La cosa che preoccupa i geologi è che, rimanendo invariate posizioni, retribuzioni, mansioni del personale in pianta organica, la chiusura dell’ufficio configurerebbe il «chiaro segnale di cancellare qualsiasi riferimento alla geologia, anche dalle comunicazioni interne». Secondo la dottoressa Guida, la linea politica regionale è tutt’altro che chiara: «Zingaretti dapprima ha creato un’agenzia di Protezione civile e poi ha dismesso l’ufficio geologico». Quest’ultimo si occupava della conoscenza dei rischi: «Il messaggio lanciato è evidente: potenziamo l’emergenza, depotenziamo la prevenzione». Una contraddizione in piena regola, considerato che le azioni contro il dissesto idrogeologico dovrebbero avvenire “prima”, investendo su messa in sicurezza e opere di difesa, e non “dopo”, a tragedia ed evento calamitoso avvenuti. Si tratta di un aspetto culturale che in Regione non pare vogliano capire: bisogna prevenire per curare. «Zingaretti invece è partito dalla fine, dall’emergenza». Poi ci sono i problemi legati ai finanziamenti. Negli ultimi mesi c’è stato il trasferimento ai presidenti delle Regioni delle funzioni dei Commissari straordinari, delegati alla realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. La manovra, avviata per velocizzare la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio che procedevano a rilento, starebbe comportando nel Lazio un blocco dei cantieri. Questo perché il passaggio di consegne tra il Commissario straordinario delegato ed il Presidente della Regione, da quanto si apprende, starebbe avvenendo solo in queste settimane. Secondo i dati dell’Unità di missione nazionale per il contrasto al dissesto idrogeologico, la nostra Regione non prevede di aprire nessun cantiere per opere contro il rischio né nel 2014, né nel 2015. Verità o utopia? Il pericolo è la perdita dei fondi assegnati ad interventi ritenuti prioritari fino a pochi anni fa. Dalla Regione Lazio ancora nessuno si è pronunciato sull’argomento. L’ultimo paradosso è legato al Piano Casa: «La legge regionale appena approvata – spiega il segretario dei geologi laziali Guida -, introduce la possibilità di demolire e ricostruire in aree a rischio idrogeologico, prevedendo anche il cambio di destinazione d’uso». L’esempio classico è la possibilità di prendere un capannone dismesso, buttarlo giù ed edificare una palazzina ad uso commerciale o residenziale. Chiaramente là dove ci sono opere di difesa. Ma è evidente che si tratta di un controsenso perché dove già c’è rischio idrogeologico, altro cemento “rischia” di aggravarlo.
ZERO LAVORI ULTIMATI TRA ROMA E LATINA
«Il 98% dei Comuni della nostra regione presenta almeno un’area a rischio frana o esondazione e più di 350mila cittadini vivono in aree potenzialmente a rischio idrogeologico». Il presidente dell’Ordine Geologi Lazio, Roberto Troncarelli, lo dice ormai da anni. In tutte le lingue e in tutte le salse. Territori delicati ne troviamo anche ai Castelli e nel Litorale a sud di Roma. Campodimele, Ponza e Ventotene, ad esempio, sono nella top ten regionale delle zone a più alta criticità per frana: il primo presenta 13,53 kmq a rischio, mentre 4/10 del territorio delle due isole in provincia di Latina hanno elevato pericolo franoso. Tra le città ad alto rischio alluvionale, invece, spiccano Terracina e Latina con 11,36 e 6,87 kmq critici. Esistono, poi, altre aree, localizzate a macchia di leopardo sul territorio, bisognose di lavori di consolidamento o di messa in sicurezza. Indagando sul sito internet della Regione Lazio, si scoprono tutti gli interventi urgenti per la mitigazione del rischio idrogeologico, previsti dallo Schema di accordo di programma tra Ministero dell’Ambiente e Regione Lazio. Nel caso della provincia di Latina sono 24: di 6 non è comunicato lo stato di avanzamento, 10 in progettazione, 3 in gara, 5 in corso. Nessun lavoro ultimato. Sul territorio del comune di Latina non risulta programmato alcun intervento. Risulta in corso la sistemazione della tratta terminale del fosso Iavone. 2 interventi sono in fase di progettazione a Terracina (stabilizzazione geomorfologica delle scarpate lungo via delle Cave e dei versanti in località Piazza Palatina). Mentre a San Felice sono in fase di gara d’appalto i consolidamenti delle scarpate a Monte della Strada via del Faro e della via delle Batterie e la messa in sicurezza dell’area del Parco pubblico di Vigna della Corte nel centro storico. Tutti gli altri lavori riguardano Ponza, Ventotene, Itri, Gaeta, Minturno, Formia e Fondi. Questa, invece, la situazione in provincia di Roma: a fronte di 12 interventi urgenti e previsti contro il dissesto idrogeologico, in 2 casi l’iter è sconosciuto, in 2 i lavori sono in gara, in altri 2 in corso, mentre 6 sono gli interventi in progettazione. Zero i lavori ultimati. In particolare, ad Ardea si sta progettando il consolidamento dell’antica rocca nel centro storico, mentre ad Anzio devono appaltare i lavori per consolidare la falesia in località Cincinnato. Nessun lavoro risulta nel resto del litorale romano meridionale né sui Castelli Romani, anch’essi molto colpiti da frane e dissesti.