – nelle acque che beviamo: da 50 a 10 microgrammi per litro (µg/l). Ma così non è stato. Nessuno sembra saperlo tra gli amministratori locali. La lobby del settore, invece, lo sapeva benissimo ed ha bloccato questa novità chiedendo ed ottenendo altro tempo per intervenire. Il copione sembra quello già visto con la grottesca e gravissima vicenda dell’arsenico: di deroga in proroga e poi ancora deroghe, in tanti anni non hanno preso di petto il problema, per affrontarlo solo quando il caso è scoppiato sulla stampa e poi in Commissione europea. Il nuovo limite al cromo esavalente è stato introdotto dal decreto 14 novembre 2016, emanato dal Ministero della Salute di concerto con il Ministero dell’Ambiente. La nuova soglia va ad aggiungersi a quella già in vigore di 50 µg/l per il parametro cromo, che veniva inteso però come cromo totale senza distinzione di forma. Il cromo, infatti, in natura si trova principalmente in due forme: il cromo esavalente, classificato cancerogeno e genotossico per l’uomo; e il cromo trivalente, oligonutriente essenziale, necessario per il corretto metabolismo degli zuccheri nel corpo umano. L’abbassamento del limite di cromo esavalente da 50 a 10 µg/l, come per l’arsenico, è previsto dalla direttiva 98/83/CE del 1998. Ebbene, quasi 20 anni non sono bastati. “Vista la nota del 29 maggio 2017 con la quale Utilitalia (Federazione delle imprese energetiche idriche ambientali), alla luce delle criticitaÌ€ connesse all’entrata in vigore del sopra citato decreto, ha richiesto formalmente al Ministero della salute di valutare la possibilitaÌ€ di una proroga del termine di entrata in vigore del decreto stesso […] La data di entrata in vigore del decreto eÌ€ prorogata al 31 dicembre 2018”. Così dispone un nuovo decreto del 6 luglio firmato dal Ministro dell’ambiente. Criticità? E chi deve risolverle? Utilitalia è la stessa che invoca tariffe più alte. Per quali servizi? Per quale efficienza?