Il dato si evince confrontando il Prezzo Unico Nazionale (PUN) che viene fissato il giorno prima del ritiro dell’energia per poi consegnarla alle utenze finali. Questo prezzo si è quasi dimezzato rispetto al 22 maggio 2008; una data che non abbiamo considerato a caso. È quella in cui l’allora Ministro per lo Sviluppo Economico, Claudio Scajola, tra gli applausi scroscianti dell’assemblea di Confindustria, annunciò il ritorno dell’energia nucleare nel nostro Paese.
Subito dopo quell’annuncio tutti i programmi televisivi di intrattenimento pullularono di esperti e politici di entrambi gli schieramenti favorevoli alla scelta del governo. Schiere di personaggi impegnati a giurare e garantire che quella era la tecnologia migliore per il nostro futuro, mentre le fonti rinnovabili erano utopiche, incerte e troppo costose. Sappiamo com’è andata a finire la storia nello specifico della questione nucleare, ma adesso possiamo tirare le somme anche rispetto l’altra energia prodotta con le fonti fossili (gas, carbone e petrolio).
Il risultato ha lo stesso risvolto beffardo: con le fonti pulite, specie nelle nostra regione, stiamo pagando profumatamente quelle sporche, costose e inquinanti che ci hanno imposto nel passato. Attualmente in Italia la potenza elettrica installata con fonti rinnovabili vere (idroelettrica, eolica, fotovoltaica, geotermica e biomasse) è di quasi 50mila Megawattora; l’equivalente di oltre 30 centrali nucleari, tipo quelle francesi programmate appena 6 anni fa in Italia o, se si preferisce, di oltre 66 centrali turbogas come quella di Aprilia, che è entrata in funzione da meno di tre anni. A parità di popolazione residente, a guidare questa classifica una volta tanto sono le regioni del Sud; in particolare la Puglia che con i suoi quasi 5mila Mwh, almeno durante le ore diurne, è quasi vicina all’autosufficienza energetica.
Il Lazio invece risulta ultima tra le regioni più popolose d’Italia. Il dato è dovuto al fatto che nella nostra regione si sono annodati gli effetti delle scelte poco lungimiranti effettuate dalla politica per favorire i lobbisti nei settori dell’energia e dei rifiuti. Scelte che man mano emergono nella loro gravità sotto il profilo penale, ma che lasciano inalterato (o addirittura in aumento) il conto delle nostre bollette, nonostante l’abbattimento dei costi di produzione dell’energia grazie alle fonti pulite. Infatti il Prezzo Unico Nazionale, cioè all’ingrosso, negli ultimi mesi è sceso a circa 4-6 centesimi di euro per chilowattora anche nel Lazio. Ma in realtà noi utenti paghiamo con le bollette una cifra 5-6 volte superiore.
La contraddizione si spiega solo in parte con l’incentivazione delle stesse fonti rinnovabili. Costi che comunque affrontiamo adesso e poi mai più, mentre con le fonti fossili siamo sempre “alla canna del gas” (nel vero senso della parola) con garanzie e prezzi imposti dai governi di altre nazioni, spesso dittatoriali, che ce le forniscono. Buona parte dei costi caricati nella tariffa comunque vanno a pagare gli oneri finanziari che girano intorno alla costruzione, alla riconversione e alla gestione dei grandi impianti termoelettrici (petrolio, carbone, gas); vedi il faraonico progetto di riconversione dell’abortita centrale nucleare di Montalto di Castro, l’adeguamento a carbone della centrale di Civitavecchia e la realizzazione della turbogas di Aprilia. Un grosso costo è dovuto inoltre agli interessi e ai titoli finanziari derivati messi come garanzia sui prezzi d’acquisto a lungo termine di gas e carbone dall’estero. Si tratta di una sorta di voce nascosta, un debito sul debito, capace di influenzare le scelte politiche ed economiche del Paese.
Buona parte degli altri costi, oltre alle accise regionali e locali, ce li caricano in bolletta grazie a quell’autentico furto legalizzato che si chiama “termovalorizzazione dei rifiuti”, cioè attraverso i sussidi agli inceneritori e ai co-inceneritori come i cementifici, dove vengono bruciate balle di rifiuti sminuzzati e compattati azniché essere riciclati.
RINNOVABILI CONVENIENTI ANCHE SENZA INCENTIVI
Produrre elettricità pulita senza incentivi pubblici si può. Sta già succedendo e in Italia ci siamo quasi. Ad esempio, in Danimarca non viene applicata la politica degli incentivi alle fonti rinnovabili per agevolarne il decollo, come avviene in Italia e in Germania. Il governo danese invece ha acquistato l’energia prodotta in un numero minimo di ore (22.000 per l’esattezza) in cui l’impianto eolico funzionerà a pieno regime durante la sua vita. Il parametro è fissato sul costo di realizzazione dell’impianto stesso. Nell’arco di un anno le ore sono 8.760. Perciò basta che quelle pale eoliche producano energia al massimo delle potenzialità per un paio d’anni e mezzo e il costo è automaticamente ripagato. La tantissima energia in più prodotta, sarà il margine di guadagno dell’imprenditore.
Da noi invece ancora si compra in anticipo il gas a prezzi salatissimi (con tanto di speculazioni finanziarie sopra).
L’Agenzia per l’energia danese calcola che con le pale fotovoltaiche galleggianti in mare aperto, capaci di muoversi verso il vento più forte, l’energia elettrica potrà costare all’utente 4 centesimi al kilowattora: in Italia costa all’ingrosso tra i 4 e i 6 cents, ma poi la bolletta si gonfia fino ad arrivare all’utente finale (cioè noi) che deve sostenere un costo ci 25-32 cents al kwh, perché c’è anche da finanziare turbogas, biogas, inceneritori…